"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 21 dicembre 2018

Lalinguabatte. 68 «I flagelli che minacciano il mondo».

Riportava il glorioso quotidiano l’Unità nella Sua “striscia rossa” del 6  di ottobre dell’anno 2008 una dichiarazione resa all’agenzia Ansa il 3 ottobre di quell’anno dalla “Comunità di Sant’Egidio”: «La sequenza di atti di razzismo in Italia è impressionante: Napoli, Milano, Parma, Roma. Ma c’è chi non si vergogna, da posizioni di responsabilità nelle amministrazioni pubbliche e in Parlamento, ad incitare al disprezzo verso immigrati, rom, romeni, islamici, di volta in volta. C’è un clima irresponsabile e irrespirabile di “caccia al diverso” che rischia di ammalare la convivenza nelle nostre città». Sembra la chiosa alla cronaca dei tristissimi fatti di questi nostri giorni. Scriveva a quel tempo il settimanale “Famiglia cristiana” in un editoriale: “Mentre i capi di Stato all’Onu facevano il punto su come ridurre povertà e fame entro il 2015 (Obiettivi del millennio), c’è chi ha preferito restare a casa tra massaggi e tisane. Ma la risposta alla cooperazione allo sviluppo l’Italia l’aveva già data: zero euro di spesa. Inutile, quindi, andare a New York”. L’editoriale di “Famiglia cristiana” aveva per titolo: “Calpestare i diritti umani è un crudele boomerang”. L’autorevole settimanale parlava senza perifrasi di “crudeltà”. Tanto tempo addietro – il 14 di maggio dell’anno 2008, un decennio - Aldo Schiavone pubblicava sul quotidiano “la Repubblica“ un editoriale che portava come titolo “La sindrome del nemico”, editoriale del quale trascrivo di seguito una parte che offro alla riflessione di tutti gli uomini d’oggi di “buona volontà”: (…). È l´intero Paese (si parlava del bel paese n.d.r.) ad essere scosso da un brivido che viene dal suo fondo più buio, e che in qualche caso sta assumendo i tratti di una vero e proprio riflesso condizionato. Paura di non farcela, di non riuscire a padroneggiare il proprio destino, di vedere polverizzati i legami sociali su cui si pensava di poter contare, di non sapere più gestire problemi anche elementari di convivenza, di confronto con la diversità. Paura di vedersi ridotti i propri spazi di vita, le proprie risorse, il proprio tempo. Paura di scoprire nell´altro il nemico, alla soglia di casa. Ebbene, dobbiamo avere il coraggio di dire che se questa sindrome del nemico si radica nei nostri comportamenti collettivi, se diventa una parte - anche minoritaria ma pur sempre attiva - del nostro contesto culturale, del nostro vissuto sociale, del nostro sfondo mentale, allora noi saremo perduti. Perduti come Paese, perduti come società viva e capace di innovazione, di slancio, di sviluppo. Perduti, in una parola, come protagonisti sulla scena del mondo. Diventeremo una comunità chiusa e ringhiosa - come non siamo mai stata - senza futuro e senza storia. Questo, naturalmente, non ha nulla a che fare con problemi effettivi di gestione della sicurezza urbana e di repressione dell´illegalità, che dobbiamo saper affrontare in modo efficiente e realistico, e anche diverso rispetto al passato. In questo senso, ogni sforzo di razionalizzazione delle misure e dei provvedimenti da parte del nuovo governo non potrà che essere benvenuto. Ma ha molto a che fare invece con un´ideologia della serrata, (…), della chiamata a raccolta delle forze sane, della difesa di una nostra identità immaginata come minacciata e in pericolo, di un rifiuto di tolleranza e di confronto, che si sta pericolosamente diffondendo, che ha i suoi propugnatori e adepti, e che rischia di immettere tossine nei nostri pensieri di cui proprio non avremmo bisogno. E c´è qualcosa di più da aggiungere. Questa non è solo una questione di etica - che pure non sarebbe cosa da poco. È in gioco la nostra capacità e la nostra volontà di continuare a rimanere un Paese moderno, o di uscire fuori dal vento della storia. Chiusi e intolleranti si muore. Aperti e accoglienti si vince. Non c´è altra verità. E dunque il problema non è di scegliere fra due strade entrambe praticabili, ma di come attrezzarci per poter percorrere l´unica possibile. Come far sentire meno soli i nostri cittadini, meno abbandonati a se stessi nella gestione di ogni convivenza culturalmente più complessa, più rassicurati dalla vicinanza dello Stato e delle istituzioni. Più protetti, e più aperti. (…)“. Ci ha lasciato scritto Ryszard Kapuscinski (1932-2007) nel Suo volume “Imperium” (Feltrinelli): «Tre sono i flagelli che minacciano il mondo. Primo, la piaga del nazionalismo. Secondo, la piaga del razzismo. Terzo, la piaga del fondamentalismo religioso. Tre pesti unite dalla stessa caratteristica, dallo stesso comun denominatore: la più totale, aggressiva e onnipotente irrazionalità. Impossibile penetrare in un mente contagiata da uno di questi tre mali».

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