Da “Occhio alle differenze” di Maurizio Viroli, pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” del 18 di luglio dell’anno 2010: (…). Chi legge libri, anziché
guardare la televisione e frequentare salotti buoni, sa che, da che mondo è
mondo, servi e cortigiani hanno sempre usato, per screditare i loro avversari,
una tecnica semplicissima che consiste nel cambiare il significato alle parole.
Così, per ripetere esempi fin troppo noti, gli arroganti diventano
intraprendenti; i buffoni, simpatici; i delinquenti, furbi che sanno stare al
mondo; i cinici, intelligenti. Oppure gli onesti diventano fessi; i coraggiosi,
visionari; gli intransigenti, noiosi moralisti (attenzione: oggi, in Italia,
parlare di morale espone al disprezzo e al dileggio). Nel caso del
neo-qualunquismo, la storia si ripete: i critici seri e severi del malgoverno e
della dilagante corruzione diventano qualunquisti, avvicinabili ai più devoti
servitori del signore. Non ci sarebbe nulla da commentare se non rilevare che
in Italia si è persa anche la più elementare capacità di ragionamento che
consiste nel rendersi conto delle differenze. Ma, data l’autorevolezza dei
sostenitori della teoria del neo-qualunquismo, esaminiamo i loro argomenti più
da vicino e poniamo loro due domande: “i buoni cittadini, quelli, per capirci,
che rispettano le leggi, che svolgono le loro professioni con serietà ed
impegno pur fra mille ostacoli e che pagano le tasse, sono moralmente superiori
a coloro che corrompono i giudici, che sono collusi con la mafia, che cercano
con tutti i mezzi di rendere impotenti le leggi per fare sempre più grande un uomo
ed i suoi cortigiani?” “Difendere la Costituzione repubblicana è fare opera di
anti-politica o dare esempio di politica seria?” Anche in questo caso,
ragionando con rigore intellettuale, le risposte sono fin troppo ovvie come è
ovvio che è del tutto fuori luogo sostenere, come ha fatto il presidente
Massimo D’Alema, che l’ “antiberlusconismo sconfina in una sorta di sentimento
anti-italiano”. Denunciare la corruzione italiana non è atto né berlusconiano
né antiberlusconiano, è semplicemente dire la verità. Dalla denuncia della
corruzione non deriva affatto la rinuncia a lottare per trasformare l’Italia in
un paese civile. Se chi ha denunciato la corruzione morale degli Italiani
dovesse essere considerato un anti-italiano, allora capofila di tale tradizione
sarebbero, per citare solo qualche nome, Giuseppe Mazzini e Carlo Rosselli.
Ammettiamolo, ci sono compagnie peggiori. È anche tempo di spiegare la
differenza fra buone e cattive élites politiche e che appartenere ad un’élite
può anche essere titolo di merito e non di vergogna. C’è una bella differenza
fra l’élite politica attuale e quella, per esempio, del periodo costituente o,
poiché ci stiamo avvicinando al 2011, quella della Destra Storica; e c’è una
bella differenza fra la splendida élite del Partito d’Azione e buona parte
dell’attuale leadership del Partito Democratico. La differenza prima che di
cultura e di spessore intellettuale, qualità che non guastano, è di rigore
morale. Mi pare già di sentire l’obiezione: “ma il Partito d’Azione è stato un
partito di sconfitti”, o come ha dichiarato D’Alema, la “cultura azionista non
ha mai fatto bene al paese”. Altri due errori: sconfitti non furono loro,
sconfitta è stata ed è l’Italia che prima non li ha ascoltati e li ha derisi, e
poi li ha dimenticati. La cultura azionista ha dato all’Italia piccole cose
quali un contributo essenziale all’antifascismo prima e alla Resistenza e alla
Costituzione Repubblicana poi, un’interpretazione rigorosa del Risorgimento
nazionale, una concezione del patriottismo che insegnava la solidarietà con gli
altri popoli e l’europeismo, un rispetto religioso della legalità, ha educato
il Partito Comunista ai valori liberali e democratici, e, per ultimo, ci ha
dato un presidente della Repubblica come Carlo Azeglio Ciampi. Proprio poco non
mi pare sia. Se mai ci sarà una rinascita civile, non avverrà certo grazie a
coloro che confondono i critici severi con i qualunquisti, ma grazie a chi
continua a dire la verità, che l’Italia è un paese profondamente malato che ha
bisogno di liberarsi del potere enorme che oggi domina e della sua corte.
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