Gracchia il citofono. Chiedo: -
Chi è? -. Lei: - Buon giorno, non mi conosce ma posso farle una domanda? -. Sono
le 9 del mattino. Comincia bene la giornata! La voce è giovanile. Mi concedo per
la domanda. – Secondo lei qual è il male del mondo? -. Da stendere chiunque. Rispondo:
– Il danaro -. Lo smarrimento dell’intervistatrice deve essere enorme. Di certo
non si aspettava una rispostaccia del genere. Scorre del tempo che sembra una
eternità. L’intervistatrice ha però il tempo per riprendersi. Propone la sua
versione. – Sì, il denaro va bene, ma del demonio cosa ne pensa? -. Oh dio, ora
cosa c’entra il buon diavolo che nella economia del creato avrà pure il suo
provvidenziale ruolo? Ribatto: - Penso che il vero demonio del mondo sia il
danaro -. Mi verrebbe a questo punto di considerare finita l’intervista. Ma mi
sento cortese alle 9 del mattino. La replica arriva, questa volta velocissima: –
Sì, ma per sconfiggere quel demonio che lei dice cosa bisognerà fare? -. Rispondo:
- Che gli uomini crescano un tantino di più, che se ne facciano una ragione,
che maturino una maggiore consapevolezza del valore della propria vita -. Lei insiste:
- Ma c’è Dio che sconfiggerà il demonio e renderà il mondo migliore e più
giusto -. Mi sento sconfitto. Il demonio è l’unica identità reale che la mia
intervistatrice riesca a pensare ed in cui credere. Per mia fortuna il suo benaugurante
“buongiorno” chiude l’anomala intervista al mio citofono. Credo di poter dire
essersi trattato di un incontro al citofono con una di quelle meravigliose
persone che dedicano il loro tempo libero per la salvezza dei loro miscredenti
fratelli in umanità. Di quelle meravigliose persone che per strada consegnano con
un sorriso, quasi sempre, un foglietto che riporta passi del libro dell’antico
testamento. Con quelle meravigliose persone si potrebbe interloquire all’infinito
ma sarà impossibile rimuoverle dalle loro convinzioni.
Avessi avuto più tempo e
senza apparire sconveniente avrei invitato l’ignota intervistatrice a leggere
il resoconto di Vanna Vannuccini apparso sul quotidiano la Repubblica del 29 di
aprile – “Da Gerico a Re Salomone la
Bibbia smentita dagli archeologi israeliani” -: Secondo la Bibbia (…) gli
israeliti avevano attraversato il Giordano a Bet Shan e Gerico e di lì erano
penetrati nella Terra d’Israele conquistandola ai canaaniti. «L’archeologia
diventò un vero e proprio hobby nazionale negli anni 50 e 60», dice Herzog (Zeev
Herzog professore della facoltà di Archeologia di Tel Aviv n.d.r.). «Le
nazioni nuove trovano un sostegno nell’archeologia per rafforzare la coesione
nazionale, rifondare la nazione. E i figli degli immigrati avevano bisogno di
relazionarsi con la terra. Diventò una passione collettiva, per questo io
stesso sono diventato archeologo ». «Così abbiamo scavato e scavato. Ma
lentamente sono cominciate ad apparire le prime contraddizioni. E alla fine
tutti questi scavi ci hanno rivelato che gli israeliti non erano mai stati in
Egitto, non avevano mai vagato nel deserto, né avevano conquistato militarmente
la terra per poi consegnarla alle Dodici tribù d’Israele. Nessuno degli eventi
centrali della storia degli israeliti veniva corroborato da quello che
trovavamo. Nei tanti documenti egiziani per esempio non c’è traccia dell’esodo,
vi si parla invece dell’abitudine di pastori nomadi di entrare in Egitto nei periodi
di siccità e accamparsi sulle rive del Nilo. Al massimo l’esodo può aver
riguardato qualche famiglia, la cui storia era stata poi allargata e
‘nazionalizzata’ per ragioni teologiche ». (…). Di tutte le contraddizioni con
il racconto biblico quella più difficile da digerire, per chi ha sempre creduto
che la Bibbia sia un documento storico, è che il grande Regno di Davide e
Salomone, che le Scritture descrivono come il culmine della potenza politica,
militare ed economica del popolo d’Israele, un regno che secondo il Libro dei
Re si estendeva dalle rive dell’Eufrate fino a Gaza, sia, come dice Herzog,
«una costruzione storiografica immaginaria ». «La grandezza del regno di Davide
e di Salomone è epica, non storica. Forse la prova ultima è che di questo regno
non abbiamo mai conosciuto il nome», dice Herzog. «Gerusalemme, per esempio, è
stata quasi tutta scavata. E gli scavi hanno dato una quantità impressionante
di materiali dei periodi precedenti e successivi al Regno unito di Davide e
Salomone. Di quel periodo invece non è stato trovato nulla, tranne qualche
pezzetto di coccio. Quindi non è che non abbiamo trovato nulla perché magari
abbiamo scavato nel posto sbagliato. Abbiamo trovato una quantità di materiale
che ci dimostra come al tempo di Davide e Salomone Gerusalemme non fosse che un
grosso villaggio, dove non c’era né un tempio centrale né un palazzo reale.
Davide e Salomone erano capi di regni tribali che controllavano piccole aree,
David a Hebron e Salomone a Gerusalemme. Contemporaneamente si era formato
sulle colline della Samaria un regno separato. Israele e Samaria sono stati
dall’inizio due regni separati e a volte avversari». Sarebbe bastata questa
lettura ad indurre la mia meravigliosa intervistatrice a mettere da parte il
suo “demonio” come il male più grande del mondo? Ne dubito. Così come mi viene
da dubitare in atteggiamenti suoi diversi se le avessi proposto di leggere “Se Dio è onnipotente, perché non impedisce
il male?” del professor Umberto Galimberti pubblicato sul settimanale “D”
il 14 di aprile dell’anno 2012. Sosteneva l’illustre Autore: Scrive
Plotino nella VI Enneade: "Se Dio è sceso in terra, certo non è venuto per
starci vicino". Penso che il problema del male, che sembra confliggere con
la bontà di Dio, sia un problema che riguarda solo i credenti. Gli atei hanno
almeno il buongusto di non attribuire a Dio il male di questo mondo, partendo
dal concetto, ben espresso da Ludwig Feuerbach, secondo il quale: "La
coscienza che l'uomo ha di Dio altro non è che la coscienza che l'uomo ha di se
stesso". Una tesi questa che potrebbe essere condivisa anche dai credenti,
dal momento che, nell'inconoscibilità della natura divina da loro stessi
ammessa, è possibile leggere l'inconoscibilità che l'uomo ha di se stesso. A
questo fondo inconoscibile dell'uomo Freud ha dato il nome di
"inconscio" dove albergano pulsioni di vita e pulsioni di morte, per
cui, scrive Freud: "L'uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d'amore,
capace al massimo di difendersi quando è attaccata; è vero invece che occorre
attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose di aggressività. Ne
segue che egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale soccorritore e
oggetto sessuale, ma anche un oggetto su cui magari può anche sfogare la propria
aggressività, sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, abusarne
sessualmente senza il suo consenso, sostituirsi a lui nel possesso dei suoi
beni, umiliarlo, farlo soffrire, torturarlo, ucciderlo. Homo homini lupus: chi
ha coraggio di contestare quest'affermazione dopo tutte le esperienze della
vita e della storia?". I credenti, che non accettano le spiegazioni
"atee" di Feuerbach e di Freud, possono seguire l'indicazione di
Paolo De Benedetti, insigne teologo e biblista, nonché docente emerito di
giudaismo alla Facoltà Teologica di Milano, il quale, commentando quel passo di
Luca, 22,42 in
cui, nell'orto del Getsemani, Gesù chiede: "Padre, se vuoi, allontana da
me questo calice, tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà",
osserva che Gesù non dice "se puoi", ma "se vuoi", come se
il Padre possa volere il bene solo se con la nostra preghiera lo aiutiamo, e
perciò, in un suo saggio che titola come il versetto del Padre nostro: Ma
liberaci dal male, De Benedetti scrive: "Il lato oscuro di Dio è la sua
debolezza che fa di lui 'il nascosto' (Isaia, 45,15), colui che cerca l'uomo:
"Uomo, dove sei?" (Genesi, 3,9), perché Dio perderebbe tutti i suoi
attributi se mancasse l'uomo. Dio può qualcosa solo se noi glielo chiediamo: la
petizione finale del Pater noster, paradossalmente è un aiuto a Dio perché sia
Dio, sia più Dio. Perché il suo lato destro vinca il suo lato sinistro". E
se proprio qui si palesasse il senso dell'alleanza di Dio col suo popolo com'è
nella tradizione ebraica, e il mistero dell'incarnazione, che i cristiani
assumono come fondamento della loro religione, dove l'alleanza di Dio con
l'uomo giunge fino al punto del sacrificio del Figlio di Dio per la salvezza
dell'uomo? Ma per questo i cristiani devono abbandonare l'impostazione teologica
di derivazione greca che fa di Dio l'assolutamente separato dalla condizione
umana, perché da qui nascono i problemi che rendono inconciliabili la bontà di
Dio con la sua onnipotenza, e credere di più nella loro religione dove Dio, per
esser Dio, chiede aiuto agli uomini. Ecco, avrebbe accettato mai la mia
intervistatrice l’idea di un Dio che fa dell’alleanza con gli uomini il suo
punto di forza? E che solo tramite essi riuscirà, forse, a redimere quel kantiano
“legno
storto” che avvelena la vita di tutti gli esseri viventi della Terra in
nome del suo dio danaro?
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