Una “giornata particolare”
questa mia. Una giornata insolita. Una giornata che potrei definire tutta “al
femminile”. Non fatevi fuorviare. Non è la “giornata particolare”
descritta dalla celeberrima opera cinematografica di Ettore Scola. Quella che è
stata narrata con sublime raffinatezza e maestria – (1977), premio Oscar come
miglior film straniero - risale ad una “giornata particolare” del 6 di maggio dell’anno 1938. La Roma è fascista
da un bel pezzo ed accorre per
festeggiare quell’Hitler venuto in visita al “duce” dell’Urbe. Una “giornata
particolare” per Antonietta – Sophia Loren -, sfiancata da ben sei
maternità e dalle fatiche casalinghe, moglie di una "camicia nera" e fascista
pur essa. La fuga salvifica da quell’ambiente tutto “in nero” del pappagallo
di casa le farà incontrare il coinquilino Gabriele – Marcello Mastroianni,
premio Oscar -, già annunciatore dell’E.I.A.R licenziato con l'accusa di "sovversivismo",
ma, in realtà, per essere diversamente uomo. La comprensione e le sensibilità
affini dei due hanno il sopravvento ed aprono i loro animi a confidarsi le pene
del vivere. Alla sera di quella “giornata particolare” Antonietta
tornerà ad essere la “femmina” al servizio del marito e della famiglia, Gabriele
sarà portato via dai poliziotti ed inviato al confino politico. Per qualcuno
una lussuosa vacanza! La mia è pur sempre una “giornata particolare”. Senza
eroismi, senza enfasi.
E sicuramente potrebbe aver scritto il professor Umberto
Galimberti - “Perché gli uomini non
capiscono le donne” sul settimanale “D” dell’8 di giugno dell’anno 2013 - a
proposito della “giornata particolare” di Antonietta e Gabriele così magistralmente
raccontata da Ettore Scola in quello stupendo film: Da dove viene la paura dell'altro
che spinge i maschi sempre più insicuri a perseguitare il simbolo di ciò che
non riescono a comprendere? (…). C'è infatti donna e donna così come c'è uomo e
uomo. C'è però una linea di tendenza o una sorta di frequenza che ci consente
di dire che, a differenza del maschio, la donna, (…), è biologicamente e
psicologicamente "due", nel senso che il suo corpo, sia che generi
sia che non generi, è fatto per l'altro, e la sua psiche si configura nella
forma della relazione, per cui anche la sua sessualità, a differenza di quella
maschile, trova la sua espressione a partire dalla relazione. (…). Non
confrontandosi mai con l'altro, che sfugge persino alla loro percezione, i
maschi tendono prevalentemente a vedere i loro bisogni, i loro desideri, le
loro aspirazioni, e a concepire il massimamente altro da sé, che è la donna,
sul modello di quella prima donna che hanno conosciuto: la madre che, (…),
incondizionatamente accudiva, curava, soddisfaceva. Questa povertà psichica dei
maschi non consente loro di elaborare i conflitti e, non conoscendo minimamente
la loro parte femminile, che potrebbe consentir loro di capire chi è una donna,
passano all'atto, che è lo scatenamento della loro forza fisica al pari degli
animali. (…). Così (…) non capiscono che nei rapporti d'amore non sono le buone
ragioni, ma la forza e l'ampiezza del sentimento a far comprendere le esigenze,
quando non le sofferenze, dell'altro. Ma per questo è necessario che l'altro
sia davvero concepito come "altro", e non come cosa propria di cui si
può disporre a piacimento. Nell'evoluzione della specie il percorso di
emancipazione dei maschi è ancora lungo, e non è facilitato se l'emancipazione
femminile segue percorsi maschili. È come se nella mia “giornata
particolare” mi fossi trasformato nel “Gabriele” di Ettore Scola. Non certo
su di un set cinematografico ma nell’incombenza quotidiana. Oserei dire nel
vivo della vita. Anzi delle vite comprese ed incontrate in una “giornata
particolare” come questa mia che ho di già definita “al
femminile”. All’edicola. La giovine donna mi accoglie per il secondo
giorno consecutivo nella sua edicola. Il sorriso è luminoso. Consegnatimi i
quotidiani indugia sulle mie scelte di lettura. Mi dice di non sopportare più
la politica “gridata”, dell’”insulto”. Mi confida la sua
determinazione di votare, per la prima volta, il partito del presidente del
consiglio in carica. Colgo un attimo di delusione e smarrimento allorché le confido
pur io le mie intenzioni di voto prossimo. Non voterò il partito al quale sono pur
iscritto ma mi riapproprierò della mia libertà di votare secondo il mio
sentire. La delusione suscitata nella giovine donna si allenta allorquando la
incoraggio a votare così come sente di votare e di fare proselitismo stante la
caratteristica propria del suo lavoro che la mette in contatto con una
pluralità di soggetti. Mi pare di non persuaderla in tal senso. Sostiene come difficilmente
le riesca di interloquire con i suoi avventori maschi, così come con le sue avventrici
ben poco interessate agli argomenti della politica. La lascio con la certezza
che quel breve comunicare le abbia arrecato gratificazione. Al negozio di
ninnoli. La “giornata particolare” è al femminile. Mi accoglie un viso
giovane con incastonati due splendidi occhi azzurri. Chiari, luminosi. È sorridente
la venditrice dei ninnoli. Acquisto un ninnolo per il mio “ninnolo” più
piccolo. In verità ne ha di già avuto uno ma lo ha smarrito. Lo ricompro. La giovine
donna dagli occhi di color del mare ricorda della mia precedente venuta nel suo
negozio. Conosce la mia condizione di “nonno”. E mi confida d’avere amato oltre
ogni misura i suoi nonni. Mi confida pure della nonna ancora in vita. Adora quella
nonna affetta dal “morbo di Alzheimer”. I suoi
occhi si riempiono di grossi lucciconi. E mi confida che quando la sua attività
di venditrice di ninnoli glielo consente trascorre il suo tempo libero ad
assistere ed accudire quella sua nonna. A “lavarsela tutta”, a “pettinarsela
tutta”, a “spupazzarsela tutta” per come arriva a dirmi. A “coccolarsela
tutta” quella povera nonna per la quale la luce sembra spegnersi sempre
di più. E mi confida di farlo sapendo che saranno ben rari gli spiragli di luce
in quella mente quasi già spenta tali da renderle un sorriso. Ma non le importa.
Ama quella sua nonna. Una storia stupenda, le dico andando via con il cuore stretto
così. Al museo cittadino. È sola nel vasto ambiente. Che è deserto. Mi accoglie
sollevando lo sguardo dal volume “Ritratto di signora” del romanziere
americano Henry James. Ad occhio stimo essere una cinquantenne. Capisco che ha
desiderio di parlare tanto per riempire il vuoto di quelle ore di solitudine. I
visitatori devono essere sempre ben pochi. Le chiedo del suo lavoro. Mi parla della
sua precarietà lavorativa, dello sconforto che le deriva e della accettazione
per una condizione per la quale non si intravvedono soluzioni migliori. Mi confida
di quella libertà che il suo lavoro le concede: di leggere in santa pace i suoi
autori preferiti. E mi racconta di una precedente esperienza in un altro settore
lavorativo dalla quale asserisce di non avere avuto riconoscimenti e considerazioni
di sorta. E mi racconta di quella volta che, istruendo una documentazione da
sottoporre al suo capo – alla “capa” mi dice ironizzando, appartenendo
il superiore al suo stesso genere – si sentì apostrofata con supponenza – ed ignoranza
- per aver scritto: “Si delibera a seguito dell’istanza
presentata dal Signor…”. Poiché per quella “capa”, quanto scritto dalla
vorace lettrice di Henry James, mal si
accordasse con il presentatore al maschile dell’istanza. Veramente una “giornata
particolare” questa mia!
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