“Quellichelasinistra” che dicono che
la sinistra “è morta”. “Quellichelasinistra”
che provano a spiegarne il motivo del decesso e non lo trovano. “Quellichelasinistra”
che non trovano di meglio che alla domanda dell’intervistatore “Le
feste a cui partecipava col sorriso comunista, i capitalisti che frequentava, e
quella comunione con volti particolarmente aderenti all’opposto vagheggiato. Un
ossimoro più che un compagno” provano a rispondere in questi termini: - Pensavo
che la mia vita, la mia giovinezza, la mia storia familiare, il mio lavoro di
operaio, le lotte a cui ho partecipato potessero immunizzarmi. Ero così tanto
distante da quel mondo e ritenevo che nessuno potesse trafugare il mio volto e
cambiargli colore -. Così Fausto Bertinotti risponde ad Antonello
Caporale su “il Fatto Quotidiano” del 10 di luglio - “Le feste mi hanno rovinato, la sinistra ora ha 5 stelle” -. Ora mi
va di divagare. Ma so già del vostro sorriso sornione, che vedo dipinto sui
volti dei più, del vostro sottile sarcasmo per quanto mi sento di pensare e di
scrivere. È che ritenendomi ingenuamente appartenere a “quellichelasinistra” ho
sempre posto ai primissimi posti una disposizione dell’animo che un tempo
veniva definita della “solidarietà”. Non voglio sollecitare
ed accendere il vostro sorriso maligno né tanto meno il vostro sarcasmo che più
sarcasmo non si può ma tantissimi anni addietro, avendo acquistato un’auto
proveniente da quelli che al tempo erano denominati i paesi dell’est, ovvero
del cosiddetto “socialismo reale”, ai commenti poco cortesi dei conoscenti ed
amici rispondevo che intendevo in tal modo aiutare i “compagni cecoslovacchi”.
Ed l’immancabile sorriso beffardo dei miei
interlocutori spuntava puntuale su quelle labbra che avevano dianzi criticato
la mia scelta d’acquisto. Bene. Al tempo della “grande crisi”, tuttora
imperante, altri gesti della cosiddetta “solidarietà” mi è parso di compiere
acquistando lo jogurt dai “compagni greci” o le comodissime
scarpe dai “compagni spagnoli”, greci e spagnoli i primi a cadere sotto i
colpi del dissesto finanziario che è stato all’origine della “grande
crisi”. Ho sempre creduto che per “quellichelasinistra” siffatti
gesti, seppur simbolici, facessero parte di quella naturale condizione dello
spirito di “quellichelasinistra” per l’appunto. Ovvero, di vivere o di
rivivere di quello che al tempo si definiva il “solidarismo internazionale”,
cancellato dagli effetti nefasti della globalizzazione che al contrario tende a
mettere a confronto, in una gara selvaggia e senza senso, gli uomini dei vari
paesi per abbassare sempre di più l’asticella delle loro speranze e delle loro
conquiste sociali ed economiche. Sostiene nell’intervista il Bertinotti Fausto:
- Ho
le mie responsabilità e ne sopporto il peso. Parlo da vinto, da commentatore,
da chi ha consumato il suo impegno politico. Mica ho da domandare -.
Ed
al cronista che maligno sciorina “Quanti errori però” abbozza una
risposta del tipo: - Uno
più di tutti mi brucia: non essermi reso conto che alcuni miei comportamenti
potessero essere scambiati per commistione con un ceto simigliante a una casta
-. È che al Bertinotti Fausto è sempre mancato ciò che Alberto Asor Rosa definisce il “senso di superiorità".
Ma quello buono, sincero e vero proprio di “quellichelasinistra”. Quel senso
che l’illustre pensatore definisce bene nell’intervista a Simonetta Fiori del
24 di agosto dell’anno 2013 che ha per titolo "Dobbiamo recuperare
il senso di superiorità".
Per l’appunto. Sostiene Alberto Asor Rosa alla domanda se “ha ancora senso oggi parlare di sinistra. "Sì, certo. Ma tenendo
conto di un elemento che mi sembra sia stato trascurato".
Quale?
"Che la storia della sinistra è strettamente intrecciata alla storia del
pensiero dialettico. E questo non a caso. Quando la sinistra si manifesta, alla
fine del Settecento, e quindi si manifestano le prime consistenti espressioni
del pensiero dialettico, in ambedue i casi ciò avviene perché la società
circostante si spacca in due. E si spacca in due materialmente prima che
intellettualmente".
È
la storia della classe operaia. "Appunto. Una lunga storia da cui non sono
dissociabili Hegel e Marx. Oggi la situazione sociale ed economica tende a
rendere più irrilevante il conflitto, o per lo meno a nasconderlo dietro
paraventi di ogni natura. La crisi agisce nel senso di attenuare o rendere meno
auspicabile il conflitto. E sul piano politico le due componenti storiche
tendono ad assomigliarsi sempre di più. Con un enorme vantaggio per la destra,
che si giova del fatto di rappresentare lo stato delle cose esistente".
Tradotto
in altri termini, per esistere la sinistra ha bisogno di riscoprire la
dialettica. "(…).
L'apparente scomparsa del conflitto non significa l'esaurimento delle sue
ragioni. Il mondo così globalizzato contiene elementi di sfruttamento e
diseguaglianza più profondi e più radicali rispetto a prima. (…). Oggi la sinistra italiana dovrebbe
raccogliere i segnali di sofferenza e dolore che arrivano dal corpo sociale.
Segnali diversi e perfino contraddittori - mi riferisco alle due sofferenze
contrastanti del lavoro e dell'ambiente - ma che possono essere ricomposti in
una strategia meditata".
Lei
ha scritto di recente che la nuova linea del Piave è la difesa della legalità.
(…). "(…). Basta conoscere la storia italiana degli ultimi trent'anni. Gli
argini al degrado del sistema politico e istituzionale sono stati posti dalla
magistratura e non dalla politica. E dunque nemmeno dalla sinistra, che ha a
lungo aggirato l'ostacolo tentando inverosimili confronti".
(…). Per anni lei aveva sostenuto (…) la trasformazione del Pci in un agile
partito riformatore. Poi quando Occhetto mise fine al partito comunista, lei
s'infuriò. "Scusi, ma ciò a cui oggi assistiamo è il terribile effetto
finale della scelta occhettiana. Chi sul piano storico potrebbe darmi torto?
Occhetto trasformò una battaglia sacrosanta in una improvvisazione teatrale. Da
quel momento, che coincide con la dissoluzione di un partito di due milioni di
iscritti, è cominciato il terribile degrado della sinistra".
(…). Marco Revelli dice che gli eredi della sinistra non sono stati
all'altezza dei compiti. Una débâcle generazionale. Ma questo cosa vuol dire:
che solo una guerra e una lotta contro la tirannide consolidano gli uomini?
"Risposta non facile. Per quando riguarda la generazione del Sessantotto
sto per dire una cosa che non dovrei dire, avendo praticato l'operaismo per
vent'anni: ma temo che sia stata bruciata dal suo estremismo, cioè dalla scarsa
capacità di mettere in relazione i mezzi con gli obiettivi".
(…). La sinistra non ha saputo più interpretare i processi sociali.
"Di più: non ci ha nemmeno provato. Da trent'anni ha smarrito il nesso tra
cultura e politica. E ha rinunciato a un modello interpretativo intellettuale
da mettere al servizio di una pratica politica. La società viene lasciata alla
sua disgregazione".
Sinisteritas,
dice Cacciari. Inettitudine. "Ma quale sinisteritas. Io direi piuttosto
superioritas. La sinistra deve recuperare questo senso di superiorità".(…).
Quel “senso di superiorità” che conduce a scelte di campo
inequivocabili senza intendimenti si sottobanco. Antonello Caporale: Fatto
sta che la sua storia si è conclusa e le resta sul groppone una sconfitta
cosmica. (…). - È morta la sinistra. Non dico il comunismo, c’era stato il muro
di Berlino a ricordarci le pietre che schiacciavano i nostri corpi. Ma il
socialismo sembra scomparso, piegato. Simultaneamente alla forma avanzata di
capitalismo. Ci avevano detto che il mercato si autoregolamenta. E abbiamo
visto: siamo tornati all’800 -.
Non c’è più sinistra e destra. - No, tutto
finito. Ora è l’alto contro il basso. È il tempo della post democrazia. Molti
sono gli inclusi nel sistema politico, con un partito di governo che è il Pd e
un leader con tentazioni autoritarie e una luccicante venatura neobonapartista.
Dileggia il ceto dirigente, riduce a un cofanetto le assemblee elettive. Poi ci
sono gli esclusi, quelli che stanno fuori, i barbari -.
(…). Lei parla in quale veste? - So di
appartenere a un mondo concluso. Per tutta la vita abbiamo pensato che il
nostro obiettivo fosse fare la rivoluzione. E s’è visto dove siamo giunti. Oggi
ci sono parole innominabili. Per esempio non è più spendibile quella di
padrone. I capitalisti ci dicevano meraviglie della globalizzazione, vero?
Eccoci qua. Non è più pronunciabile la parola, non si può dire padrone
altrimenti rechi offesa. E sempre oggi, che nel mondo esiste il più alto numero
di operai, quella classe è cancellata dalla società, i diritti si assottigliano
fino a divenire inconsistenti. Se tu nasci per cambiare il mondo, e poi il
risultato è questo, non puoi cavartela con: scusate, abbiamo sbagliato -.
È triste convenire e spero non si
dispiaccia, ma lei proprio non può cavarsela così. - Lo so, lo ammetto. Sono un
vinto -. (…). È che dalle labbra del Bertinotti Fausto sembra sparita
la parola “solidarietà”. Che non la si coltiva nei salotti buoni del
cosiddetto “generone romano”. Punto.
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