"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 28 settembre 2017

Primapagina. 46 “Frau Angela Merkel”.



Da “Cinismo e morale di Angela Merkel” di Bernardo Valli, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 24 di settembre 2017: La virtù di Angela Merkel è di non assomigliare a nessuno dei suoi predecessori alla Cancelleria, e a nessuno dei governanti nelle capitali che contano. L’apparente mancanza di carisma è assai più efficace del carisma ostentato dagli attori politici nella nostra civiltà delle immagini. Il suo essere “normale” colpisce di più. Rivedo gli appunti mentali, i ricordi dei frequenti soggiorni in Germania, in quella comunista dell’Est e in quella federale e democratica dell’Ovest. Della prima mi è rimasto impresso il grigiore che avvolgeva anche i monumenti solenni e i paesaggi fiabeschi. Ed è là che Angela Merkel è cresciuta con il padre pastore luterano, rinchiuso in una dignità individuale ed esposto a un’ambiguità politica, e con una più espansiva madre, professoressa di inglese alla quale fu impedito di insegnare la lingua “capitalista”, in quanto moglie di un religioso. Nel mondo comunista Angela è stata una studentessa eccellente, soprattutto in matematica e in russo, prima di diventare una ricercatrice di fisica, politicamente agnostica. Nella Germania federale, riunificazione in corso, è stata assorbita con una rapidità sorprendente, quando aveva già trentasei anni, da una carriera politica che l’ha condotta a governare per tre legislature, una dopo l’altra, dal 2005, una grande società democratica, e a essere la donna con più potere nel mondo. La cancelliera non si è mai del tutto spogliata del grigiore dell’Est: l’ha conservato nell’abbigliamento, nei gesti, nel linguaggio, nel maquillage. Anche se da quando è cancelliera ha abbandonato la frangia piatta per dare volume ai capelli, ed è seguita da una persona che si occupa del suo trucco. Questi accorgimenti non hanno alterato l’esibita ineleganza, alla quale ha saputo dar classe, trasformandola in una dignitosa sobrietà che non ha nulla di zitellesco. L’espressione è quasi sempre sorridente. Ma Angela non ha nascosto le lacrime le rare volte in cui le hanno rigato le guance. Con le collaboratrici più strette assume atteggiamenti comici per imitare i personaggi appena incontrati. Dai solenni spazi della Cancelleria si trasferisce ogni sera al penultimo piano di un edificio che ne conta cinque. Sulla porta c’è il nome del marito, Prof. Dr Sauer, e i passanti ignorano perché all’ingresso ci sono due poliziotti. Angela fa spesso la spesa da sola non lontano da casa, prima della chiusura, nel piccolo supermercato a Mitte, sulla Mohrenstrasse. Dell’ambiguità dominante nella società comunista ha fatto una tattica geniale per risolvere problemi complicati. È come se i compromessi appresi nell’adolescenza, quando ascoltava i genitori criticare il regime in privato ma adottare uno scrupoloso ritegno in pubblico, le avessero insegnato che bisogna riflettere prima di parlare. Interviene sempre a proposito, con una determinazione in cui cinismo e morale sembrano confondersi. Così non ha risparmiato il suo mentore Helmut Kohl, quando il cancelliere della riunificazione è inciampato in uno scandalo finanziario; né ha risparmiato il bavarese Edmund Stoiber, che ostacolava la sua marcia verso la Cancelleria. E tanti altri sono stati politicamente sconfitti dai suoi garbati, sorridenti attacchi. In una società politica maschilista come quella tedesca, lei potrebbe apparire una campionessa del femminismo trionfante. Ma Angela Merkel non si è mai impegnata molto su quel terreno. Alla vanità degli uomini sa opporre, senza mai alzare i toni, una tattica che li disarma. È un’immagine che attenua, ma non contraddice, che rende accettabile la “prepotenza” tedesca. Per i connazionali è un’inconscia assicurazione e una conferma della riuscita rivincita sul passato da non dimenticare. La calma, perlomeno apparente, non l’abbandona mai, e in essa, nella calma esibita, è annidata un’audacia che ha umiliato più volte la classe politica europea. In particolare quando nel 2015 ha annunciato, da sola, che la Germania spalancava le porte ai migranti. In quell’occasione ha rianimato il trascurato umanesimo europeo, sfidando la sua stessa opinione pubblica. Che però non le ha negato a lungo i consensi. Su quello scottante terreno ha poi saputo anche piegarsi ai compromessi che la politica imponeva. Ci sono due Merkel (cuore e cervello), che convivono e creano un personaggio singolare. L’elezione di Donald Trump e l’inquietante dinamismo di Vladimir Putin le hanno fatto descrivere, ancora unica nel Vecchio continente, un’Europa che deve contare sulle proprie forze.

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