Da “Hanno
distrutto i nostri valori” di Tomaso Montanari, pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 3 di ottobre dell’anno 2017: (…). L’Italia così com’è (segnata
dalla massima crescita europea della diseguaglianza, Regno Unito escluso) è un
prodotto del Pd, che – insieme ai partiti di cui è erede, nella formula del
centrosinistra – ha governato più a lungo di Berlusconi. Lo smontaggio dello
Stato, la distruzione del pubblico e la negazione sistematica di pressoché
tutti i principi fondamentali della Costituzione sono da imputare al Pd almeno
quanto a Forza Italia. Arrivati a Renzi, il problema non è stato il
“personalismo” (pure odiosamente pervasivo): ma la definitiva distruzione dei
diritti dei lavoratori (Jobs act), la spallata finale alla scuola pubblica (la
Buona scuola), la mazzata inflitta all’ambiente (lo Sblocca Italia di Maurizio
Lupi), la mercificazione completa del patrimonio culturale e la fine della
tutela (la “riforma” Franceschini) e via elencando. Con Minniti, poi, siamo
arrivati all’eradicazione dell’articolo 10 dalla Costituzione e a una politica
securitaria per la quale i militanti di Fratelli d’Italia e Lega si spellano le
mani. Un partito che blocca lo Ius soli mentre approva un maxi-condono per l’abusivismo
edilizio: è questo il Pd. (…). Votare Pd per fermare la destra vuol dire
ripetere l’errore di chi era convinto che la visione di Sanders fosse utopica e
minoritaria e ha imposto la Clinton in nome del “realismo”: sappiamo com’è
finita. Fermare la destra facendo la politica della destra serve solo a
rinviare lo schianto finale, rendendolo ancora più devastante. In tutta Europa
sono nati movimenti radicali di sinistra (che usino o meno questa parola nel
loro nome), che contestano alla radice lo stato delle cose e le politiche di
centrosinistra degli ultimi vent’anni, rigettano il dominio della finanza sulla
politica e rivendicano il diritto di governare puntando al “pieno sviluppo
della persona umana” e non obbedendo al mercato. Tutti partiti meno “a
sinistra” di papa Francesco, sia chiaro: tanto per dire quanto sia insensato
parlare oggi di “centrosinistra” sul piano culturale. (…). Ma un simile
progetto non può certo iniziare sostenendo gli alfieri dello stato delle cose.
Alle prossime elezioni ci saranno tre, diverse, destre: quella padrona del
marchio, i 5stelle di Di Maio e il Pd di Renzi. Una sinistra che voglia
rovesciare il tavolo dello stato delle cose non può allearsi con nessuna delle
tre. E i numeri? Si può decidere di rivolgersi solo al 50% che vota, o
decidersi finalmente a parlare all’altra metà del Paese, con un linguaggio
nuovo e radicale. È la metà riemersa il 4 dicembre, determinando la vittoria
del No: laddove i flussi elettorali dimostrano che l’ 85% dei votanti Pd ha
scelto il Sì. Siamo, dunque, a una scelta di campo. L’oracolare Giuliano
Pisapia ha infine detto che sarà al fianco del Pd, mentre MdP deve ancora
decidere: tutti gli altri vogliono un quarto polo. Non so come finirà: ma se ci
si divide tra chi vuole lasciare tutto così com’è, e chi vuole invertire la
rotta non è uno scandalo, è onestà intellettuale. Lo scandalo è non averlo
fatto prima: oggi saremmo al 20 per cento. O al governo.
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