Dall’indimenticato Alberto Statera “I
poteri forti si sono estinti ora restano solo caste e corporazioni”,
pubblicato sul settimanale “A&F” del 29 di settembre dell’anno 2014: Torna
il tema sempreverde dei Poteri Forti, che da vent’anni è usato a proposito e a
sproposito, quasi sempre come un alibi per le cose mirabolanti che la politica
vorrebbe fare per il paese, ma che forze potenti e oscure impediscono. Stavolta
il topos è ricomparso nella missione americana di Matteo Renzi, il quale a New
York, davanti alla comunità italiana e al sindaco De Blasio, ha proclamato:
«Per rifare l’Italia siamo pronti, se servirà, a condurre battaglie in
Parlamento e a sfidare i Poteri Forti». Correva l’agosto del 1994 quando
Pinuccio Tatarella, vicepresidente del Consiglio di AN nel primo governo
Berlusconi, aggiornò la vecchia propaganda fascista sul complotto
«demo-pluto-giudaico-massonico» in un’intervista a Dario Cresto-Dina per «La
Stampa», lanciando la locuzione Poteri Forti. «Oltre all’istituto governo-
spiegò- c’è l’istituto extra-governo, la vera ombra, quelli che io chiamo i
Poteri Forti». E non esitò a enumerarli: «La Corte Costituzionale, il Csm,
Madiobanca, i Servizi segreti, la Massoneria, l’Opus Dei, Bankitalia, i gruppi
editoriali, la grande industria privata». Quella lista appare oggi quasi come
una triste congerie di poteri alquanto lesionati: la Corte Costituzionale
emette sentenze che fatica a far rispettare; il Csm annaspa nella crisi della
magistratura; Mediobanca non ha più Cuccia ed è in dolorosa ristrutturazione; i
Servizi segreti tra una riforma e l’altra sono un nido di scandali; la
Massoneria è percorsa da fratelli-coltelli; l’Opus Dei non sembra passare
indenne nel ciclone di Papa Francesco; la Banca d’Italia non stampa più moneta
e non riesce neanche più ad esercitare la moral suasion nei confronti delle
banche; i grandi gruppi editoriali attraversano una crisi senza precedenti; la
grande industria privata non ce la fa ad affrontare le sfide della
globalizzazione. E allora chi sono i Poteri Forti evocati da Renzi, che - se
vogliamo - sembra al momento il potere più forte che ci sia, sommando in sé il
comando del governo e del primo partito italiano?
Più che un blocco di Poteri Forti assistiamo a una ressa di poteri orizzontali, grumi spesso deboli e allo sbando che, come nell’apologo di Menenio Agrippa - preso talvolta ad esempio da Giuseppe De Rita - sono destinati a perire se tutti gli organi del corpo non collaborano tra loro. Intendiamoci, l’insostenibile leggerezza dei vecchi Poteri Forti censiti vent’anni fa da Pinuccio Tatarella non significa che l’Italia sia sgombra di numerose oligarchie settoriali, molte delle quali amano né poco né punto il presidente del Consiglio rottamatore che, almeno a parole, usa la diplomazia del bulldozer. Ma la vecchia topografia tatarelliana non funziona più. Certo, esistono centri di potere economico, finanziario, plutocratico, corporativo, lobbistico, criminale che - vuoi anti renziani, vuoi renziani - lavorano per i loro specifici interessi, come capita ovunque nel mondo. Ma, se da una parte non esiste un blocco univoco del male, dall’altra la politica debole non riesce a coagulare classi dirigenti degne di questo nome e impermeabili, per quanto possibile, alle esigenze dei meno nobili fra i molteplici interessi protetti. Se i Poteri Forti non esistono come blocco coeso è pur vero che Renzi se la deve vedere non solo con un sistema politico-parlamentare oggetto negli anni di sistematiche devastazioni, ma anche con un potere che Tatarella non citava espressamente, quello dell’alta burocrazia di Stato, il Potere Forte che Ernesto Galli della Loggia ha chiamato blocco burocraticocorporativo, che tende quasi sempre con successo a minare il comando politico inadeguato.
Più che un blocco di Poteri Forti assistiamo a una ressa di poteri orizzontali, grumi spesso deboli e allo sbando che, come nell’apologo di Menenio Agrippa - preso talvolta ad esempio da Giuseppe De Rita - sono destinati a perire se tutti gli organi del corpo non collaborano tra loro. Intendiamoci, l’insostenibile leggerezza dei vecchi Poteri Forti censiti vent’anni fa da Pinuccio Tatarella non significa che l’Italia sia sgombra di numerose oligarchie settoriali, molte delle quali amano né poco né punto il presidente del Consiglio rottamatore che, almeno a parole, usa la diplomazia del bulldozer. Ma la vecchia topografia tatarelliana non funziona più. Certo, esistono centri di potere economico, finanziario, plutocratico, corporativo, lobbistico, criminale che - vuoi anti renziani, vuoi renziani - lavorano per i loro specifici interessi, come capita ovunque nel mondo. Ma, se da una parte non esiste un blocco univoco del male, dall’altra la politica debole non riesce a coagulare classi dirigenti degne di questo nome e impermeabili, per quanto possibile, alle esigenze dei meno nobili fra i molteplici interessi protetti. Se i Poteri Forti non esistono come blocco coeso è pur vero che Renzi se la deve vedere non solo con un sistema politico-parlamentare oggetto negli anni di sistematiche devastazioni, ma anche con un potere che Tatarella non citava espressamente, quello dell’alta burocrazia di Stato, il Potere Forte che Ernesto Galli della Loggia ha chiamato blocco burocraticocorporativo, che tende quasi sempre con successo a minare il comando politico inadeguato.
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