È che un tarlo continua a rodermi dentro. Pur a
distanza di tanti, tantissimi, lunghissimi anni. E sì che nel corso della mia
vita, seppur tra contraddizioni e speranze vane, sono riuscito a prendere le
dovute distanze da quella “impronta” che segna la vita di qualsivoglia
cittadino del bel paese. Intendo dire di quell’”impronta confessionale” che
solamente risolutive esperienze riescono a stingere ed a confinare in ambiti
che non siano in diretta relazione con la sfera della ragione. Rimane lì,
quell’”impronta”, nella sfera delle memorie, dei ricordi, delle esperienze
infantili o preadolescenziali ed ogni tanto riaffiora per segnalarti la sua
inquietante latente presenza. Poiché può accadere a chiunque di noi, a seguito
di una esperienza quotidiana, dalla visione di un film o dalla lettura di un
libro, di vedere riemergere dal profondo della coscienza quell’”impronta” lì
che pensavi d’avere cancellato. Come è accaduto a me. Con il riapparire, a
seguito dell’”impronta” di cui sopra, di un’immagine che ritenevo oramai
perduta nei meandri della mia memoria quasi senile. E mi rivedo fanciullo
confuso in uno stuolo di fanciulle pronti all’atto della prima comunione. E mi
rivedo con quel singolare al tempo – si usa ancor’oggi? - nastro bianco attorno
al mio braccio votato a ricevere e consumare il mio primo atto di “teofagia”.
“Teofagia”
come adesione, inconsapevole allora, ad una educazione dottrinale ammannita
indistintamente purché sia. Ed il tarlo torna a rodermi ancor’oggi dal di
dentro come in quelle mie verdi stagioni. Un tarlo profondo che chiama in causa
ora, come allora, una figura tra le più importanti ed inquietanti dell’intiero
impianto dottrinale. Quella del cosiddetto “spirito santo”. E sì che sulla
prima figura della triade non avevo e non ho nulla da dire ancor’oggi. È che
sulla prima figura, rappresentata doviziosamente ora con barba fluente ed
immancabilmente bianca, non proprio da padre pacione, ora come un triangolo
luminescente che sembra scrutare di sottecchi l’intero genere umano per un
giudizio di dio inflessibile e definitivo, su quella prima figura dicevo non ho
mai avuto molto da dire. Il mistero di essa, da nessun essere umano mai sensorialmente
avvertita od intravista, andava e va rispettato. Anche sulla seconda figura,
rappresentata ora come un giovane aitante biondo con occhi cerulei ed incarnato
da uomo di alte latitudini, ché viene a contraddire la sua storica collocazione
al mondo di uomo del medio oriente, oppure in tutte le altre improbabili
rappresentazioni - ché del soggetto non è stata tramandato segno alcuno -, sulla
seconda figura dicevo sono giunto nel tempo a stabilire un rapporto di
rassegnata accettazione stante la mia personale convinzione che della realtà
umana della stessa in fondo poteva pur starci un brandello di verità. Non di
più. Ma il tarlo che mi ha scavato dall’interno e che continua a scavarmi è
quando vado a ripensare alla terza figura della triade. Quello “spirito
santo” del quale non riesco ad immaginare una rappresentazione che dir
si voglia. Una colomba? Ma ha a che fare con la pace? Storicamente ne dubito. Ché
quella figura, peraltro, viene ad assumere nella precettistica un rilievo
imponente e determinante. Ovvero, d’ispirare le chiesa tutta ed il suo pastore
d’anime. Ed in quella dimensione il tarlo mio ha rosicchiato le certezze d’una
improbabile carica di fede instillata sin dagli anni più verdi della mia vita
come di altro qualsivoglia virgulto. Nell’occasione è stata la lettura di una
riflessione di Umberto Galimberti a risvegliare di brutto il tarlo mio. Sembra
proprio che l’illustre Aurore abbia atteso che la polvere calasse ed avesse il
tempo di posarsi pesantemente sull’evento mediatico di qualche giorno addietro.
E così, allontanato dall’attenzione dei media quel fatto divenuto nell’immaginario
collettivo straordinario, ha pensato di scrivere sull’ultimo numero del
settimanale “D” un pezzo che ha per titolo “Wojtila:
anche i santi sbagliano”. È qui che il tarlo della mia mancata fede
riemerge prepotente: “anche i santi sbagliano”? Ma
come, e lo “spirito santo” cosa ci sta a fare? L’illustre Autore, infatti,
ora che la polvere ha seppellito il clamore dell’accadimento, prende le giuste
misure per scrivere: Con tutto il rispetto per i devoti di papa
Giovanni Paolo II, qualche osservazione a margine del suo pontificato, dopo
l'onore degli altari. E qui non si fa omaggio alla Storia. Quella
grande per l’appunto. Ché di quelle osservazioni, nell’indifferenza dei più, la
grande Storia ne è testimone.
E qui mi soccorrono i miei preziosi ritagli. Il
ritaglio è del 30 di aprile dell’anno 2011 ed è a firma del teologo domenicano
Matthew Fox, espulso dall’ultimo papa dimissionario per le polemiche sollevate
sullo spirito anticonciliare della chiesa post-Wojtyla. Titolava la Sua
riflessione il già domenicano Matthew Fox: “Wojtyla
nuovo beato? Meglio di no, difese i violenti e non i giusti”. Non si era al
tempo arrivati ancora dalla beatitudine alla santità dell’uomo polacco. Di
seguito le 10 buone ragioni esposte dall’ex per non la non canonizzazione: 1- La
tradizione relativa alla pratica della canonizzazione fu seriamente compromessa
durante il pontificato di Giovanni Paolo II quando fu abolito l’ufficio
dell’avvocato del diavolo. Un riscontro immediato di ciò fu la canonizzazione
in tempi record di Josè Escriva, fondatore dell’Opus Dei. Una donna che aveva
collaborato con Escriva per 13 anni, ha denunciato in un libro i suoi attacchi
di rabbia, gli atteggiamenti maschilisti e offensivi, e il fatto che le fosse
stato impedito di prendere la parola in occasione dei processi per la sua
canonizzazione. Così come era accaduto a quanti lo avevano sentito pronunciare
parole di ammirazione a riguardo di Hitler. 2- Privilegi speciali furono
concessi direttamente da Papa Giovanni Paolo II a padre Maciel, noto per la sua
straordinaria capacità di far affluire denaro nelle casse della Chiesa e per
aver abusato sessualmente più di 20 suoi seminaristi. Anche dopo che questi
fatti furono resi noti, Giovanni Paolo II continuò ad appoggiare la persona e
la sua congregazione, i Legionari di Cristo, continuando a ordinare decine di
preti in affollati eventi in Piazza San Pietro. Come si venne poi a sapere,
padre Maciel aveva avuto due relazioni more uxorio e aveva abusato sessualmente
anche dei suoi quattro figli (…). Era stato inoltre un fiero sostenitore del
dittatore cileno Pinochet, responsabile dell’uccisione di oltre 700 tra preti e
suore. Nel mondo, numerosi altri casi di pedofilia all’interno del clero
avvennero sotto lo sguardo «distratto» del Papa e continuano ancora, come
testimoniano articoli recenti. 3- Papa Giovanni Paolo II, e Ratzinger a capo
dell’attacco, smantellarono e stroncarono quelli che furono probabilmente i più
importanti movimenti cristiani degli ultimi 500 anni di storia della Chiesa,
ovvero il movimento delle comunità di base e i movimenti di teologia della
liberazione in America Latina. Invece di sostenere i poveri e tutti quei
movimenti che stavano al loro fianco in nome di Gesù, Giovanni Paolo II
sostituì leader coraggiosi e votati alla causa della giustizia (come Oscar
Romero) con uomini dediti alle fortune dei ricchi e dei potenti. 4- Papa
Giovanni Paolo II stroncò i movimenti di rinnovamento liturgico più vivi in
Europa, ovvero quelli della Chiesa cattolica olandese. 5- Papa Giovanni Paolo
II ridusse la questione della leadership nella Chiesa alla nomina di vescovi la
cui unica qualità era quella di essere obbedienti yes men. La stessa strategia
è stata utilizzata per non affrontare in modo appropriato lo scandalo della
pedofilia nel clero. 6- Papa Giovanni Paolo II mise la Vergine Maria sul
piedistallo, ma non permise alle donne di avere incarichi nella Chiesa,
vietando ai preti di usare pronomi femminili per Dio (come se il femminile
divino fosse meno importante del maschile divino) e vietando alle donne di
essere sacerdotesse. 7- Quando cancellò la condanna a Galileo, dopo 450 anni,
Giovanni Paolo II dichiarò che la religione doveva imparare dalla scienza.
Eppure aveva appena redatto con il cardinal Ratzinger due documenti che
condannavano gli omosessuali senza pietà e senza nessun tipo di riscontro
scientifico. (…). 8- Papa Giovanni Paolo II, contrariamente agli insegnamenti
del Concilio Vaticano II, eliminò il principio della collegialità insieme al
pluralismo teologico e alla libertà di coscienza, sostituendoli con una
dittatura vaticana che si arroga il diritto esclusivo di nomina dei vescovi e
dell’insegnamento dell’unico «magisterium». 9- Ritorno alla Simonia. Non solo
lo scandalo di Padre Maciel fu liquidato con il denaro, ma il segretario
privato del Papa, un prete polacco (ora cardinale), chiedeva 50000 dollari per
partecipare alle messe private ufficiate dal Papa (Jason Barry lo ha riportato
sul National Catholic Reporter). 10- 91 teologi e attivisti di vari paesi
furono condannati sotto il pontificato di Giovanni Paolo II: un buon numero di
loro perse il proprio stipendio e il ministero, alcuni soffrirono di
esaurimenti nervosi o morirono di infarto sotto la pressione imposta dal
Vaticano. È qui che quel mio tarlo continua a rodermi a cominciare da
quel “Syllabus
complectens praecipuos nostrae aetatis errores” che è dell'8 di dicembre
dell’anno 1864. “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”. E lo “spirito
santo”? Già!
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