Questo è un post inconsueto per questa rubrichetta
senza pretese. “Doveravatetutti”? La domanda per l’appunto, che stava bene se fatta
al passato, poiché chiedeva conto, in quel tempo andato, un passato prossimo
ancora vivo in milioni di cittadini del bel paese, chiedeva conto a quella
larghissima parte della pubblica opinione, dell’indifferenza e della colpevole
assenza verso i tentativi del sig. B. di sovvertire un ordine costituto a tutto
beneficio della sua parte. È che quando essa è nata, la rubrichetta senza
pretese intendo dire – il 14 di settembre dell’anno 2011 –, la sua ragione d’essere
stava tutta nella ventennale, continua e senza cedimenti opposizione, da parte di
una fetta consistente della cosiddetta “società civile” – società della
quale mi sento di far parte -, verso quel tentativo di snaturare il convivere
politico e sociale del Paese. Oggi questa rubrichetta senza pretese non parlerà
– come sempre - al passato ma guardando al futuro di tutti noi. Lo spunto mi è
dato dalla lettera aperta, riportata su “il Fatto Quotidiano” di oggi 29 di
luglio - “Caro Presidente, è il momento
di aprire gli occhi” -, che Sandra Bonsanti ha indirizzato al Presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano. Scrive infatti Sandra Bonsanti in un passo
- che anticipo - della lettera: Un giorno i tuoi e i miei nipoti si
chiederanno: ma voi da che parte eravate? Con chi stavate? Col partito unico
renziano o con i dissidenti che chiedevano spazio e ascolto? Ecco il
punto: un “doveravatetutti” che tutt’oggi non è ancora Storia.
Poiché la fonte chiara e limpida di quella che un tempo si definiva come la “sinistra”,
ovvero la “Dialettica” intelligente e pacata, si è inaridita come per
sempre. Mi ha scritto un incauto, spericolato, “di parte” nonostante
tutto, navigatore della rete approdato su questo blog dopo la mia decisione di
sottoscrivere l’appello de’ “il Fatto Quotidiano” a tutela della Costituzione –
nel tipico idioma della terra dei Bruzi -: “Aldù, cchi c.......cunti! Scusami la
volgarità, ma quando cce vo cce vo!” (l’ortografia è tutta dell’autore
n.d.r.). Ha scritto Sandra Bonsanti…
Caro presidente Napolitano, ti
scrivo ancora nella consapevolezza di non recarti eccessivo fastidio perché
anche questa mia letterina, come la precedente, non ti raggiungerà o comunque
non riuscirà a scalfire le tue certezze. Anche io ho ormai qualche certezza. E
la prima in assoluto è che stiamo vivendo giorni che passeranno alla storia: il
governo, che impone al Parlamento una nuova Costituzione secondo un progetto
nato fuori dal Parlamento sul quale forse saranno sentiti i cittadini, ma solo
dopo perché esso non ha mai fatto parte di un programma elettorale. (…). Tutti,
oggi, siamo chiamati a dire come la pensiamo: con gli scritti, con le firme,
con le cose dette in aula. Perdonami una citazione. Riguarda un articolo di
Francesco Flora che il 26 agosto del 1943 scrisse sul Corriere della Sera: “C’è
forse alcuno tra gli uomini, dite pure fieramente tra i tiranni, che possa
togliere a uno scrittore il sentimento della sua dignità nell’esercizio delle
lettere? La servitù di un letterato è sempre volontaria, anche quando è
passiva. Perciò nessuna scusa può veramente esser riconosciuta a chi macchiò
quella dignità che è essenziale alla natura sacra della parola”. Non c’è spazio
oggi per i tentennamenti o le cautele. Un muro divide chi vuole il progetto del
governo, che umilia il Parlamento, e chi invece pensa che si debba e si possa
cambiare il bicameralismo perfetto; chi vuole riformare lasciando l’impianto di
garanzie previsto dalla Costituzione del ’48 e chi invece vuole un sistema
imperniato su decisionismo senza contrappesi e una legge elettorale che non
consente di scegliere. Caro Presidente, le parole sono sacre, diceva Flora.
Allora io mi chiedo perché tu ti arrabbi quando si parla di deriva autoritaria
e di “macchinazione” (uso un termine adoperato da te). Queste due espressioni e
i concetti che rappresentano ti disturbano e fanno andare in bestia il capo del
governo e il ministro Boschi. Quanto alla prima: se si punta a concentrare
tutto il potere sul governo, denigrando i parlamentari e i cittadini che si
oppongono, se si riduce il Senato a un carrozzone non eletto direttamente (e
allora non si può cercare di “rimediare” dandogli poteri su temi di interesse
costituzionale perché è ancora peggio), se la camera dei deputati servirà
esclusivamente a ratificare le decisioni prese a Palazzo Chigi, se la legge
elettorale sarà quella imposta da Verdini che per rivitalizzare il potere di
Berlusconi non vuole sentire parlare di preferenze, se si aumentano le firme
per leggi di iniziativa popolare e per referendum (con la trovata, dopo averle
innalzate, di diminuirle un po’ così da sostenere: le abbiamo abbassate…). Se
tutto questo avviene nella grande “occasione” offerta dalla crisi economica che
costringe i cittadini a chiudersi nel pensiero della sopravvivenza, se tutto
questo avviene in un Paese in cui i giornali suonano tutti la campana del
governo con eccezione del Manifesto e del Fatto, e la Tv di Stato è sempre più
asservita con giornalisti terrorizzati (si dice che la smania di vendetta del
circolo magico del Premier e del gruppo dirigente del Pd abbia raggiunto
livelli mai sperimentati)… Allora se tutto questo avviene l’allarme per una
deriva autoritaria rischia di essere un po’ superato… altro che deriva, altro
che pensiero unico (nel senso che di pensiero c’è ben poco, ma molto,
moltissimo di unico). E veniamo alla “macchinazione”. Sì, caro presidente
Napolitano, la macchinazione c’è stata e c’è. E tu che conosci benissimo la
politica e la storia del nostro Paese non puoi non vederla. Chiediti ad esempio
perché ancora non ci danno gli estremi (un testo scritto?) del patto del Nazareno,
chiediti di quelle presenze istituzionalmente inspiegabili e storicamente
compromesse con la parte occulta dello Stato. Chiediti il perché di questo
rinascimento di Berlusconi. Chiediti il perché tutto o quasi tutto quello che
si vuole fare oggi era già previsto in progetti definiti “macchinazioni” nella
relazione della Commissione Anselmi votata quasi all’unanimità dal Parlamento
italiano. E chiediti infine perché la più grande banca d’affari del mondo, la
J.P.Morgan, già nel maggio del 2013 mentre giurava il governo Letta, chiedeva
lo smantellamento delle Costituzioni nate dall’antifascismo. Chiediti quello
che molti si chiedono: le radici della strana e ferrea intesa fra Verdini e
Renzi. Io non sono la sola a chiederselo, ma la domanda è: possono i gufi
parlare di macchinazione senza che vengano messi a tacere, una volta per tutte,
una volta per sempre? Si può riconoscere anche ai gufi la “sacralità della
parola”?
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