Da “Il maestro riluttante” di Massimo Recalcati, pubblicato sul
quotidiano la Repubblica del 20 di settembre dell’anno2013: (…).
Nel nostro tempo la scuola di ogni ordine e grado sembra ridotta ad un
“esamificio”. L’impeto della valutazione vorrebbe imporre scansioni
dell’apprendimento uguali per tutti. Sempre più si sta imponendo una scuola (…)
fondata sul principio di prestazione. Il nostro tempo non coltiva l’ideale di
una scuola autoritaria e disciplinare. Non è più il tempo dove – secondo una
tristemente nota metafora botanica – l’allievo è assimilato ad una vite storta
e l’insegnante ad un paletto diritto e ad un filo di ferro capace di
raddrizzarne la stortura. Il conformismo attuale non è più morale ma cognitivo.
Il nostro tempo non concepisce più l’allievo come una vite storta, ma come un
computer vuoto. L’apprendimento è il riempimento del cervello di file seguendo
l’ideale di un travasamento potenzialmente illimitato di informazioni nella sua
memoria. All’illusione botanica si è sostituita quella tecnologico-
cognitivista: morte dei libri, informatizzazione degli strumenti didattici,
esaltazione delle metodologie dell’apprendimento, accanimento valutativo,
burocratizzazione fatale della funzione dell’insegnante che deve sempre più
rispondere alle esigenze dell’istituzione che non a quella degli allievi.
Attualmente un’altra illusione ha fatto capolino. È l’illusione
dell’insegnante-psicologo che possiamo sintetizzare con il racconto che ho
udito fare da un professore di liceo ad un recente convegno sulla scuola al
quale ho partecipato. Questi si vantava nel suo lavoro quotidiano di lasciare
da parte i contenuti dei programmi ministeriali per dedicarsi a cogliere i
segni di disagio esistenziale dei suoi allievi raccogliendo le loro confidenze
più personali. Mettere da parte lo studio di Aristotele, di Spinoza o di Hegel
per dare voce alla sofferenza dei ragazzi della quale, com’è noto, i programmi
didattici si disinteressano. Quale nuova pericolosa illusione si annida in
questo atteggiamento? L’amore per il sapere – che dovrebbe animare ogni
insegnante – lascia il posto ad una supplenza diretta del mestiere del
genitore. Mentre l’informatizzazione cognitivista della scuola esalta un sapere
senza vita, questa nuova ondata psicologista sembra invece esaltare la vita
senza sapere. Si tratta di due facce della stessa medaglia accomunate da una
stessa fondamentale dimenticanza: l’importanza dell’ora di lezione nel
promuovere l’amore verso il sapere come condizione per ogni possibile
apprendimento. (…). Il compito di un insegnante è quello di generare amore,
transfert erotico, sul sapere più che distribuire sapere (illusione
cognitivista) o mettere tra parentesi il sapere occupandosi della vita privata
degli allievi (illusione psicologista) perché l’alternativa tra la vita e il
sapere è sempre sterile. (…).
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