"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 12 luglio 2014

Quellichelasinistra. 5 “Quelli che dicono che la sinistra è morta”.



“Quellichelasinistra” che dicono che la sinistra “è morta”.  “Quellichelasinistra” che provano a spiegarne il motivo del decesso e non lo trovano. “Quellichelasinistra” che non trovano di meglio che alla domanda dell’intervistatore “Le feste a cui partecipava col sorriso comunista, i capitalisti che frequentava, e quella comunione con volti particolarmente aderenti all’opposto vagheggiato. Un ossimoro più che un compagno” provano a rispondere in questi termini: - Pensavo che la mia vita, la mia giovinezza, la mia storia familiare, il mio lavoro di operaio, le lotte a cui ho partecipato potessero immunizzarmi. Ero così tanto distante da quel mondo e ritenevo che nessuno potesse trafugare il mio volto e cambiargli colore -. Così Fausto Bertinotti risponde ad Antonello Caporale su “il Fatto Quotidiano” del 10 di luglio - “Le feste mi hanno rovinato, la sinistra ora ha 5 stelle” -. Ora mi va di divagare. Ma so già del vostro sorriso sornione, che vedo dipinto sui volti dei più, del vostro sottile sarcasmo per quanto mi sento di pensare e di scrivere. È che ritenendomi ingenuamente appartenere a “quellichelasinistra” ho sempre posto ai primissimi posti una disposizione dell’animo che un tempo veniva definita della “solidarietà”. Non voglio sollecitare ed accendere il vostro sorriso maligno né tanto meno il vostro sarcasmo che più sarcasmo non si può ma tantissimi anni addietro, avendo acquistato un’auto proveniente da quelli che al tempo erano denominati i paesi dell’est, ovvero del cosiddetto “socialismo reale”, ai commenti poco cortesi dei conoscenti ed amici rispondevo che intendevo in tal modo aiutare i “compagni cecoslovacchi”. Ed l’immancabile sorriso beffardo dei  miei interlocutori spuntava puntuale su quelle labbra che avevano dianzi criticato la mia scelta d’acquisto. Bene. Al tempo della “grande crisi”, tuttora imperante, altri gesti della cosiddetta “solidarietà” mi è parso di compiere acquistando lo jogurt dai “compagni greci” o le comodissime scarpe dai “compagni spagnoli”, greci e spagnoli i primi a cadere sotto i colpi del dissesto finanziario che è stato all’origine della “grande crisi”. Ho sempre creduto che per “quellichelasinistra” siffatti gesti, seppur simbolici, facessero parte di quella naturale condizione dello spirito di “quellichelasinistra” per l’appunto. Ovvero, di vivere o di rivivere di quello che al tempo si definiva il “solidarismo internazionale”, cancellato dagli effetti nefasti della globalizzazione che al contrario tende a mettere a confronto, in una gara selvaggia e senza senso, gli uomini dei vari paesi per abbassare sempre di più l’asticella delle loro speranze e delle loro conquiste sociali ed economiche. Sostiene nell’intervista il Bertinotti Fausto: - Ho le mie responsabilità e ne sopporto il peso. Parlo da vinto, da commentatore, da chi ha consumato il suo impegno politico. Mica ho da domandare -.
Ed al cronista che maligno sciorina “Quanti errori però” abbozza una risposta del  tipo: - Uno più di tutti mi brucia: non essermi reso conto che alcuni miei comportamenti potessero essere scambiati per commistione con un ceto simigliante a una casta -. È che al Bertinotti Fausto è sempre mancato ciò che Alberto Asor Rosa definisce il senso di  superiorità". Ma quello buono, sincero e vero proprio di “quellichelasinistra”. Quel senso che l’illustre pensatore definisce bene nell’intervista a Simonetta Fiori del 24 di agosto dell’anno 2013 che ha per titolo "Dobbiamo recuperare il senso di  superiorità". Per l’appunto. Sostiene Alberto Asor Rosa alla domanda se ha ancora senso oggi parlare di sinistra. "Sì, certo. Ma tenendo conto di un elemento che mi sembra sia stato trascurato".
Quale? "Che la storia della sinistra è strettamente intrecciata alla storia del pensiero dialettico. E questo non a caso. Quando la sinistra si manifesta, alla fine del Settecento, e quindi si manifestano le prime consistenti espressioni del pensiero dialettico, in ambedue i casi ciò avviene perché la società circostante si spacca in due. E si spacca in due materialmente prima che intellettualmente".
È la storia della classe operaia. "Appunto. Una lunga storia da cui non sono dissociabili Hegel e Marx. Oggi la situazione sociale ed economica tende a rendere più irrilevante il conflitto, o per lo meno a nasconderlo dietro paraventi di ogni natura. La crisi agisce nel senso di attenuare o rendere meno auspicabile il conflitto. E sul piano politico le due componenti storiche tendono ad assomigliarsi sempre di più. Con un enorme vantaggio per la destra, che si giova del fatto di rappresentare lo stato delle cose esistente".
Tradotto in altri termini, per esistere la sinistra ha bisogno di riscoprire la dialettica. "(…). L'apparente scomparsa del conflitto non significa l'esaurimento delle sue ragioni. Il mondo così globalizzato contiene elementi di sfruttamento e diseguaglianza più profondi e più radicali rispetto a prima. (…). Oggi la sinistra italiana dovrebbe raccogliere i segnali di sofferenza e dolore che arrivano dal corpo sociale. Segnali diversi e perfino contraddittori - mi riferisco alle due sofferenze contrastanti del lavoro e dell'ambiente - ma che possono essere ricomposti in una strategia meditata".
Lei ha scritto di recente che la nuova linea del Piave è la difesa della legalità. (…). "(…). Basta conoscere la storia italiana degli ultimi trent'anni. Gli argini al degrado del sistema politico e istituzionale sono stati posti dalla magistratura e non dalla politica. E dunque nemmeno dalla sinistra, che ha a lungo aggirato l'ostacolo tentando inverosimili confronti".
(…). Per anni lei aveva sostenuto (…) la trasformazione del Pci in un agile partito riformatore. Poi quando Occhetto mise fine al partito comunista, lei s'infuriò. "Scusi, ma ciò a cui oggi assistiamo è il terribile effetto finale della scelta occhettiana. Chi sul piano storico potrebbe darmi torto? Occhetto trasformò una battaglia sacrosanta in una improvvisazione teatrale. Da quel momento, che coincide con la dissoluzione di un partito di due milioni di iscritti, è cominciato il terribile degrado della sinistra".
(…). Marco Revelli dice che gli eredi della sinistra non sono stati all'altezza dei compiti. Una débâcle generazionale. Ma questo cosa vuol dire: che solo una guerra e una lotta contro la tirannide consolidano gli uomini? "Risposta non facile. Per quando riguarda la generazione del Sessantotto sto per dire una cosa che non dovrei dire, avendo praticato l'operaismo per vent'anni: ma temo che sia stata bruciata dal suo estremismo, cioè dalla scarsa capacità di mettere in relazione i mezzi con gli obiettivi".
(…). La sinistra non ha saputo più interpretare i processi sociali. "Di più: non ci ha nemmeno provato. Da trent'anni ha smarrito il nesso tra cultura e politica. E ha rinunciato a un modello interpretativo intellettuale da mettere al servizio di una pratica politica. La società viene lasciata alla sua disgregazione".
Sinisteritas, dice Cacciari. Inettitudine. "Ma quale sinisteritas. Io direi piuttosto superioritas. La sinistra deve recuperare questo senso di superiorità".(…).
Quel senso di superioritàche conduce a scelte di campo inequivocabili senza intendimenti si sottobanco. Antonello Caporale: Fatto sta che la sua storia si è conclusa e le resta sul groppone una sconfitta cosmica. (…). - È morta la sinistra. Non dico il comunismo, c’era stato il muro di Berlino a ricordarci le pietre che schiacciavano i nostri corpi. Ma il socialismo sembra scomparso, piegato. Simultaneamente alla forma avanzata di capitalismo. Ci avevano detto che il mercato si autoregolamenta. E abbiamo visto: siamo tornati all’800 -.
Non c’è più sinistra e destra. - No, tutto finito. Ora è l’alto contro il basso. È il tempo della post democrazia. Molti sono gli inclusi nel sistema politico, con un partito di governo che è il Pd e un leader con tentazioni autoritarie e una luccicante venatura neobonapartista. Dileggia il ceto dirigente, riduce a un cofanetto le assemblee elettive. Poi ci sono gli esclusi, quelli che stanno fuori, i barbari -.
(…). Lei parla in quale veste? - So di appartenere a un mondo concluso. Per tutta la vita abbiamo pensato che il nostro obiettivo fosse fare la rivoluzione. E s’è visto dove siamo giunti. Oggi ci sono parole innominabili. Per esempio non è più spendibile quella di padrone. I capitalisti ci dicevano meraviglie della globalizzazione, vero? Eccoci qua. Non è più pronunciabile la parola, non si può dire padrone altrimenti rechi offesa. E sempre oggi, che nel mondo esiste il più alto numero di operai, quella classe è cancellata dalla società, i diritti si assottigliano fino a divenire inconsistenti. Se tu nasci per cambiare il mondo, e poi il risultato è questo, non puoi cavartela con: scusate, abbiamo sbagliato -.
È triste convenire e spero non si dispiaccia, ma lei proprio non può cavarsela così. - Lo so, lo ammetto. Sono un vinto -. (…). È che dalle labbra del Bertinotti Fausto sembra sparita la parola “solidarietà”. Che non la si coltiva nei salotti buoni del cosiddetto “generone romano”. Punto.   

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