Urlate urlate urlate urlate.
Non voglio lacrime. Urlate.
Idolo e vittima di opachi riti
Nutrita a forza in corpo che giace
Io Eluana grido per non darvi pace Diciassette
di coma che m'impietra
Gli anni di stupro mio che non ha fine.
Una marea di sangue repentina
Angelica mi venne e fu menzogna
Ero troppo felice? Mi ha ghermita
Triste fato una notte e non finita.
Gloria a te Medicina che mi hai rinata
Da naso a stomaco una sonda ficcata
Priva di morte e orfana di vita
Ho bussato alla porta del Gran Prete
Benedetto: Santità fammi morire!
Il papa è immerso in teologica fumata
Mi ha detto da una finestra un Cardinale
Bevi il tuo calice finché sia secco
Ti saluta Sua Santità con tanto affetto
Ho bussato alla porta del Dalai Lama.
Tu il Riverito dai gioghi tibetani
Tu che il male conosci e l'oppressura
Accendimi Nirvana e i tubi oscura
Ma gli occhi abbassa muto il Dalai Lama
Ho bussato alla porta del Tribunale
E il Giudice mi ha detto sei prosciolta
La legge oggi ti libera ma tu domani
Andrai tra di altri giudici le mani.
Iniquità che predichi io gemo senza gola
Bandiera persa qui nel gelo sola
Ho bussato alla porta del Signore
Se tu ci sei e vedi non mi abbandonare
Chiamami in cielo o dove mai ti pare
Soffia questa candela d'innocente
Ma il Signore non dice e non fa niente
Ho bussato alla porta del padre mio
Lui sì risponde! Figlia ti so capire
Dolcissimo io vorrei darti morire
Ma c'è una bieca Italia di congiura
Che mi sentenzia che non è natura
E il mio papà piangeva da fontana
Me tra ganasce di sorte puttana.
Cittadini, di tanta inferta offesa
Venga alla vostra bocca il sale amaro.
Pensate a me Eluana Englaro (“La
ballata dell'angelo ferito” di Guido Ceronetti, 28 di dicembre dell’anno 2008).
Tratto da “Eluana è viva perché dieci anni fa ci ha insegnato a dire no”, intervista di Piero Colaprico a Beppino Englaro, pubblicata sul quotidiano la Repubblica del 7 di febbraio 2019: Signor Beppino Englaro, 9 febbraio 2009, dieci anni senza Eluana, più diciassette anni di Eluana in stato vegetativo, dal gennaio 1992. Eppure Eluana non scompare, da padre come lo spiega? "Perché è un grande caso costituzionale e riguarda il problema universale della vita e della morte. Eluana ha esercitato sino in fondo la libertà assoluta di esprimere diritti fondamentali, come l'autodeterminazione. Con nostra figlia s'è capito che si può dire "no grazie alle cure", e dirlo in qualsiasi momento".
Da destra
dicevano provocatoriamente che lei stava usando la sua tragedia familiare per
entrare in politica, nei fatti li ha smentiti, ma gliel'hanno chiesto? "Sì
altroché, inutile dire chi. Ho detto no perché non sono un politico e non lo
sarò mai. Sono stato il capofamiglia carnico. Gli uomini della mia generazione
sentivano forte il dovere di tutelare ogni componente della famiglia, tutto
qui, un classico".
Però contro la scelta degli Englaro è stata
organizzata una massiccia campagna politica, per esempio c'era la processione
di chi portava l'acqua perché Eluana stava morendo, così sostenevano, di fame e
di sete. Lei che pensava? "Che erano completamente fuori dalla vicenda, la
medicina non è una scienza assoluta, ma i medici, Carlo Alberto De Fanti in
primis, dopo i suoi attenti esami aveva detto che Eluana non aveva alcuna
sensazione di fame e sete. Hanno voluto giocare pesante, in modo violento,
fuorviando le persone meno attrezzate culturalmente. Alla fine, più che
seminare confusione e cattiverie non hanno ottenuto".
Chi ha visto Eluana tutto poteva dire meno
che fosse "tranquilla e serena", come pure è stato scritto... "Eluana
non era né una malata terminale, né una morta cerebrale, respirava, non
deglutiva da sola, ed era morta dal punto di vista biografico. Come ha scritto
Ceronetti, era "priva di morte e orfana di vita". Definirla
tranquilla è terribile".
E sentire Silvio Berlusconi affermare che avrebbe potuto restare incinta? "O non sapeva quello che diceva o è stato consigliato male da chi stava intorno a lui. Peggio di così non avrebbe potuto esprimersi, e non credo che anche lui volesse giocare a effetto, dicendo simili parole penose".
Lei
all'inizio disse "Darò voce a mia figlia senza voce", sente di
esserci riuscito? "Senza il minimo dubbio, sin dal primo colloquio ai
medici io e mia moglie Sati avevamo espresso le idee di Eluana e, quindici anni
dopo l'incidente, troviamo la sua lettera, in cui scrive che siamo un gruppo
familiare molto forte, che siamo un nucleo affettuoso sul quale contare, e
condividiamo i grandi valori. I genitori che hanno avuto questo privilegio che
potevano fare se non dar seguito? Se ho parlato io è solo perché mia moglie non
resisteva al dolore che provavamo".
Com'è
venuta l'idea di muoversi attraverso la giustizia civile? "Per la verità,
per quattro anni siamo stati due randagi che abbaiavano alla luna, poi ho
trovato a Milano la Consulta di bioetica e così abbiamo dato il via a una
strategia giurisdizionale di legalità dentro la società. Allora non era quasi
concepito che qualcuno potesse dire ai medici non voglio le cure, la cultura
della società di allora non accettava la scelta di Eluana, e di questo ce ne
siamo accorti cadendoci dentro, vedendo che nostra figlia veniva trattata come
mai avrebbe voluto. Noi eravamo persone comuni, avevamo contro partiti e non
solo, ma la magistratura dalla Suprema corte di Cassazione in poi s'è
comportata alla grande, i giudici non sono stati servi di alcun potere esterno,
hanno risposto al meglio del meglio".
Mettendoci molto tempo, o no? "No, sono
stati serissimi, non hanno lasciato nulla al caso, hanno richiesto persino un
curatore speciale in contradditorio al tutore, che ero io, proprio per
cautelarsi al massimo. Ma non potevano non scoprire che i convincimenti di
Eluana erano fissati sin dal primo giorno. La nostra forza sono state la
semplicità e la trasparenza, ripetevamo sempre e solo le stesse cose, che
corrispondevano alla realtà".
Che cos'ha dato fastidio degli Englaro? "Credo
la mancanza d'ipocrisia, il nostro rivendicare la libertà dei singoli, avere la
Costituzione come legge suprema e aver mosso ogni passo alla luce del sole, in
base alle leggi. Infatti, adesso c'è una nuova legge, la 219, entrata in vigore
il 31 gennaio del 2018, allineata alle sentenze Englaro e alla
Costituzione".
Non ha l'impressione che il dibattito sul
fine vita sia ormai esile? "No, non langue, è cambiato. Adesso c'è questa
219, che è "facoltizzante", cioè dà la facoltà di poter scegliere.
Noi abbiamo trovato il deserto e i pericoli, adesso chi vuole ha le prove
provate dei pericoli che corre se non stabilisce il suo "fine vita".
Vuoi essere curato? Non vuoi essere curato? Siccome non c'è chi può decidere al
posto nostro, siamo noi che, fatto l'approfondimento, dobbiamo far sapere la
scelta che abbiamo fatto attraverso le nostre disposizioni".
E se uno non ha le idee chiare? "Purtroppo
resta in balia del posto dove arriva per esempio dopo un grave situazione
clinica e son dolori, si rischia la tragedia nella tragedia. Eluana, da
purosangue della libertà, avrebbe detto no grazie appena finita l'emergenza,
purtroppo per la medicina ancora oggi tutto quello che non è morte cerebrale è
vita".
Eluana, dj Fabo, Welby, sono aspetti diversi
di come ci si pone davanti al fine vita, ma a volte sembra una sorta di
"mischione", o no? "C'è chi vuole far confusione, ma non è così,
anche se il tema generale e comune resta l'autodeterminazione. Eluana però
nulla c'entra con l'eutanasia o il suicidio assistito, per lei il tema era il
rifiuto delle terapie. Ma Marco Cappato sta cercando di andare oltre e fa bene
a cercare una risposta legale ad altre esigenze che meritano di essere prese
seriamente in considerazione".
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