Da “Cinismo
e morale di Angela Merkel” di Bernardo Valli, pubblicato sul settimanale “L’Espresso”
del 24 di settembre 2017: La virtù di Angela Merkel è di non
assomigliare a nessuno dei suoi predecessori alla Cancelleria, e a nessuno dei
governanti nelle capitali che contano. L’apparente mancanza di carisma è assai
più efficace del carisma ostentato dagli attori politici nella nostra civiltà
delle immagini. Il suo essere “normale” colpisce di più. Rivedo gli appunti
mentali, i ricordi dei frequenti soggiorni in Germania, in quella comunista
dell’Est e in quella federale e democratica dell’Ovest. Della prima mi è
rimasto impresso il grigiore che avvolgeva anche i monumenti solenni e i
paesaggi fiabeschi. Ed è là che Angela Merkel è cresciuta con il padre pastore
luterano, rinchiuso in una dignità individuale ed esposto a un’ambiguità
politica, e con una più espansiva madre, professoressa di inglese alla quale fu
impedito di insegnare la lingua “capitalista”, in quanto moglie di un
religioso. Nel mondo comunista Angela è stata una studentessa eccellente,
soprattutto in matematica e in russo, prima di diventare una ricercatrice di
fisica, politicamente agnostica. Nella Germania federale, riunificazione in
corso, è stata assorbita con una rapidità sorprendente, quando aveva già
trentasei anni, da una carriera politica che l’ha condotta a governare per tre
legislature, una dopo l’altra, dal 2005, una grande società democratica, e a
essere la donna con più potere nel mondo. La cancelliera non si è mai del tutto
spogliata del grigiore dell’Est: l’ha conservato nell’abbigliamento, nei gesti,
nel linguaggio, nel maquillage. Anche se da quando è cancelliera ha abbandonato
la frangia piatta per dare volume ai capelli, ed è seguita da una persona che
si occupa del suo trucco. Questi accorgimenti non hanno alterato l’esibita
ineleganza, alla quale ha saputo dar classe, trasformandola in una dignitosa
sobrietà che non ha nulla di zitellesco. L’espressione è quasi sempre
sorridente. Ma Angela non ha nascosto le lacrime le rare volte in cui le hanno
rigato le guance. Con le collaboratrici più strette assume atteggiamenti comici
per imitare i personaggi appena incontrati. Dai solenni spazi della Cancelleria
si trasferisce ogni sera al penultimo piano di un edificio che ne conta cinque.
Sulla porta c’è il nome del marito, Prof. Dr Sauer, e i passanti ignorano
perché all’ingresso ci sono due poliziotti. Angela fa spesso la spesa da sola
non lontano da casa, prima della chiusura, nel piccolo supermercato a Mitte,
sulla Mohrenstrasse. Dell’ambiguità dominante nella società comunista ha fatto
una tattica geniale per risolvere problemi complicati. È come se i compromessi
appresi nell’adolescenza, quando ascoltava i genitori criticare il regime in
privato ma adottare uno scrupoloso ritegno in pubblico, le avessero insegnato
che bisogna riflettere prima di parlare. Interviene sempre a proposito, con una
determinazione in cui cinismo e morale sembrano confondersi. Così non ha
risparmiato il suo mentore Helmut Kohl, quando il cancelliere della
riunificazione è inciampato in uno scandalo finanziario; né ha risparmiato il
bavarese Edmund Stoiber, che ostacolava la sua marcia verso la Cancelleria. E
tanti altri sono stati politicamente sconfitti dai suoi garbati, sorridenti
attacchi. In una società politica maschilista come quella tedesca, lei potrebbe
apparire una campionessa del femminismo trionfante. Ma Angela Merkel non si è
mai impegnata molto su quel terreno. Alla vanità degli uomini sa opporre, senza
mai alzare i toni, una tattica che li disarma. È un’immagine che attenua, ma
non contraddice, che rende accettabile la “prepotenza” tedesca. Per i
connazionali è un’inconscia assicurazione e una conferma della riuscita
rivincita sul passato da non dimenticare. La calma, perlomeno apparente, non
l’abbandona mai, e in essa, nella calma esibita, è annidata un’audacia che ha
umiliato più volte la classe politica europea. In particolare quando nel 2015
ha annunciato, da sola, che la Germania spalancava le porte ai migranti. In
quell’occasione ha rianimato il trascurato umanesimo europeo, sfidando la sua
stessa opinione pubblica. Che però non le ha negato a lungo i consensi. Su
quello scottante terreno ha poi saputo anche piegarsi ai compromessi che la
politica imponeva. Ci sono due Merkel (cuore e cervello), che convivono e
creano un personaggio singolare. L’elezione di Donald Trump e l’inquietante
dinamismo di Vladimir Putin le hanno fatto descrivere, ancora unica nel Vecchio
continente, un’Europa che deve contare sulle proprie forze.
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