Il 30 di marzo dell’anno 2010
postavo la “sfogliatura” di oggi. Sette anni e mezzo per ritrovarsi nell’incombente
turno elettorale siciliano – indicato quale fucina delle politiche del prossimo
futuro da estendersi al resto del bel paese – con quell’uomo venuto da Arcore a
determinare ancor oggi le sorti politiche italiote. Sette anni e mezzo che
sembra siano stati spesi giusto per ritrovarsi al cosiddetto punto di partenza.
Un bel progresso, non c’è che dire. Scriveva a quel tempo Paolo Villaggio sul
quotidiano l’Unità – in “Le foto dei politici” -: “La
nostra felicità di cittadini onesti è corrosa da una maledetta malattia che ci
sta divorando lentamente: la corruzione della casta politica. Ve l’ho già detto
altre volte il politico è un animale mediocre privo di talento. Non sa fare lo
scrittore, l’avvocato, il pittore, l’ingegnere, mi verrebbe da dire quasi che
sa solo fare il porta borse, il leccaculi, di un ladro e poi si laurea vice
ladro e poi diventa ladro patentato. È un uomo con un animo piccolo ingeneroso
e quando mette le mani sul potere cerca di non mollarlo più. Allora cerca
mezzucci illeciti si allea con la malavita usando il voto di scambio per
aumentare i numeri dei consensi che gli daranno la possibilità di arraffare impunemente.
Ed eccoli i cartelli con le loro facce sorridenti: sotto c’è scritto «fidati ti
puoi fidare io sono onesto» ma con quello che si vede e si legge è roba da
brividi”. Quanto è cambiato il clima politico da allora? E perché non
si è imposta una maggiore e più sana rettitudine della politica? Al tempo di
questa “sfogliatura” si tennero consultazioni regionali. Ne scrivevo così:
Finite le regionali. Male. Anzi malissimo. P.d.l(ove)-P.d.
6 a 7. Ma
si partiva da 2 a
11. Com’è il risultato? Deludente? Straordinario? Dipende dai punti di vista.
Intanto i “coglionazzi” – detto alla
Fantozzi - che hanno votato “rosso” non si illudano: il governo non mollerà un
euro per le loro regioni. Peggio per loro. Si arrangino. È stata questa una
dichiarazione, o una promessa, del capo del partito dell’amore. Come se lui non
fosse stato chiamato a reggere la cosa pubblica anche per quei “coglionazzi”. Ma lui ama solamente gli
“scarrafoni” suoi. Non l’altra metà
di “merda”, come elegantemente definita
dal brunetto di Venezia. È che loro riescono a parlare bene alla pancia della
gente. E per ciò c’è da deprimersi. Temo il cosiddetto blocco dello
scribacchino. Di chi prova a scribacchiare. Ma anche questa storia della gente
che ragiona con la pancia non mi convince proprio. Poiché anche a ragionare in
quei termini pedestri, i reggitori della cosa pubblica in carica non stanno producendo
nulla di speciale. Anzi. Mugugni e non solo se ne sentono tanti. Ovunque si
vada per le ubertose contrade del bel paese, magazzini vuoti per attività che
hanno finito di esistere. Ed allora? Quale altra spiegazione? Mi affascina il
rag. Fantozzi con il suo franco parlare. Ma che contiene verità inconfutabili.
Ed in quelle verità, destra e sinistra sembrano somigliarsi assai. Inutile
darsi i pizzicotti prima di parlare. O di contare fino a cento prima di aprire
l’orifizio orale. Certe volte solo per sommuovere l’aria circostante. Anche per
chi sta a sinistra i magistrati sono dei “bricconcelli”
– che non meritano per questo la solidarietà dell’intero arco costituzionale -,
soprattutto quando si interessano a qualcuno di quella sponda. Anche a sinistra,
in quest’ultima tornata elettorale, si è tentato di imporre i candidati
direttamente proposti, anzi imposti, dal “comitato centrale”. Quasi un
comitatone d’affari, come nelle migliori tradizioni. E se qualcuno ha puntato i
piedi, apriti cielo! Magari alla fine quel qualcuno che ha puntato i piedi ha
pure vinto alle elezioni. Così come un altro qualcuno che ha puntato i piedi ha
ricevuto una sonora sberla elettorale. E sparisse magari dalla scena politica!
Si dispera nel miracolo. Concordo appieno con il rag. Fantozzi. Hai voglia
allora a dare di gomito con le argomentazioni sottili e sofisticate dei
pensatori d’oggi o di ieri! La gente se ne sbatte proprio. “Che fare?”, ha detto e direbbe ancora il grande rivoluzionario.
Intanto è bene non perdere le buone abitudini. L’abitudine di una lettura
intelligente. Di quelle che dovrebbero invertire il corso delle cose nel bel
paese. Comincio a non crederci più. Di seguito trascrivo, e questa volta
integralmente, una dotta riflessione del professor Umberto Galimberti che ha
per titolo “Quando vince l’irrazionale”,
pubblicata di recente sul quotidiano “la Repubblica”. Diranno quelli che
hanno perso ma vinto al contempo; il P.d.l(ove) è passato dal 32,3 per cento
delle ultime elezioni europee – 2009 - al 26,7 per cento del 29 di marzo –
risultato al netto della mancata presentazione delle lista del partito
dell’amore nella provincia di Roma -. E con ciò? “Il consenso dovrebbe fondarsi sull´argomentazione la competenza, il
dubbio e il dialogo. Se invece dipende dalla fascinazione della parola e della
retorica, allora diventa acritico e incondizionato. Amore e odio sono
sentimenti, e come tali appartengono alla dimensione pre-razionale e non di
rado irrazionale dell´uomo. Prima di giungere all´età della ragione i bambini
amano e odiano e, dopo aver raggiunto l´età della ragione, capita a ciascuno di
noi di amare e di odiare senza un valido sostegno della ragione, che a quel
punto risulta offuscata e impotente a governare pensieri e condotte. Platone,
per inaugurare la democrazia nella sua città ideale, riteneva che dovessero
essere allontanati retori e sofisti, perché costoro, per ottenere consenso,
ricorrevano non a solidi argomenti, ma alla mozione degli affetti e alla
cattura dell´anima attraverso la fascinazione della parola. Lo dice con
chiarezza il sofista Gorgia: «I divini incantesimi compiuti con le parole
possiedono una potenza che blandisce l´anima, persuadendola e trascinandola con
il loro fascino» (Elogio di Elena § 14). E Platone, consapevole di questo
rischio, ammonisce il giovane che entra nella vita pubblica con queste parole:
«Salirai la torre più elevata per il sentiero della Giustizia (Dike) o della
Seduzione ingannevole (Apate) perché lì ti perda e passi la tua vita?»
(Repubblica, 365 b). A differenza della ragione, i sentimenti di amore e di
odio, suscitati dalla fascinazione della parola e dal suo potere seduttivo, non
ospitano l´argomentazione, il dubbio, la critica, il dialogo, la mediazione,
che sono figure essenziali della buona politica, ma, in modo acritico,
aderiscono incondizionatamente a chi è stato in grado di provocarli e di far
leva su di loro per ottenere un consenso che, proprio perché è acritico, è
incondizionato. I ragionamenti non servono, come non servono le prove dell´esistenza
di Dio a chi non crede, o le prove della sua inesistenza a chi crede. Basta la
parola, la parola persuasiva pronunciata da chi ha carisma. In politica le
figure carismatiche conoscono il potere della parola e la sua efficacia
persuasiva, che è tale perché non ha bisogno di interloquire con le figure
della ragione, essendo in presa diretta con lo scatenamento delle passioni, la
cui adesione al dettato ipnotico della parola carismatica è incondizionato. Quando
si affida a personalità carismatiche, la politica è già scesa di livello,
perché produce consenso o dissenso non su base razionale, ma su base emotiva. E
quanti non hanno una sufficiente conoscenza dei fatti, o abbastanza
dimestichezza con le questioni di cui si discute, diventano sensibili ai fattori
emozionali che il potere carismatico sfrutta, quando addirittura non alimenta
con l´incuria, ad esempio, per i percorsi formativi, di cui la scuola e non la
televisione dovrebbe essere il luogo e l´ambiente. Un potere che si regge su
basi emotive è un potere che regredisce alla logica primitiva
dell´amico/nemico, da cui la cultura occidentale ha cercato di emanciparsi
proprio attraverso la politica, intesa come gestione razionale di interessi
contrastanti e non come tifoseria da stadio, dove l´amore per la propria
squadra e l´odio per l´avversario sono impermeabili a qualsiasi giudizio
critico. Se la democrazia funziona per argomenti, competenze, scelte ponderate,
obiezioni critiche, un potere che si regge su basi emotive è molto pericoloso,
perché ha già oltrepassato la linea di demarcazione della democrazia. Prima di
questa linea, a un livello di primitivismo antropologico, ci sono i carismi, le
fascinazioni, le seduzioni, i plagi, ci sono le adorazioni, gli odi e gli
amori. Ed è una vera oscenità che anche la parola amore, su cui si regge la
vicenda umana, debba essere anch´essa strumentalizzata per fini politici”.
Nessun commento:
Posta un commento