Mi scrive l’amico carissimo E. N. – il “compagno
Ennio” – di “primo mattino” per come sta scritto all’oggetto della e-mail. Cosa
mi scrive? Scrive: Ma lo sa la gente che andrà a votare che molte delle norme cui noi
siamo sottoposti sono emanate da Organi Europei? Sarebbe stato opportuno che
prima delle elezioni si fosse spiegato al grande pubblico quali sono le
funzioni del Parlamento Europeo, della commissione Europea e del consiglio dei
ministri Europeo. Niente di tutto questo. In campagna elettorale si è parlato
delle nostre miserie della vivisezione
di Dudù e del tribunale del popolo on-line. Ed i mass media han dato spazio a
queste facezie. Eppure dal risultato delle urne dipenderà parte non
insignificante del nostro futuro, a prescindere dalle politiche dei governi
nazionali. Come non accogliere l’accorato grido d’allarme del “compagno
Ennio”? Come non essere dalla sua parte quando denuncia il limite
gravissimo dello stato della nostra democrazia? Il carissimo “compagno
Ennio” conosce il mio pensiero che da tempo è divenuto il mio allarme
per le sorti della democrazia nel bel paese. È quello, il mio allarme, della “scarnificazione del pensiero” dei
singoli e delle comunità che la politica nel suo insieme ha perseguito e
persegue tuttora.
Tutti ne portano le gravissime responsabilità con una
politica autoreferenziale che non aveva e non ha altra scelta se non percorrere
questa angusta via. Con le conseguenze che si manifestano nella insofferenza
della gente e nella disaffezione di grandi masse per quell’arte nobile e
propria degli umani che è la “Politica”. A chi assegnare la responsabilità dello
stato delle cose? Scrive ancora il “compagno Ennio”: D'Alema
in un interessante incontro tenuto alla Bolognina, il famoso luogo della svolta
di Occhetto, diceva, parlando di Europa, che le opzioni sono tre: 1) Vi vota
per mantenere l'Europa attuale; 2) Si vota per una Europa diversa; 3) Si vota
per smantellare l'Europa. Io aggiungerei una quarta opzione. Si vota per il
nulla. Chi ha capito come si collocherà il gruppo dei grillini a Bruxelles, a
parte il "vaffa" per tutti, me lo può comunicare. (…). È a
questo punto che anche il “compagno Ennio” rende evidenti e
manifesta gli esiti velenosi, letali pervicacemente perseguiti dall’”antipolitica”
al potere. Ovvero, dopo il suo buon inizio, punta il dito sull’idra a sette
teste rappresentata nel caso dal Grillo parlante e dai suoi accoliti. Ma non “sarebbe
stato opportuno che prima delle elezioni si fosse spiegato al grande pubblico…”!
La politica del politichese ha rinunciato da un bel pezzo a farsi pedagogo paziente
per la collettività, tanto è vero che languono o muoiono i luoghi deputati ad
accogliere i cittadini per quella formazione politica di base che è la sola via
affinché non si abbia una democrazia malata. Proprio stamani Norma Rangeri, che
dirige il quotidiano “il Manifesto”, ha scritto nel Suo editoriale – “Niente scherzi” -: Poco
conta che votiamo per scegliere se vogliamo Schulz o Tsipras alla presidenza
della Commissione europea, che non andiamo al seggio (più o meno faticosamente,
poco o molto convinti) per turarci il naso (ancora?) e votare un partito o una
maggioranza o un programma di governo del nostro paese. Quello per il
parlamento europeo è, finalmente, un voto libero, un voto per scrivere sulla
scheda (tornano le preferenze) il nome dei candidati che lo meritano, per
determinare nuovi equilibri nel Vecchio Continente, per invertire la rotta
della crisi. Dunque un voto concreto, certamente. Ma anche l’espressione di un
desiderio di cambiamento, un’idea di altra economia, una speranza di libertà
per una società meticcia e aperta. Invece, intorno a noi, prende quota il
timore su quel che accadrà il giorno dopo nel nostro cortile. Le persone si
interrogano sull’utilità di un voto per Tsipras, come se, d’un tratto, le
battaglie che la grande area della sinistra senza padre né partito, ha combattuto
ogni giorno, in questi lunghi, interminabili, crudeli anni di crisi, dovessero
dissolversi proprio al momento del voto per manifestarsi nell’esatto contrario:
un consenso al Pd, a questo Pd, che porta in Europa la bandiera della più
odiosa precarietà, che si appresta a benedire la grande intesa tra Junker e
Schulz (il patto, tutto tedesco, già deciso) praticandola con soddisfazione già
in Italia con un pezzo del centrodestra. (…). Ha ragione quindi il “compagno
Ennio” quando afferma che in questa “campagna elettorale si è parlato delle
nostre miserie della vivisezione di Dudù”.
“Compagno Ennio”, ma dove stanno le responsabilità? Su quali orizzonti?
Voglio addolcire la mia argomentazione pensando a quella affettuosa e-mail
scritta di getto e di “primo mattino”. E lo faccio
regalando alla cortese attenzione e riflessione del mio carissimo interlocutore
un “pezzo” – “Due contendenti, una sola
logica: da seconda media” - garbato, ilare, ma incisivo assai, dello scrittore
Alessandro Robecchi pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 21 di maggio. Ha scritto
Alessandro Robecchi: Può essere anche divertente sedersi su un
sasso, in alta montagna, e vedere due stambecchi che si prendono allegramente a
cornate per il controllo di un cocuzzolo. Ma questo solo se siete in un
documentario sulla natura, o in vacanza, per cui a un certo punto spegnete la
tivù, oppure raccattate lo zaino e tornate a casa. Qui, invece la battaglia dei
due stambecchi avviene per il controllo di un territorio che sarebbe anche
nostro, intesi come italiani, e ha dei tratti peculiari assai sgradevoli. La
polarizzazione della campagna elettorale tra i due schieramenti principali (il
Pd renziano e il movimento grillino) nasconde infatti (parola sbagliata: non lo
nasconde affatto) qualcosa di profondamente autoritario, la certezza che il
dubbio non sia utile. Insomma: i due stambecchi non si limitano a offrire il
loro affannato spettacolino, ma pretendono adesione incondizionata, tifo da
ultras e arruolamento volontario. L’esercito grillino ha certezze granitiche e
incrollabili. Strano davvero per un movimento post-ideologico che dice un po’
tutto e il contrario di tutto, che propone (vagamente, va detto) un totale
ridisegno della società che in condizioni storiche normali richiederebbe anni,
idee, uomini di immenso spessore e altre cosucce che evidentemente mancano. Eppure.
Eppure chi non ci sta, chi non ci crede è nemico, con il corollario di insulti
e contumelie che conosciamo (è la superficie, certo, ma viene voglia di
fermarsi lì). Un impianto autoritario, insomma, forte del vecchio e frusto
concetto del “chi non è con noi è contro di noi”. Dall’altra parte, dalla parte
dell’altro stambecco, la cosa non è molto diversa e potrebbe sembrare
addirittura speculare. L’affermazione renziana (più volte ripetuta) che chi non
sta con questo governo non sta con l’Italia è un sillogismo molto caro ai
regimi autoritari. L’opposizione (chi non crede alle ricette di chi governa)
non è considerata parte di una dialettica politica, ma viene relegata tout
court a “nemica della patria”. O stai con Matteo o sei contro l’Italia, è il succo
(al netto delle parole d’ordine da seconda media, tipo gufi e rosiconi, che
valgono come gli zombie dell’altra parte, speculari anche in questo, gli
stambecchi), ed è un succo acido e indigeribile. (…). …o ci stai o sei nemico.
O ci credi o tifi disastro. Si aggiunge alla competizione tra i due stambecchi,
e ne è un portato ovvio, il richiamo alla “vittoria” come unica cosa che conta.
Vinciamo, noi, no, vinciamo noi. Insomma, lotta maschia e scontro di ego dove
il dubbio rompe solo le balle, la complessità è considerata una seccatura e la
logica binaria (dentro/fuori, vincere/perdere) è l’unica che conta. (…). Chi si
è stancato di assistere alla lotta a cornate può guardarsi intorno: magari il
cocuzzolo offre piccole, minoritarie, addirittura perdenti ma più dignitose
forme di vita. Forse non egualmente potenti, più aduse a frequentare il dubbio,
più “sostenibili” e che non chiedono arruolamenti. Ecco. Guardarsi in giro,
l’Europa e l’Italia sono abbastanza grandi, ci sono anche altre idee, altre
visioni del mondo, altri codici di comportamento che non pretendono adesione
fideistica, adorazione del capo o sanguinosi insulti a chi non ci sta o non ci
crede. La biodiversità è anche questo. Meglio sostenerla, prima che restino
solo stambecchi rabbiosi. Volendo ardentemente che “che il dubbio” non venga
a morire, facendo essa parte indispensabile per una vita degna d’essere
vissuta, confermo al mio carissimo interlocutore la mia scelta di voto per il
25 di maggio per le quelle “piccole, minoritarie, addirittura perdenti
ma più dignitose forme di vita”. Voterò la lista “L’altra Europa con Tsipras”. È, in fin dei conti, un buon
consiglio di voto. Per tutti quelli che hanno a cuore l’integrità del loro
pensare. Alle urne!
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