Da “Questo
non è un Paese per giovani” di Ilvo Diamanti, pubblicato sul quotidiano la
Repubblica dell’1 di settembre dell'anno 2014: (…). …l'Italia mi sembra un Paese
sempre più rassegnato. Che ostenta un ottimismo triste, attraversato da rabbia
diffusa. (…). Questo Paese di esodati, pensionandi e aspiranti pensionati, come
può avere e, prima ancora, "immaginare" il futuro? Al massimo: il
presente. Ma, più facilmente, il passato prossimo. Nell'Italia di oggi,
nonostante Renzi, il futuro: è ieri. Al massimo, stamattina. D'altronde, non
per nulla, questo Paese per vecchi, come io stesso ho rilevato altre volte, sta
perdendo e ha già perduto i suoi giovani. Che sono pochi e sempre di meno,
visto che i tassi di natalità, in Italia, sono fra i più bassi dell'Occidente.
Mentre i tassi di occupazione giovanile scendono e quelli di disoccupazione
crescono continuamente. I giovani: sono "esodati" anche loro. Visto
che si contano circa due milioni di Neet, un altro neologismo per significare
una popolazione fuori dalla scuola e dal lavoro. Dunque, anch'essa s-perduta.
Tra le pieghe dell'impiego temporaneo e informale. Protetta dalle famiglie, che
offrono loro un ancoraggio, in attesa di una stabilità imprevista e
imprevedibile. I giovani. Se ne vanno dall'Italia, se e quando possono. Sempre
più numerosi. In particolare, durante i corsi di laurea. Utilizzano l'Erasmus,
programma che prevede alcuni mesi di studio presso università straniere in
convenzione con quelle italiane. Ma poi, dopo la laurea, ripartono di nuovo.
Proseguono la loro "formazione" in altre università straniere. E
spesso trovano impiego. Altrove. Perché l'Italia è un Paese di pensionati dove
i giovani "esodano". (…). Così,
siamo diventati un paese di vecchi, attraversato da inquietudini e paure.
Perché, quando si invecchia, crescono e si diffondono anche le paure. E ci si
difende dagli altri, chiudendosi in casa. Guardando tutti con crescente
sospetto. In Italia, più di due persone su tre diffidano di chi hanno di fronte
(Oss sulla Sicurezza, Demos-Oss. Pavia-Fond. Unipolis). Perché ci potrebbero
"fregare". In particolare, preoccupano - e spaventano - gli stranieri
che affollano l'Italia, in numero crescente. Perché sono tanti, sempre di più,
quelli che arrivano. Con ogni mezzo. In particolare, dal Nord dell'Africa. Non
per "piacere", ma spinti da paure ben più immediate e drammatiche
delle nostre. Le guerre, la fame, i conflitti. Fuggono dal loro mondo che è lì,
a un passo dal nostro. E intraprendono viaggi brevi ma, spesso, infiniti.
Perché finiscono in modo tragico. In fondo al mare. Ai nostri mari che
assomigliano a cimiteri liquidi, dove si depositano, a migliaia, i corpi di
migranti che tentano di scavalcare il muro che li separa da noi. Il Mare
Nostrum che ormai è divenuto un Mare Mostrum. Quel tratto di mare: è un muro,
una barriera. Costruita con le nostre paure, per difendere la nostra
solitudine, la nostra vecchiaia infelice. Per coltivare la nostra indifferenza.
Noi, l'estremo confine d'Europa. Ultima frontiera di una civiltà senza più
civiltà. Senza più pietà. Senza più futuro. Perché se fai partire i tuoi
giovani (più qualificati) e tieni lontani quelli che vorrebbero entrare, dal
Sud ma anche dall'Occidente, i poveri e i disperati, ma anche i più istruiti e
specializzati: che futuro vuoi avere? Al massimo un passato. Sempre più incerto,
anch'esso. E annebbiato. Come la memoria. (…).
Nessun commento:
Posta un commento