"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 20 gennaio 2018

Storiedallitalia. 81 “La profezia di Zagrebelsky”.



In “La profezia di Zagrebelsky: Berlusconi farà la fine di Craxi”, che all’epoca fu una intervista di Silvia Truzzi al professor Gustavo Zagrebelsky - pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 20 di gennaio dell’anno 2011 - una parte almeno di essa non si è verificata, ovvero quella “fine” da latitante alla quale l’uomo venuto da Arcore sembrava essere destinato. A differenza del latitante di Hammamet l’uomo, superate le bufere etico-politiche che lo hanno interessato, si ripresenta nell’avanspettacolo della politica de’ noantri come l’uomo della provvidenza e di una prospettiva (inesistente) nuova per la mefitica aria politica che si respira. È mai possibile che una tale aberrazione abbia a compiersi? È che dopo ben sette anni da quella intervista le cose “politiche” si sono così contorte da mettere in conto un “ritorno” che il buon senso escludeva sino all’altro giorno – politicamente parlando -. È che la mitridatizzazione operata nel suo nero, infausto ventennio ha reso il paese – con la “p” al minuscolo – insensibile a qualsivoglia richiamo al buon senso, all’etica della politica e dei comportamenti sociali e personali. Un veleno quel ventennio che continua ad agire nell’indifferenza dei tanti se non dei più. E questo inestricabile groviglio di mal di vivere e di quant’altro fa sì che quella profezia dell’illustre pensatore non si sia e non si possa verificare. Soccorre per la sostenibilità di quanto scritto una cronaca di questi giorni, aggiornati a sette anni dopo quella intervista, cronaca magistrale ed emblematica del male profondo che affligge il paese per la penna di Curzio Maltese pubblicata sul settimanale "il Venerdì di Repubblica" del 5 di gennaio u.s. che ha per titolo "Nel paese dei corrotti guai agli onesti": (…). La più chiara e profonda analisi dello scandalo di oggi è stata già fatta nel 1980 da Italo Calvino nel famoso e sempre rimosso Apologo sull'onestà nel Paese dei corrotti. "C'era un Paese che si reggeva sull'illecito" era l'incipit del racconto di una nazione dove gli scandali, il malcostume, le ruberie, l'abuso di potere non erano soltanto fenomeni diffusi - come altrove - ma a differenza che nel resto del mondo civile non comportavano alcuna sanzione sociale. La corruzione era ed è da noi considerata funzionale alla società, ragionevole, lecita e quasi benemerita. In ogni caso è giustificata dal diritto di non soccombere in un mondo di ladri. La difesa dei molti tifosi dei ladroni è la stessa: gli altri fanno peggio. A volte è vero. La legge o la morale sono applicate in maniera tanto casuale, che quando accade, fra la sorpresa generale, gli occasionali imputati possono facilmente gridare al complotto. Ma come, perché indagano ora? Perché mi devo dimettere proprio io? In quell'Italia così simile alla nostra, Calvino non invitava alla rivolta, ma avanzava la modesta proposta di lasciar comunque campare in pace gli unici soggetti a disagio: gli onesti. Senza la pretesa di ergersi a società o reclamare la propria superiorità - ci mancherebbe - almeno agli onesti fosse concesso di sopravvivere come controsocietà anomala. Ed ecco la differenza, l'impossibilità oggi di essere onesti. Il corpo della nazione è così malato che gli anticorpi attaccano le parti sane. Gli onesti sono emarginati, perseguitati, derisi come imbecilli. A marzo tornerà al potere un ottuagenerio pluricondannato che, fra l'altro, ha fatto votare al Parlamento della Repubblica che Ruby Rubacuori era la nipote di Mubarak, con  ministri tra quelli che avevano votato, i Gasparri, le Meloni, i leghisti. Sono appena stati al governo quelli che, col padre o i sodali implicati, facevano il giro delle sette chiese per farne salvare la banca. Ma non erano pressioni, certo. Pensate come sarebbe stata diversa la storia se Nixon se la fosse cavata dicendo di aver "fatto valutare" ma senza pressioni l'intercettazione dei democratici, se i tedeschi avessero finto di credere a un Helmut Kohl sbalordito di avere a sua insaputa conti in Svizzera. Agli onesti rimane di fingersi fessi o pazzi, emigrare se giovani e se anziani, togliersi di mezzo. Come quel Luigino pensionato che ha perso i risparmi di una vita nel crac di Etruria e si è impiccato dopo aver scritto una lettera di scuse alla famiglia. Perché qui, dopo gli scandali, sono gli onesti a suicidarsi per la vergogna. È increscioso doverlo sottolineare - stante la stima che avvolge la Sua persona ed il Suo pensiero -, ma ha di fatto sbagliato il professor Zagrebelsky nella Sua “profezia”, poiché, se pur avvezzo alla (mala)vita politica del paese, non avrebbe mai e poi mai ipotizzato che un simile raggiunto degrado delle sensibilità collettive consentisse un “ritorno” indecoroso non tanto per l’uomo di Arcore – che in verità ha agito per spianarne la strada – quanto per il paese tutto immerso nella più terribile delle sue crisi politico-istituzionali. Chiedeva Silva Truzzi al professor Zagrebelsky quel 20 di gennaio dell’anno 2011, mancando ancora l’avvio di quell’azione della comunità europea che dieci mesi dopo avrebbe decretato il “licenziamento” dell’egoarca di Arcore:
(…). Professore, nell'appello (dell’associazione “Libertà e giustizia” n.d.r) scrivete: “In nessun altro Paese democratico un primo ministro, indagato per così gravi capi di accusa, rimarrebbe in carica”. - La situazione è esplosiva: si confrontano nel Paese due contendenti ed entrambi fanno leva sulla parola democrazia. Da una parte chi pensa che il presidente del Consiglio debba dimettersi, dall'altra chi pensa sia in atto una congiura antidemocratica ai danni del premier. L'Italia è spaccata -.
Come può accadere? - Qualcuno fa un uso privato della parola democrazia -.
Cioè? - Da una parte c'è un'idea di democrazia secondo cui chi è eletto è sotto la legge. Gli altri pensano che chi viene eletto sia sopra la legge -.
Il consenso elettorale sarebbe uno scudo giudiziario automatico? - Volendo semplificare, è la vecchia antitesi di Aristotele tra governo delle leggi e governo degli uomini. Nel secondo caso, chi detiene il potere produce le leggi che gli fanno comodo. La differenza tra queste due concezioni di democrazia che oggi albergano, fronteggiandosi, in Italia è che una corrisponde alla democrazia liberale – ed è una conquista delle due Rivoluzioni, francese e americana –; l'altra può avere una pericolosa deriva autocratica. Berlusconi non a caso ha evocato, in un discorso a proposito di un suo processo, il giudizio dei ‘pari’: lui può essere giudicato solo dagli eletti in Parlamento e non dai magistrati -.
(…). Nell'appello di Libertà e giustizia si chiede un intervento tempestivo da parte del Quirinale. - È il ruolo del Colle, secondo la nostra Costituzione. Napolitano può far sentire la sua voce per denunciare questo scollamento. Che è preoccupante -.
Siamo arrivati all'ultimo atto? - O vince uno o vince l'altro -.
Vede rischi? - Questa situazione è destinata ad andare avanti fino allo scontro finale, che non esclude prove di forza. Ma certo queste non saranno a opera dei giudici -.
Che significa “prove di forza”? - Manifestazioni, boicottaggi. D'altra parte il presidente del Consiglio dice di non riconoscere i giudici -.
Il ministro Mara Carfagna in tv ha detto: “La Procura di Milano è un nemico politico da 16 anni”. Discorso eversivo? - Certo. Ed è pericoloso perché queste cose all'inizio si dicono timidamente. Poi, a furia di ripeterle, diventano verità assolute. Goebbels diceva: una menzogna ripetuta mille volte diventa verità. È la propaganda. Un deputato del Pdl ha detto che l'iniziativa della Procura di Milano è un golpe -.
Passano per certezze di rango costituzionale bufale incredibili. Tipo la competenza del Tribunale dei ministri. - Sì, qualcuno si è inventato questa tesi e l'ha messa in giro da qualche giorno. Bisognerebbe dimostrare che intervenire nella procedura di affidamento di un minore fermato (la nipotina di Mubarak n.d.r.) rientra nelle funzione del presidente del Consiglio dei ministri. Non basta che il reato sia commesso mentre l'indagato è in carica come Primo ministro. La Costituzione sennò sarebbe stata formulata così: “Per tutti i reati commessi durante il mandato dei ministri e del presidente del Consiglio...”. Invece si parla di “esercizio delle proprie funzioni”. Vuol dire che, durante il mandato, i membri del governo possono commettere due tipi di reato: comuni e afferenti alle competenze. Ma l'esercizio delle funzioni del presidente del Consiglio consiste in atti politici. Non in atti finalizzati a coprire le proprie magagne personali -.
Torniamo a Napolitano. Ha detto: si faccia chiarezza in fretta. - Il senso del suo discorso credo sia: si smetta di alimentare lo scontro istituzionale. Deve essere la Cassazione a dire se l'iniziativa dei pm è sbagliata. Mi pare che Napolitano sia preoccupato, perché il fine di questo scontro sembra la prevalenza di una parte sull'altra. Non può essere così -.
Se il presidente della Repubblica è così preoccupato del tentativo di elusione della legge, avrebbe potuto esercitare il potere di rinvio delle varie leggi ad personam. - Sono due cose diverse. Questa vicenda va oltre, perché al fondo ha semplicemente il tentativo di una persona di sottrarsi ai giudici. Del resto è la ragione di fondo della “discesa in campo” di Berlusconi. La sorte di questo signore, nel momento in cui non fosse più presidente del Consiglio, sarebbe segnata non politicamente, ma giudiziariamente -.
È l'anomalia italiana. - La democrazia è un sistema in cui, quando un Primo ministro cessa di essere tale, torna a casa sua. Tutti gli altri regimi implicano che la fine di una carriera politica sia traumatica -.
Come se ne esce? - Si aspetta che si creino degli anticorpi all'interno della maggioranza. E si continua a insistere: non esistono due democrazie, ma una sola. Che ha due gambe: il diritto e il consenso degli elettori -.
Ci sarà un redde rationem? - Non vedo una via di uscita tranquilla. Immagino qualcosa di simile alla vicenda Craxi. Il regime personalistico non prevede alternative. Leo Strauss e Alexandre Kojève nel loro Sulla Tirannide riportano un dialogo di Senofonte tra Gerione, tiranno di Siracusa, e il poeta Simonide. Gerione dice: non ho nemmeno la possibilità di ritirarmi a vita privata, perché sarei inseguito da tutti coloro verso i quali ho commesso soprusi. Posso solo scegliere di sparire -. Intervista illuminante, poiché essa rischiara quel buio profondo succedutosi all’allontanamento dell’uomo di Arcore con il sopraggiungere dell’uomo di Rignano sull’Arno, che avrebbe fatto sue le indegne, aberranti argomentazioni del suo predecessore. Ed il paese ha continuato ad aggrovigliarsi in un inestricabile intreccio di malaffare ed assoluta indifferenza per la “salute” delle istituzioni e dei comportamenti personali dei singoli cittadini.

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