Da “Siamo un
po’ tutti disonesti che, in fondo, si sentono onesti” di Malcom Pagani, pubblicato
su “il Fatto Quotidiano” del 24 di gennaio dell’anno 2017: Salvo Ficarra e Valentino Picone
– F e P per il lettore – dicono che non se l’aspettavano e smistano
complimenti. (…).
Gli spettatori si felicitano? F: Non solo su
Facebook, anche su altri siti. Tra i commenti entusiasti ce n’è uno che ci ha
colpito. Uno spettatore sostiene che L’ora legale faccia riflettere, che è un
soffio di vento contro la disonestà e che dopo averlo visto ha finalmente
compreso l’esigenza di pagare le tasse per ottenere i servizi.
È tutto molto edificante. P: Se non fosse che lo stesso spettatore conclude il suo messaggio rammaricandosi per la qualità dell’immagine. ‘È un po’ mossa – scrive – però poi ci si abitua’. Ed è lì che io e Salvo capiamo che lo ha scaricato illegalmente.
Non male. F: Prima si indignano e poi lo
scaricano illegalmente, capisce?
Quindi? P: Quindi come abbiamo provato a
raccontare nel film c’è un Patanè, un disonesto che non si sente tale in ognuno
di noi.
Cosa volevate raccontare? F: Volevamo far
ridere raccontando un tema che ci sta a cuore. Per far ridere ci siamo spinti
molto in là con le caratterizzazioni. Ci pare che non si sia offeso nessuno
però. Una ragazza di Pisa ci ha scritto che si è arrabbiata, ha sofferto ed è
tornata a casa con un peso sulle spalle da elaborare. ‘Sono in cammino’,
sottolinea.
È preoccupante. Non vi intimorisce essere
accostati alla categoria del cinema civile? Qual era l’obiettivo iniziale? P:
Il desiderio di raccontare un aspetto della vita italiana. Se si ferma per
dieci minuti in un bar, qualcuno che straparlando dice che i politici sono
tutti cornuti lo trova senz’altro. E insieme a quello, trova anche il
contraltare: un avventore che risponde e controbatte: ‘Ma qualche
responsabilità ce l’abbiamo anche noi’. Ecco, sull’anche noi, io e Salvatore
abbiamo costruito un film.
Come sintetizzereste il significato de L’ora
legale? F: Un film che spinge a rimboccarsi le maniche. Tutti, nessuno escluso.
E lei, Picone? P: Un film che racconta che
il primo passo, da solo, non basta. Non è che si va a votare e poi buonanotte.
Si deve controllare, vigilare, controllare l’operato di chi abbiamo eletto. La
partecipazione popolare non può limitarsi al solo giorno delle elezioni per poi
magari, come diceva qualcuno, fottersi la matita.
Ficarra è d’accordo? F: Paolo Borsellino
diceva che la rivoluzione inizia nelle urne. E non diceva ‘inizia’ a caso.
Quello è solo il primo tempo, ma per vincere la partita devi continuare a
correre e a controllare. A parole l’onestà la sbandierano tutti, ma ci pare che
in giro, anche se è ancora una sparuta minoranza a portarne avanti le istanze,
ci sia voglia di cambiamento.
Vi sembra che la storia del sindaco
acclamato come portatore sano di onestà e poi rapidamente ripudiato abbia
agganci con la realtà attuale? F: Quando abbiamo visto che Virginia Raggi
chiedeva l’Imu al Vaticano proprio come fa il sindaco di Pietrammare con il
pretino Leo Gullotta ci siamo quasi arrabbiati: ‘Ma questa che fa? Ci ruba
l’idea?’. In verità il film non parla dei politici, ma parla di noi.
Oggi la vera Raggi sembra in grande
difficoltà. Un contrappasso inevitabile? P: Il nostro Natoli somiglia a tutti i
sindaci che dentro di loro sanno di essere onesti, non di quelli che si
proclamano onesti. Vale per Raggi, ma potrebbe valere anche per Marino, Renzi e
Berlusconi.
Non vi fa paura essere accostati alla
categoria del cinema civile? F: È civile chiunque provi ad affrontare un tema
con ironia secondo me. In Nati stanchi raccontavamo che non era il lavoro a
mancare, ma la nostra voglia di sgobbare: ‘Se andiamo a faticare, chi andrà al
bar? Non vogliamo essere considerati responsabili del crollo economico
dell’isola’.
Siete stati molto criticati per il vostro No
al Referendum costituzionale. P: Ci hanno rimproverato: ‘Vi siete schierati’.
Lo rifarei mille volte e lo trovo non solo giusto, ma quasi doveroso. Non mi
viene chiesto di rivelare il mio voto che è segreto e che tengo a mantenere
tale. Mi viene chiesto di esprimermi sull’acqua pubblica o sulla Costituzione.
Il grande Paolo Valenti, lasciando 90° minuto anni fa in punto di morte, rivelò
di essere tifoso della Fiorentina. Era solo calcio e già allora si temeva di
schierarsi. Sono passati molti anni, ma il timore di infrangere chissà quale
equilibrio rimane identico.
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