Tratto da “Contro
la perdita di memoria” di Umberto Eco (seconda parte): L'esempio
classico di un dispositivo di memoria consiste nel figurarsi un'immagine
spaziale complessa (un palazzo, una piazza, una città) in cui ci siano elementi
architettonici o statue, molte rappresentanti fatti strani o paurosi, ai quali
si possa associare ogni tipo di data, concetto, principio logico, evento e così
via, in modo che immaginandosi di visitare il luogo e ricordando queste
immagini, si possa ricordare un sistema completo di nozioni. Ma a volte è stato
più difficile ricordare le immagini mnemoniche che le date da recuperare. Nel
De oratore (II, 74), per esempio, Cicerone cita il caso di Temistocle, che era
stato dotato di una memoria straordinaria.
Quando qualcuno gli offrì di insegnargli un'ars memorandi, Temistocle rispose che il suo interlocutore gli avrebbe fatto una grande cortesia se gli avesse insegnato come dimenticare ciò che desiderava dimenticare piuttosto che insegnargli come ricordare, dato che avrebbe preferito essere in grado di dimenticare qualcosa che non voleva ricordare piuttosto che ricordare tutto ciò che aveva sentito o visto: (…). Il problema dell'eccesso di memoria spiega perché uno dei timori dei praticanti dell'arte mnemonica fosse di ricordare così tanto da confondersi e come risultato dimenticare praticamente tutto. Sembra, infatti, che a un certo punto della sua vita Giulio Camillo (che inventò un teatro della memoria assolutamente infattibile) dovette scusarsi per il suo stato confusionale e per i suoi vuoti di memoria, citando come spiegazione l'applicazione protratta e frenetica delle sue tecniche di mnemonica... D'altra parte, nella sua polemica contro la mnemonica, Cornelio Agrippa (nel De vanitate scientiarum) affermava che la mente è resa ottusa da quegli artifici mostruosi e l'essere così sovraccaricata la porta alla pazzia. Da qui, subdolamente parallela alle fortune dell'ars memoriae, deriva la riapparizione di volta in volta del fantasma dell'ars oblivionalis. Perciò nel 1592 un certo Filippo Gesualdo scrisse una Plutosofia, un metodo per l'oblio e, nel suo intento di sviluppare un'arte per dimenticare, suggerì le stesse tecniche di un'arte per ricordare. Gesualdo suggeriva di immaginare un teatro della memoria in cui di solito venivano collocate diverse immagini associate a qualcosa da ricordare. E poi "durante il giorno con gli occhi chiusi, o di notte nell'oscurità, dovresti vagare con la mente attraverso tutti i posti immaginati, evocando un'oscurità notturna che nasconde tutti i luoghi e, procedendo in questa maniera, e andando indietro molte volte con la mente e non vedendo alcuna immagine, ogni figura presto scomparirà... Proprio come il pittore imbianca i suoi dipinti per cancellarli, così anche noi possiamo cancellare le immagini dei colori dipinti sopra. E questi colori sono bianchi, verdi o neri; immaginando bianche tende a coprire i luoghi, lenzuola verdi o tessuti neri; e tornando su quei luoghi numerose volte con i veli dei colori. E si può anche immaginare i luoghi riempiti con paglia, fieno, legna da ardere, merce, ecc. La considero una regola eccellente per realizzare nuove figure; perché proprio come un chiodo ne scaccia un altro, così formare nuove immagini e collocarle nei luoghi già immaginati cancella le prime immagini dalla nostra memoria. O immaginate una grande tempesta di vento, grandine, polvere, edifici e luoghi e templi in rovina, un flusso che lascia tutto in uno stato di confusione. E quando questo pensiero nocivo è proseguito per un po' ed è stato ripetuto per numerose volte, alla fine andate a passeggiare in quei luoghi con la vostra mente, immaginando un tempo luminoso e calmo e pacifico, e vedrete quei luoghi vuoti e nudi come se fossero creati per la prima volta. O immaginate un uomo ostile, terribile e temibile (il più crudele e bestiale e aggressivo possibile) che con una truppa di compagni armati entra e passa impetuosamente in quei luoghi e con flagelli, bastoni e altre armi caccia via le sembianze, assalta le persone, manda in frantumi le immagini, mette in fuga da porte e finestre tutti gli animali e le persone animate che abitavano quei luoghi. Fino a che, dopo che il tumulto e la rovina sono passati, guardare quei luoghi con una mente guarita dal terrore, li farà sembrare nudi e vuoti come lo erano prima". Non sappiamo se qualcuno abbia mai messo in pratica gli artifici che Gesualdo aveva raccomandato, ma siamo autorizzati a sospettare che tutti questi stratagemmi abbiano reso possibile, non tanto dimenticare, quanto ricordare ciò che il praticante voleva dimenticare - come accade quando gli amanti cercano di cancellare l'immagine della persona che li ha abbandonati, e più la cancellano più vividamente il volto della persona amata si ripropone. Un altro autore che secoli dopo ha messo in guardia contro l'eccesso di memoria è stato Nietzsche nelle sue seconde Considerazioni inattuali, sui vantaggi e gli svantaggi degli studi storici per la vita. Scrisse sulla capacità di percepire le cose astoricamente: "Chi non sa sedersi sulla soglia dell'attimo, dimenticando tutto il passato, chi non sa stare dritto su un punto senza vertigini e paura come una dea della vittoria, non saprà mai che cos'è la felicità e ancora peggio, non farà mai qualcosa che renda felici gli altri. Immaginatevi l'esempio estremo, un uomo che non possedesse affatto la forza di dimenticare, che fosse condannato a vedere ovunque un divenire (…). Un tale uomo non crederebbe più al suo proprio essere, non crederebbe più a se stesso, vedrebbe scorrere ogni cosa l'una dall'altra in un movimento di punti e si perderebbe in questa fiumana del divenire [...] Un uomo che volesse sentire in tutto e per tutto in modo storico, sarebbe simile a colui che fosse costretto ad astenersi dal sonno, o all'animale che dovesse vivere soltanto del suo ruminare e di un sempre ripetuto ruminare. Dunque, è possibile vivere quasi senza ricordare, anzi vivere felicemente, come mostra l'animale; ma è del tutto impossibile vivere in generale senza dimenticare. O, per spiegare più chiaramente la mia tesi: C'è un grado di insonnia, di ruminazione, del senso storico, che rende la vita un danno e alla fine la distrugge, che si tratti di una persona o di un popolo o di una civiltà". Una delle cose interessanti di questo testo è che, mentre queste osservazioni sembrano rispondere all'esigenza di sopravvivenza dell'individuo, da parte delle civiltà in generale l'enfasi si sposta sul bisogno di una dimenticanza sistematica. Questo spostamento è di importanza capitale perché, una volta dimostrata l'impossibilità di dimenticare volontariamente ciò che la memoria individuale ha registrato, le civiltà si presentano come sistemi che funzionano, non solo per preservare e trasmettere informazioni utili alla loro sopravvivenza in quanto civiltà, ma anche per cancellare le informazioni giudicate in eccesso. Filtraggio. Per preservare la propria identità, una civiltà non deve solo comportarsi come un archivio di informazioni, ma anche come un filtro. La storia delle civiltà è una sequenza di abissi nei quali si sono perse tonnellate di informazioni. I Greci erano già incapaci di recuperare le competenze matematiche degli Egizi; il Medioevo ha perso la scienza greca, tutto Platone (eccetto un dialogo) e metà Aristotele. Alcune di queste perdite furono meramente accidentali (è stato un peccato aver perduto, per esempio, la matematica della Mesopotamia, se c'è mai stata una cosa del genere), alcune furono dovute alla censura, alcune parti della conoscenza perduta furono in qualche modo riscoperte più tardi, ma in generale la funzione di una memoria sociale e culturale è di agire da filtro, non di preservare tutto. Sarebbe folle che un libro si storia romana riportasse ciò che accadde a Calpurnia, la moglie di Cesare, dopo la morte di suo marito. Che tra l'altro non fu una cospirazione maschilista, perché la storia ha invece registrato ciò che accadde a Clara Schuman dopo la morte di Robert, dal momento che Clara durante la vedovanza era ancora famosa come pianista e, per di più, c'erano molte voci su una relazione con Brahms - così che la sua vita appartiene agli eventi che una civiltà giudica importante ricordare. La mia vita non è stata e certamente non sarà abbastanza lunga per darmi l'opportunità di scoprire la struttura del Sistema solare, la tavola di Mendeleev, il teorema di Pitagora, la storia inglese e la grammatica e per decidere se Darwin aveva ragione e Lamarck torto. Ecco perché ho bisogno di istituzioni che filtrino le informazioni importanti al posto mio, così che il nucleo delle mie informazioni sul Sistema solare sia più o meno simile (non uguale per dimensione) al vostro. Per raggiungere un tale obiettivo, è necessario un certo gregarismo culturale. Ecco perché accettiamo il filtro fornito dalla memoria collettiva, dalla storia e dalla tradizione. Filtrare non significa cancellare. È un dato di fatto che di frequente le società non ci facciano dimenticare ciò che sappiamo o sapevamo, ma ci impediscono di scoprire ciò che non sappiamo ancora. Perciò accade che una civiltà possa operare diversi tipi di cancellazione che può spaziare dalla censura (la cancellazione di manoscritti, i falò di libri, la damnatio memoriae, la falsificazione di fonti documentarie, il negazionismo) fino alla dimenticanza causata da vergogna, inerzia, e rimorso. Latenza Come reagire a perdite di memoria ed eccessi di cancellazione? Come decidere quando è necessario un filtraggio e quando dovremmo recuperare quanto illecitamente eliminato? Se leggiamo la Poetica di Aristotele troviamo la menzione di molte tragedie che non sono sopravvissute fino ai giorni nostri. Non sappiamo perché queste tragedie siano andate perdute, così come i nomi dei loro autori. Un'ipotesi naive è che Sofocle, Eschilo ed Euripide siano sopravvissuti perché erano i migliori. I migliori secondo quale criterio? Per quali ragioni imperscrutabili sono stati selezionati per entrare nel canone? Forse furono censurate tragedie meravigliose, forse qualche autorità ateniese corrotta ordinò che Sofocle fosse eseguito più frequentemente di qualche sfortunato collega? Non so se queste tragedie perdute possano essere ritrovate da qualche parte, come accadde con le pergamene del Mar Morto. Ma so che vi sono individui specializzati (come gli storici e gli archeologi) che sono in grado di riportare alla luce molti dati cancellati. In questi casi, la memoria collettiva recupera questi dati e li restaura nella nostra enciclopedia condivisa. A volte, al contrario, una civiltà decide che questi dati possono essere utili per ricerche specifiche ma che sono irrilevanti per la gente comune e li abbandona in qualche "riserva indiana", ovvero nelle enciclopedie specialistiche. In questo modo una civiltà matura decide di relegare alcune informazioni in uno stato di latenza. L'informazione in eccesso, quindi, è o è stata congelata in modo che quando si riveli necessaria gli esperti possano metterla in un microonde e riesumarla, per esempio per decifrare un antico documento di recente scoperta. Questi luoghi di latenza sono rappresentati dal modello di una biblioteca o di un archivio come gli indispensabili contenitori di una saggezza che può ancora essere rivisitata anche se non era stata riesumata per secoli. Fino a oggi nessuna enciclopedia e nessuna biblioteca tiene traccia di tutti i soldati che presero parte alla battaglia di Waterloo (e immaginate che tragedia sarebbe obbligare i giovani studenti a ricordare a memoria questi nomi come sono obbligati a ricordare la data della battaglia di Waterloo e i nomi di Wellington o Cambronne)... Supponiamo ora che uno studioso riesca a mettere le mani su archivi ancora sconosciuti e trovi la lista di tutte le persone che hanno combattuto a Waterloo. Non so quanto utile possa essere avere tutti quei nomi, ma potremmo sempre trasformare questi dati in un'enciclopedia iperspecializzata. Perciò possiamo dimenticare facilmente questi nomi e allo stesso tempo essere certi che, se ne abbiamo bisogno, li possiamo trovare in qualche archivio latente. A quale enciclopedia appartengono i testi delle tragedie perdute menzionate da Aristotele? Fino a ora un'enciclopedia letteraria specializzata può semplicemente registrare il fatto che di questi testi conosciamo solo i titoli. Cosa succederebbe se questi testi non venissero mai recuperati? Poiché vi sono buone ragioni di credere che un tempo siano realmente esistiti (supponendo che Aristotele non fosse un maledetto bugiardo), continueremo a pensare che essi abbiamo potuto appartenere a una sorta di Enciclopedia Massima, anche se vi appartengono solo virtualmente in modo ottativo. Perciò l'Enciclopedia Massima, se solo il termine ci lascia pensare a qualcosa cujus nihil majus cogitari possit, qualcosa di cui non possiamo immaginare nulla di più grande, come il Dio di Anselmo di Canterbury, è una struttura virtualmente a fisarmonica, che può ogni giorno essere allungata ad in?nitum. E questo non è di poco incoraggiamento per il progresso della conoscenza. Schiacciati tra una memoria debole e il suo massimo eccesso nel labirinto di un'enciclopedia solo virtualmente massima, che cosa potremmo suggerire ai nostri figli che non sanno neanche che cosa accadde solo pochi decenni fa? L'unica soluzione per arricchire la nostra memoria è leggere. Leggere non solo arricchisce la nostra memoria, ma ci allunga anche un po' la vita. Pensate a un giorno o a una settimana in cui avete vissuto molti, molti eventi, tutti emozionanti (indipendentemente che fossero gioiosi o stressanti). Ricorderete queste ore o giorni come ricchi di esperienze e avrete l'impressione di aver avuto una vita piena. Al contrario, se avete passato ore o giorni nei quali non è accaduto nulla di rilevante, questi giorni privi di eventi significativi scompariranno dalla vostra memoria. Avrete l'impressione di non aver vissuto affatto durante quel periodo di tempo. Penso che questa sia una delle ragioni per le quali gli uomini hanno speso molta energia per recuperare le cose del passato. Se, insieme ai nostri ricordi personali, conserviamo anche il ricordo del giorno in cui Giulio Cesare fu assassinato, o della battaglia di Waterloo, e persino del giorno immaginario in cui morirono Romeo e Giulietta, e se ricordiamo, come un ricordo personale, il viaggio su Hispaniola con Jim, il dottor Livesey, il capitano Smollett, Lord Trelawney e Long John Silver - alla fine della nostra esistenza dovremmo avere l'impressione di aver vissuto molto, non solo decenni, ma persino secoli. Nel mio ultimo istante di vita ricorderò non solo ciò che è accaduto a me, ma anche l'estinzione dei dinosauri, la battaglia di Poitier, l'istante in cui Madame Curie ha scoperto il radio, e il momento magico in cui Dante vide la rosa mistica... tutti questi ricordi saranno parte della mia esistenza. Come lettore ho vissuto una vita così lunga che non posso ricordare tutto in un singolo momento e spero che avrò abbastanza tempo per ricordarla a puntate. In un mondo in cui si è tentati di dimenticare o ignorare troppo, la riconquista del nostro passato collettivo dovrebbe essere tra i primi progetti per il nostro futuro.(Fine).
Quando qualcuno gli offrì di insegnargli un'ars memorandi, Temistocle rispose che il suo interlocutore gli avrebbe fatto una grande cortesia se gli avesse insegnato come dimenticare ciò che desiderava dimenticare piuttosto che insegnargli come ricordare, dato che avrebbe preferito essere in grado di dimenticare qualcosa che non voleva ricordare piuttosto che ricordare tutto ciò che aveva sentito o visto: (…). Il problema dell'eccesso di memoria spiega perché uno dei timori dei praticanti dell'arte mnemonica fosse di ricordare così tanto da confondersi e come risultato dimenticare praticamente tutto. Sembra, infatti, che a un certo punto della sua vita Giulio Camillo (che inventò un teatro della memoria assolutamente infattibile) dovette scusarsi per il suo stato confusionale e per i suoi vuoti di memoria, citando come spiegazione l'applicazione protratta e frenetica delle sue tecniche di mnemonica... D'altra parte, nella sua polemica contro la mnemonica, Cornelio Agrippa (nel De vanitate scientiarum) affermava che la mente è resa ottusa da quegli artifici mostruosi e l'essere così sovraccaricata la porta alla pazzia. Da qui, subdolamente parallela alle fortune dell'ars memoriae, deriva la riapparizione di volta in volta del fantasma dell'ars oblivionalis. Perciò nel 1592 un certo Filippo Gesualdo scrisse una Plutosofia, un metodo per l'oblio e, nel suo intento di sviluppare un'arte per dimenticare, suggerì le stesse tecniche di un'arte per ricordare. Gesualdo suggeriva di immaginare un teatro della memoria in cui di solito venivano collocate diverse immagini associate a qualcosa da ricordare. E poi "durante il giorno con gli occhi chiusi, o di notte nell'oscurità, dovresti vagare con la mente attraverso tutti i posti immaginati, evocando un'oscurità notturna che nasconde tutti i luoghi e, procedendo in questa maniera, e andando indietro molte volte con la mente e non vedendo alcuna immagine, ogni figura presto scomparirà... Proprio come il pittore imbianca i suoi dipinti per cancellarli, così anche noi possiamo cancellare le immagini dei colori dipinti sopra. E questi colori sono bianchi, verdi o neri; immaginando bianche tende a coprire i luoghi, lenzuola verdi o tessuti neri; e tornando su quei luoghi numerose volte con i veli dei colori. E si può anche immaginare i luoghi riempiti con paglia, fieno, legna da ardere, merce, ecc. La considero una regola eccellente per realizzare nuove figure; perché proprio come un chiodo ne scaccia un altro, così formare nuove immagini e collocarle nei luoghi già immaginati cancella le prime immagini dalla nostra memoria. O immaginate una grande tempesta di vento, grandine, polvere, edifici e luoghi e templi in rovina, un flusso che lascia tutto in uno stato di confusione. E quando questo pensiero nocivo è proseguito per un po' ed è stato ripetuto per numerose volte, alla fine andate a passeggiare in quei luoghi con la vostra mente, immaginando un tempo luminoso e calmo e pacifico, e vedrete quei luoghi vuoti e nudi come se fossero creati per la prima volta. O immaginate un uomo ostile, terribile e temibile (il più crudele e bestiale e aggressivo possibile) che con una truppa di compagni armati entra e passa impetuosamente in quei luoghi e con flagelli, bastoni e altre armi caccia via le sembianze, assalta le persone, manda in frantumi le immagini, mette in fuga da porte e finestre tutti gli animali e le persone animate che abitavano quei luoghi. Fino a che, dopo che il tumulto e la rovina sono passati, guardare quei luoghi con una mente guarita dal terrore, li farà sembrare nudi e vuoti come lo erano prima". Non sappiamo se qualcuno abbia mai messo in pratica gli artifici che Gesualdo aveva raccomandato, ma siamo autorizzati a sospettare che tutti questi stratagemmi abbiano reso possibile, non tanto dimenticare, quanto ricordare ciò che il praticante voleva dimenticare - come accade quando gli amanti cercano di cancellare l'immagine della persona che li ha abbandonati, e più la cancellano più vividamente il volto della persona amata si ripropone. Un altro autore che secoli dopo ha messo in guardia contro l'eccesso di memoria è stato Nietzsche nelle sue seconde Considerazioni inattuali, sui vantaggi e gli svantaggi degli studi storici per la vita. Scrisse sulla capacità di percepire le cose astoricamente: "Chi non sa sedersi sulla soglia dell'attimo, dimenticando tutto il passato, chi non sa stare dritto su un punto senza vertigini e paura come una dea della vittoria, non saprà mai che cos'è la felicità e ancora peggio, non farà mai qualcosa che renda felici gli altri. Immaginatevi l'esempio estremo, un uomo che non possedesse affatto la forza di dimenticare, che fosse condannato a vedere ovunque un divenire (…). Un tale uomo non crederebbe più al suo proprio essere, non crederebbe più a se stesso, vedrebbe scorrere ogni cosa l'una dall'altra in un movimento di punti e si perderebbe in questa fiumana del divenire [...] Un uomo che volesse sentire in tutto e per tutto in modo storico, sarebbe simile a colui che fosse costretto ad astenersi dal sonno, o all'animale che dovesse vivere soltanto del suo ruminare e di un sempre ripetuto ruminare. Dunque, è possibile vivere quasi senza ricordare, anzi vivere felicemente, come mostra l'animale; ma è del tutto impossibile vivere in generale senza dimenticare. O, per spiegare più chiaramente la mia tesi: C'è un grado di insonnia, di ruminazione, del senso storico, che rende la vita un danno e alla fine la distrugge, che si tratti di una persona o di un popolo o di una civiltà". Una delle cose interessanti di questo testo è che, mentre queste osservazioni sembrano rispondere all'esigenza di sopravvivenza dell'individuo, da parte delle civiltà in generale l'enfasi si sposta sul bisogno di una dimenticanza sistematica. Questo spostamento è di importanza capitale perché, una volta dimostrata l'impossibilità di dimenticare volontariamente ciò che la memoria individuale ha registrato, le civiltà si presentano come sistemi che funzionano, non solo per preservare e trasmettere informazioni utili alla loro sopravvivenza in quanto civiltà, ma anche per cancellare le informazioni giudicate in eccesso. Filtraggio. Per preservare la propria identità, una civiltà non deve solo comportarsi come un archivio di informazioni, ma anche come un filtro. La storia delle civiltà è una sequenza di abissi nei quali si sono perse tonnellate di informazioni. I Greci erano già incapaci di recuperare le competenze matematiche degli Egizi; il Medioevo ha perso la scienza greca, tutto Platone (eccetto un dialogo) e metà Aristotele. Alcune di queste perdite furono meramente accidentali (è stato un peccato aver perduto, per esempio, la matematica della Mesopotamia, se c'è mai stata una cosa del genere), alcune furono dovute alla censura, alcune parti della conoscenza perduta furono in qualche modo riscoperte più tardi, ma in generale la funzione di una memoria sociale e culturale è di agire da filtro, non di preservare tutto. Sarebbe folle che un libro si storia romana riportasse ciò che accadde a Calpurnia, la moglie di Cesare, dopo la morte di suo marito. Che tra l'altro non fu una cospirazione maschilista, perché la storia ha invece registrato ciò che accadde a Clara Schuman dopo la morte di Robert, dal momento che Clara durante la vedovanza era ancora famosa come pianista e, per di più, c'erano molte voci su una relazione con Brahms - così che la sua vita appartiene agli eventi che una civiltà giudica importante ricordare. La mia vita non è stata e certamente non sarà abbastanza lunga per darmi l'opportunità di scoprire la struttura del Sistema solare, la tavola di Mendeleev, il teorema di Pitagora, la storia inglese e la grammatica e per decidere se Darwin aveva ragione e Lamarck torto. Ecco perché ho bisogno di istituzioni che filtrino le informazioni importanti al posto mio, così che il nucleo delle mie informazioni sul Sistema solare sia più o meno simile (non uguale per dimensione) al vostro. Per raggiungere un tale obiettivo, è necessario un certo gregarismo culturale. Ecco perché accettiamo il filtro fornito dalla memoria collettiva, dalla storia e dalla tradizione. Filtrare non significa cancellare. È un dato di fatto che di frequente le società non ci facciano dimenticare ciò che sappiamo o sapevamo, ma ci impediscono di scoprire ciò che non sappiamo ancora. Perciò accade che una civiltà possa operare diversi tipi di cancellazione che può spaziare dalla censura (la cancellazione di manoscritti, i falò di libri, la damnatio memoriae, la falsificazione di fonti documentarie, il negazionismo) fino alla dimenticanza causata da vergogna, inerzia, e rimorso. Latenza Come reagire a perdite di memoria ed eccessi di cancellazione? Come decidere quando è necessario un filtraggio e quando dovremmo recuperare quanto illecitamente eliminato? Se leggiamo la Poetica di Aristotele troviamo la menzione di molte tragedie che non sono sopravvissute fino ai giorni nostri. Non sappiamo perché queste tragedie siano andate perdute, così come i nomi dei loro autori. Un'ipotesi naive è che Sofocle, Eschilo ed Euripide siano sopravvissuti perché erano i migliori. I migliori secondo quale criterio? Per quali ragioni imperscrutabili sono stati selezionati per entrare nel canone? Forse furono censurate tragedie meravigliose, forse qualche autorità ateniese corrotta ordinò che Sofocle fosse eseguito più frequentemente di qualche sfortunato collega? Non so se queste tragedie perdute possano essere ritrovate da qualche parte, come accadde con le pergamene del Mar Morto. Ma so che vi sono individui specializzati (come gli storici e gli archeologi) che sono in grado di riportare alla luce molti dati cancellati. In questi casi, la memoria collettiva recupera questi dati e li restaura nella nostra enciclopedia condivisa. A volte, al contrario, una civiltà decide che questi dati possono essere utili per ricerche specifiche ma che sono irrilevanti per la gente comune e li abbandona in qualche "riserva indiana", ovvero nelle enciclopedie specialistiche. In questo modo una civiltà matura decide di relegare alcune informazioni in uno stato di latenza. L'informazione in eccesso, quindi, è o è stata congelata in modo che quando si riveli necessaria gli esperti possano metterla in un microonde e riesumarla, per esempio per decifrare un antico documento di recente scoperta. Questi luoghi di latenza sono rappresentati dal modello di una biblioteca o di un archivio come gli indispensabili contenitori di una saggezza che può ancora essere rivisitata anche se non era stata riesumata per secoli. Fino a oggi nessuna enciclopedia e nessuna biblioteca tiene traccia di tutti i soldati che presero parte alla battaglia di Waterloo (e immaginate che tragedia sarebbe obbligare i giovani studenti a ricordare a memoria questi nomi come sono obbligati a ricordare la data della battaglia di Waterloo e i nomi di Wellington o Cambronne)... Supponiamo ora che uno studioso riesca a mettere le mani su archivi ancora sconosciuti e trovi la lista di tutte le persone che hanno combattuto a Waterloo. Non so quanto utile possa essere avere tutti quei nomi, ma potremmo sempre trasformare questi dati in un'enciclopedia iperspecializzata. Perciò possiamo dimenticare facilmente questi nomi e allo stesso tempo essere certi che, se ne abbiamo bisogno, li possiamo trovare in qualche archivio latente. A quale enciclopedia appartengono i testi delle tragedie perdute menzionate da Aristotele? Fino a ora un'enciclopedia letteraria specializzata può semplicemente registrare il fatto che di questi testi conosciamo solo i titoli. Cosa succederebbe se questi testi non venissero mai recuperati? Poiché vi sono buone ragioni di credere che un tempo siano realmente esistiti (supponendo che Aristotele non fosse un maledetto bugiardo), continueremo a pensare che essi abbiamo potuto appartenere a una sorta di Enciclopedia Massima, anche se vi appartengono solo virtualmente in modo ottativo. Perciò l'Enciclopedia Massima, se solo il termine ci lascia pensare a qualcosa cujus nihil majus cogitari possit, qualcosa di cui non possiamo immaginare nulla di più grande, come il Dio di Anselmo di Canterbury, è una struttura virtualmente a fisarmonica, che può ogni giorno essere allungata ad in?nitum. E questo non è di poco incoraggiamento per il progresso della conoscenza. Schiacciati tra una memoria debole e il suo massimo eccesso nel labirinto di un'enciclopedia solo virtualmente massima, che cosa potremmo suggerire ai nostri figli che non sanno neanche che cosa accadde solo pochi decenni fa? L'unica soluzione per arricchire la nostra memoria è leggere. Leggere non solo arricchisce la nostra memoria, ma ci allunga anche un po' la vita. Pensate a un giorno o a una settimana in cui avete vissuto molti, molti eventi, tutti emozionanti (indipendentemente che fossero gioiosi o stressanti). Ricorderete queste ore o giorni come ricchi di esperienze e avrete l'impressione di aver avuto una vita piena. Al contrario, se avete passato ore o giorni nei quali non è accaduto nulla di rilevante, questi giorni privi di eventi significativi scompariranno dalla vostra memoria. Avrete l'impressione di non aver vissuto affatto durante quel periodo di tempo. Penso che questa sia una delle ragioni per le quali gli uomini hanno speso molta energia per recuperare le cose del passato. Se, insieme ai nostri ricordi personali, conserviamo anche il ricordo del giorno in cui Giulio Cesare fu assassinato, o della battaglia di Waterloo, e persino del giorno immaginario in cui morirono Romeo e Giulietta, e se ricordiamo, come un ricordo personale, il viaggio su Hispaniola con Jim, il dottor Livesey, il capitano Smollett, Lord Trelawney e Long John Silver - alla fine della nostra esistenza dovremmo avere l'impressione di aver vissuto molto, non solo decenni, ma persino secoli. Nel mio ultimo istante di vita ricorderò non solo ciò che è accaduto a me, ma anche l'estinzione dei dinosauri, la battaglia di Poitier, l'istante in cui Madame Curie ha scoperto il radio, e il momento magico in cui Dante vide la rosa mistica... tutti questi ricordi saranno parte della mia esistenza. Come lettore ho vissuto una vita così lunga che non posso ricordare tutto in un singolo momento e spero che avrò abbastanza tempo per ricordarla a puntate. In un mondo in cui si è tentati di dimenticare o ignorare troppo, la riconquista del nostro passato collettivo dovrebbe essere tra i primi progetti per il nostro futuro.(Fine).
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