Ri-torno a parlarne. Della “squola” ovviamente. Di quella che i
buoni maestri sottolineano di rosso. Ché di quella “squola” serbo il ricordo più raccapricciante. Anche se oramai
sfumato dal tempo che è passato. Ri-torno a parlarne dopo aver ri-visto lo
stucchevole film di Daniele Luchetti “La
scuola” (1995), la sceneggiatura del quale si è avvalsa del contributo straordinario
di un profondissimo conoscitore della “squola”,
quella con la “q”, quale è Domenico Starnone. Questa volta mi sono trovato a
rivedere l’opera di Daniele Luchetti in buona e numerosa compagnia. Ne è venuto
fuori che il personaggio più “apprezzato” e più preso in considerazione di
stima dagli astanti non è stato il professor Vivaldi, magistralmente
interpretato dall’ottimo Silvio Orlando, ma quel tale Mortillaro, braccia
sottratte all’agricoltura come suol dirsi, insegnante – si fa per dire – nel
film della lingua francese. Le mie argomentazioni non sono valse a nulla. E sì
che mi sono provato a citare i risultati di una ricerca commissionata alla Hay
McBer dal Ministero inglese dell’Istruzione e del Lavoro. Una ricerca che, al
tempo, mi premurai di diffondere tra i miei colleghi ma per la quale ottenni
scarsissima considerazione. Se non commenti poco benevoli. Donde il ricordo
raccapricciante che ancora perdura di quella “squola”. O meglio, di quel tipo di scuola che definirei alla
“Mortillaro”. Dalla ricerca inglese ne veniva fuori il tratteggio di quello che
potremmo definire “un buon insegnante”. Lontano misure siderali dalla
macchietta umana del prof. Mortillaro del film di Daniele Luchetti.
Orbene
risultava al tempo che quello che suol dirsi “un buon insegnante” “è
gentile, è generoso, ti ascolta, ti incoraggia, ha fede in te, sa mantenere il
segreto, ama insegnare ai ragazzi, ama le materie che insegna, impiega tutto il
tempo necessario per spiegarti le cose, ti aiuta quando sei in difficoltà, ti
dice come vai, ti lascia parlare non ti trascura, tiene conto delle tue
opinioni, ti fa sentire bravo, tratta tutti in modo giusto, ti difende, ti dà
credito, dice la verità, sa perdonare”.
Ed il professor Mortillaro del film rappresenta la negazione vivente,
poiché essa la si ritrova, la negazione intendo dire, in quella che è la
cosiddetta “sala dei professori” di tutte le scuole del bel paese, di quel
profilo individuato dalla ricerca inglese. Uno stimolo la visione del film di
Luchetti e del grande successo del professor Mortillaro tra i convenuti. Uno
stimolo a proporre oggi l’interessante intervista di Fabio Gambaro a Daniel
Pennac pubblicata sul quotidiano la Repubblica del 23 di marzo dell’anno 2013.
Domandava Fabio Gambaro in quell’intervista che ha per titolo “L’ultimo della classe”: (…).
…parlerà della necessità della pedagogia? E Daniel Pennac: «Oggi
abbiamo bisogno di persone che cerchino di comprendere le paure di un
adolescente, prima ancora d´insegnargli qualcosa. È questa la funzione del
pedagogo. Quando insegnavo, cercavo sempre di capire i timori dei miei
studenti, proprio perché nella mia infanzia scolastica la paura - di sbagliare,
di non farcela, di non essere all´altezza - ha svolto un ruolo capitale. (…).».
Daniel Pennac non è il Mortillaro di turno. È semmai il professor Vivaldi di
quel bel film. Dei professor Vivaldi conservo lieto ricordo. È dei professori
alla Mortillaro che mi permane il ricordo raccapricciante. Al pari del
Mortillaro della finzione cinematografica mi sono ritrovato a convivere con i
Mortillaro della realtà, quelli che alla indagine inglese rispondevano “è
solo poesia!”. Volendo dire fuffa. Chiede Fabio Gambaro nell’intervista:
A
chi si contrappone la figura del pedagogo? «Al demagogo da un lato e al
mercante dall´altro. Purtroppo nella scuola non mancano i professori demagoghi,
quelli che fanno finta di essere degli adolescenti per conquistarsi la simpatia
degli allievi. È un atteggiamento che infantilizza sia i professori che gli
studenti. In realtà, i giovani hanno bisogno di confrontarsi con degli adulti
veri, la cui presenza li aiuti a costruirsi. Gli adulti devono indicare i
limiti, spingere allo sforzo intellettuale ed esigere una certe solitudine
riflessiva. Tutto ciò per insegnare ai ragazzi a riflettere da soli. Il
pedagogo è colui che riesce a far sentire agli allievi che l´esercizio
dell´intelligenza critica può essere una fonte di piacere. I demagoghi invece
propongono sempre le soluzioni più facili e soprattutto fanno sempre appello a
un´identità collettiva, una sola per tutti, dove si annulla ogni singolarità. A
scuola, ma anche al di fuori, nella corsa al consumismo, nella moda, nella
politica e perfino nella pratica artistica. Il demagogo è il pifferaio magico
che seduce e ci conduce al disastro». Perché i demagoghi oggi hanno tanto
successo? «Perché l´autorevolezza che nasce dall´esempio della singolarità si
fa sempre più rara. È sempre più raro trovarsi di fronte a un adulto capace di
pensare con la propria testa e di avere un comportamento indipendente, un
adulto che dia l´impressione d´essere veramente se stesso e non il prodotto di
mode e pensieri dominanti». Il successo della demagogia corrisponde a una
perdita globale di spirito critico? «Sì, ma la perdita globale di spirito
critico è figlia del bombardamento pubblicitario televisivo cui sono sottoposti
sempre di più i bambini e i giovani. La pubblicità stuzzica in permanenza il
loro desiderio di possedere (che in loro viene immediatamente confuso con un
desiderio d´essere), trasformandoli tutti in clienti. Il pedagogo deve provare
a decostruire questa situazione, tentando di trasmettere il piacere di comprendere,
in modo che un allievo possa anche decidere di riflettere invece di passare il
suo tempo a consumare. Il che è già una manifestazione di spirito critico».
(…). Ecco il punto: al professor Mortillaro di Daniele Luchetti “la
necessità della pedagogia” nella
vita di un professore è solo “poesia”. Non per niente il refrain ricorrente
sulle tumide labbra del professor Mortillaro del film e dei Mortillaro da me
conosciuti nella scuola reale è sempre stato: - Caro collega io do per quanto
lo Stato mi da. Poco mi da, poco sono disposto a dare -. W la “squola”!
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