"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 16 febbraio 2019

Sullaprimaoggi. 61 «Per uscire dall’odio servono o no i valori cristiani?».


Tratto da “Oltre il buio, l’umanesimo” di Giuseppe Genna, pubblicato sul settimanale L’Espresso del 10 di febbraio 2019: (…). «Chi non vede la rinnovata ipocrisia, il disprezzo della volontà dei popoli, la gerarchia delle potenze? E nell’interno degli Stati ancora faziosità, incomprensione, violenza, decadere progressivo del senso umano della vita sociale e l’intrinseca debolezza della istanza democratica. Le responsabilità di questo stato di cose sono di tutti noi»: è una descrizione impressionante del presente ed è stata scritta da Moro a due anni dalla caduta del fascismo, quando la democrazia incompiuta stava facendosi, anche grazie a Moro stesso. Le condizioni storiche sono tutte attive: dalla volontà dei popoli che viene disprezzata al predominio delle gerarchie di potenze transnazionali, che si esprime oggi in una richiesta di diminuzione della democrazia partecipata, con spinte totalitarie esplicite, in fase di germinazione e pronte a maturare. Patria, famiglia e ordine, (…), sono tornati a essere i “valori” dell’età sovranista, in cui padre Antonio Spadaro, nello scorso numero di questo giornale, ravvede l’esito di una «colonizzazione ideologica», che ha sostituito la paura alla pietà come reazione prima all’apparire dell’altro. L’articolo di Moro si intitolava “Ritorno all’uomo” e non ritorno alla teocrazia. (…). Se oggi si chiedesse a un istituto di ricerca un sondaggio sull’eventuale ritorno di un soggetto politico a ispirazione cristiana (che il quotidiano Libero si è affrettato a definire «il partito degli orrori») si otterrebbero dati prossimi al 2 per cento. Una fotografia del presente, che è frutto della strategia cattolica all’indomani dell’estinzione della Democrazia Cristiana, (…).
Si sbaglierebbe tuttavia a considerare numericamente la faccenda del ritorno di un simile movimento politico. «La sistemazione teorica generale in questo Paese fa premio», affermò in tempi sospetti Romano Prodi (in Italia qualunque tempo è sospetto). E forse da quei tempi bisogna partire per riflettere.
Pasolini non poteva prevedere il crollo della cosiddetta Prima Repubblica, dalle cui ceneri emerse il consenso a Silvio Berlusconi, rispetto al quale l’allora capo dell’episcopato italiano, Camillo Ruini, propose lo sdoganamento, certificando la fine dell’unità politica dei cattolici e mostrando di «apprezzare consonanze o adesioni anche parziali (quelle di Forza Italia, ndr) sui temi dell’insegnamento sociale cristiano». Ciò che restò a ergersi sempre e compattamente contro la deriva iperliberista del berlusconismo, (…), fu tuttavia il nucleo della sinistra democristiana, ovvero l’erede del discorso umanista di Moro, tra i cui nomi si possono registrare quelli di Sergio Mattarella e Leoluca Orlando. Che, per nulla improvvisamente, ad altezza 2019 sono uno, nelle vesti di Presidente della Repubblica, il garante della tenuta democratica e l’altro il principale oppositore delle politiche portuali di Matteo Salvini, contro cui ha il coraggio di intraprendere uno scontro istituzionale senza precedenti. È un radicalismo cattolico antagonista all’idea dell’identità chiusa, che vorrebbe intestarsi Salvini in persona, col suo goffo tentativo di accreditarsi in Vaticano. Si tratta piuttosto di un’idea di uomo che ripristina nell’azione politica i valori evangelici dell’amore, della pietà, della dialettica: ovvero la metà in ombra dell’astro politico cattolico, (…). Esistono ferite aperte nel discorso pubblico, alle quali la sinistra maggioritaria non è stata e non pare in grado di proporre suture e superamenti: il conflitto con religioni spacciate per aliene o il travestimento delle più perniciose istanze del capitalismo sotto spoglie di sovranismo - cioè il condizionamento di un popolo che non è più tale, perché ridotto a termitaio: nemmeno a termitaio, bensì a massa indistinta di individui presso cui la solidarietà è diventata un disvalore, a partire dall’idea stessa che la comunità funzioni politicamente attraverso la concessione di una delega di rappresentanza.
Ad altezza 2019 non è più vero che sia anzitutto la lingua a offrire i sintomi del mutamento. Al disumanismo dell’estrema destra ora al governo si oppone in ogni caso l’umanismo cattolico. E tuttavia, da scrittore, non posso ignorare i sintomi della lingua. Del resto, come intuì Leonardo Sciascia a proposito di Aldo Moro, era la letteratura stessa a spiegarne la tragedia (sostantivo di natura letteraria). Testimonia Pietro Boselli che il giovane Moro studiava per ore sul balcone di casa e, affranto dalla stanchezza, restava in bilico sul parapetto fino a notte fonda. In “Amerika” di Franz Kafka, il protagonista Karl Rossman si trova confinato sul balcone e lì accanto, anch’egli su un balcone, c’è uno studente che non fa altro che studiare, non dorme mai, studia sempre e Karl gli chiede quando dorme: «Già, dormire: quando avrò finito gli studi». (…).

Nessun commento:

Posta un commento