“Chi è l’Impostore” si chiedeva Clotilde
Buraggi, psicoterapeuta, all’inizio della campagna elettorale dell’anno 2001, figura
molto diffusa fra il personale politico del bel paese che ha fatto scadere la
politica gettando i cittadini nell’assoluto sconforto? “Chi è l’Impostore”, che
al tempo nel quale il breve saggio fu scritto – “L’impostore e il suo pubblico: un rapporto perverso” - aveva “in
analisi” ben altro personaggio della politica, personaggio privato oggigiorno
dei diritti politici per una grave condanna per frode fiscale? Il “chi
è l’Impostore” al tempo d’oggi è domanda assillante e che cerca lumi e
risposte che possono arrivare solamente dalle menti scientifiche e dai cultori
delle dottrine psicoanalitiche. Dai cosiddetti “professoroni”, così
tanto in antipatia agli arrembanti reggitori della cosa pubblica. Allora…
Chi è,
dunque, l’impostore? L’impostore è una persona che si autodefinisce, proprio
come il bambino che si dice da solo ’Sono bello, sono buono’, indipendentemente
dalle opinioni degli altri. Tale rappresentazione di sé (Sandler 1985)
l’impostore non la dà solo a se stesso per autoconvincersi delle proprie
qualità ma cerca di imporla agli altri, prescindendo dalla realtà. È una
autorappresentazione, quindi, che non è basata su ciò che egli realmente è ma
piuttosto su ciò che egli vorrebbe essere. (…). La realtà non gli mette limiti
(…). Quando parla agli altri, l’impostore ha uno stile ampolloso e un tono
autocelebrativo molto lontano dallo stile ironico e dimesso delle persone
veramente intelligenti che conoscono le molte sfaccettature del reale e non
sostengono fanaticamente nessuna ipotesi. L’impostore ha bisogno di essere
accettato e a questo scopo cerca di farsi simile al suo pubblico. (…). Ogni
bambino e bambina nel suo processo di sviluppo cerca di rendere simile la
propria personalità a quella del padre (o della madre) imitandolo/a e poi
identificandosi; ma questo non è il caso dell’impostore. Egli, infatti, assume
una personalità diversa dalla propria non per identificarsi con la persona che
finge di essere ma per appropriarsi della potenza di un altro perché egli non
ne ha nessuna. L’impostore è in cerca di un Io. (Greenacre 1958). (…). L’impostore
avrebbe strutturato (…) un ideale dell’Io esaltato dalla madre e impedito nella
sua realizzazione da un padre castrante, sentito dal bambino come l’unico
possibile detentore della potenza sessuale. Capovolgendo quindi nell’opposto la
propria immagine svalutata, frutto di un’impossibile identificazione con il
padre, e seguendo le illusorie aspettative della madre, l’impostore avrebbe
concepito un ideale dell’Io troppo elevato per lui (Aarons 1970, 1990) e troppo
sproporzionato alle sue capacità reali. (…). L’impostore cerca con tutte le
forze di convincere se stesso e gli altri che sia vera la personalità che egli
esibisce e che indossa come un costume mascherato per nascondere la propria
debolezza. Se gli altri non accettano le sue falsificazioni; si sente una
vittima (Deutsch 1955) e sente come un attacco il rifiuto degli altri a
trattarlo come lui vuole apparire; a tale attacco è capace di reagire in modi
aggressivi e arroganti, diversi dal tono seducente e sorridente che egli di
solito usa per ingraziarsi gli altri. Secondo Helen Deutsch (1955), la
personalità dell’impostore ha una basso livello di organizzazione dell’Io ed è
costituita da identificazioni multiple non sintetizzate. (…). Secondo la
Greenacre (1958), l’impostore avrebbe un narcisismo patologico, un senso
disturbato della realtà e della propria identità, la sindrome del piccolo pene,
e una ammirazione esagerata per la madre. (…). La Argentieri (2000), che ha
affrontato il problema della malafede, molto affine all’impostura, ritiene che
in tale patologia vi sia un difetto nella organizzazione mentale di base
descritta da Gaddini (1981), con una angoscia di integrazione che si oppone
difensivamente all’integrazione del Sé e che congela grosse quote di
aggressività. L’impostore, infatti, che di solito si presenta con modi
affabili, ha in realtà dentro di sé una grande aggressività, di solito ben dissimulata,
che scarica quando riesce a sedurre gli altri e che si manifesta, come ho detto
sopra, anche violentemente, quando un critico non accetta le sue simulazioni,
facendogli sentire smascherata la sua impotenza. Un’altra delle caratteristiche
dell’impostore, legata alla sua difettosa gestione della aggressività è la sua
incapacità di tollerare i conflitti. (…). L’impostore ha una prodigiosa
capacità di sedurre (Finkelstein 1974), di affascinare, di stregare, di
illudere, di rassicurare; di scoprire quello che il suo pubblico è pronto a
credere ed è avido di sentirsi dire. (…). Così sembra che stiano le
cose secondo la dottrina. E nel reale vissuto? Come riconoscere simile
inquietante figura aggirantesi tra di noi? Un “rosicone” la vede così: “Renzi è solo un insicuro e non ci
rottamerà” che è il titolo dell’intervista di Silvia Truzzi a Stefano
Rodotà, intervista pubblicata su “il Fatto Quotidiano” dell’1 di aprile ultimo:
- Sono
un vecchio signore che qualche libro l’ha letto e un po’ conosce la storia .
Questi modi hanno un retrogusto amaro. (…). C’è, dietro l’atteggiamento
sprezzante di Renzi, una profonda insicurezza. Altrimenti il confronto non gli
farebbe paura. Potrebbe parlare con dei buoni consiglieri e poi argomentare: il
confronto andrebbe a beneficio di tutti. (…). -.
La discussione non può ridursi al “prendere
o lasciare”. - Matteo Renzi usa toni ultimativi, non gli piace la critica
perché si disturba il manovratore. Non è la prima volta: quando c’era stata una
presa di posizione, molto moderata, sulla legge elettorale aveva parlato di “un
manipolo di studiosi” con un tono di sostanziale disprezzo. Però non gli riesce
di rottamare la cultura critica: è un pezzo della democrazia. (…). -.
“Ho giurato sulla Carta, non su Zagrebelsky
e Rodotà”: significa “non mi curo di loro” oppure “non sono i depositari della
verità costituzionale”? - Che Renzi pensi che noi non siamo i depositari della
verità è assolutamente legittimo. Però non può nemmeno dire: “Ho giurato sulla
Costituzione e dunque sono io il depositario della verità”. La storia è piena
di spergiuri. Se ritiene che il terreno proprio sia la Carta, allora discuta -.
Ci vuol tempo a fare discussioni. E ora è in
voga il mito della velocità, la politica futurista. - I tempi della democrazia
sono anche quelli della discussione. Proprio perché la democrazia è in grande
sofferenza, si dovrebbero costruire ponti verso i cittadini. Non si è sentita
una parola, in questo senso. Ho avuto la fortuna di essere amico di Lelio
Basso, cui si deve anche l’articolo 49 della Costituzione sui partiti politici:
Basso ha sempre detto “dobbiamo discutere”. E su quel tema una discussione ci
fu, eccome. Non a caso c’è, in quell’articolo, la mano di un grande giurista,
che non aveva paura né del confronto né di avere con sé il meglio della cultura
giuridica. Questo c’è dietro un’impresa costituzionale, non la fretta, non i
consiglieri interessati o i saggi improvvisati.
“Non ci sto a fare le riforme a metà. O si
fanno le riforme, o me ne vado”. - Il premier dimostra di non avere orizzonti
ampi. Alza i toni, urla e dice “me ne vado”. Ma chi si alza e se ne va, svela
insicurezza -.
Un aut aut minaccioso. - Mettiamo insieme la
debolezza di Renzi e la scelta di Berlusconi come suo alleato, con cui pensa di
potere fare questo tratto di strada. Il Pd può accettare a capo chino questa
strada? Nessuno si pone il problema. (…). -.
Ci mette la faccia, ripete spesso. - Può
voler dire “mi assumo la responsabilità”. Ma non può significare “da questo
momento in poi detto le regole, i tempi, i modi e poiché la faccia ce la metto
io mi dovete seguire”. La democrazia non funziona così. (…). -.
Non è il primo politico che usa toni da uomo
della provvidenza. - Sono sempre molto diffidente, quando si afferma “dopo di
me il diluvio”. In questi anni la politica italiana, ancor prima di Renzi, è
stata condotta all’insegna dell’emergenza. Non si va alle elezioni, c’è bisogno
del governo Monti e via dicendo: i progetti che c’erano dietro questa logica
sono falliti -. (…). L’Eugenio dei dirompenti “ditirambo” pro-magicopifferaio
ha scritto ieri sul quotidiano la Repubblica – “Rompere il cerchio magico per salvare il governo” –: Non mi sembra che per il governo italiano le cose vadano così bene come
ci si aspettava e come Renzi e la banda di musicanti che accompagnano il suo
piffero ci avevano fatto intendere. Non sembra a Bruxelles e neppure a Roma,
tanto che lo stesso nostro presidente del Consiglio ha detto: “Attenzione. O le
riforme andranno a buon fine nel tempo e nei modi giusti oppure io me ne
andrò”. Non è un bel modo di ragionare perché potrebbe darsi che sia la
tempistica che le riforme volute da Renzi siano sbagliate e in quel caso
sarebbe positivo avere qualcuno che le corregga nel modo più appropriato.
Dopodiché Renzi può ringraziare e restare dov’è oppure ringraziare e andarsene;
un sostituto si trova sempre e non è una catastrofe. Che sia un
improvviso, provvidenziale ravvedimento del grande columnist? Si direbbe che non
è mai troppo presto!
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