"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 7 luglio 2014

Cosecosì. 85 “Chi è l’Impostore?”.



“Chi è l’Impostore” si chiedeva Clotilde Buraggi, psicoterapeuta, all’inizio della campagna elettorale dell’anno 2001, figura molto diffusa fra il personale politico del bel paese che ha fatto scadere la politica gettando i cittadini nell’assoluto sconforto? “Chi è l’Impostore”, che al tempo nel quale il breve saggio fu scritto – “L’impostore e il suo pubblico: un rapporto perverso” - aveva “in analisi” ben altro personaggio della politica, personaggio privato oggigiorno dei diritti politici per una grave condanna per frode fiscale? Il “chi è l’Impostore” al tempo d’oggi è domanda assillante e che cerca lumi e risposte che possono arrivare solamente dalle menti scientifiche e dai cultori delle dottrine psicoanalitiche. Dai cosiddetti “professoroni”, così tanto in antipatia agli arrembanti reggitori della cosa pubblica. Allora…
Chi è, dunque, l’impostore? L’impostore è una persona che si autodefinisce, proprio come il bambino che si dice da solo ’Sono bello, sono buono’, indipendentemente dalle opinioni degli altri. Tale rappresentazione di sé (Sandler 1985) l’impostore non la dà solo a se stesso per autoconvincersi delle proprie qualità ma cerca di imporla agli altri, prescindendo dalla realtà. È una autorappresentazione, quindi, che non è basata su ciò che egli realmente è ma piuttosto su ciò che egli vorrebbe essere. (…). La realtà non gli mette limiti (…). Quando parla agli altri, l’impostore ha uno stile ampolloso e un tono autocelebrativo molto lontano dallo stile ironico e dimesso delle persone veramente intelligenti che conoscono le molte sfaccettature del reale e non sostengono fanaticamente nessuna ipotesi. L’impostore ha bisogno di essere accettato e a questo scopo cerca di farsi simile al suo pubblico. (…). Ogni bambino e bambina nel suo processo di sviluppo cerca di rendere simile la propria personalità a quella del padre (o della madre) imitandolo/a e poi identificandosi; ma questo non è il caso dell’impostore. Egli, infatti, assume una personalità diversa dalla propria non per identificarsi con la persona che finge di essere ma per appropriarsi della potenza di un altro perché egli non ne ha nessuna. L’impostore è in cerca di un Io. (Greenacre 1958). (…). L’impostore avrebbe strutturato (…) un ideale dell’Io esaltato dalla madre e impedito nella sua realizzazione da un padre castrante, sentito dal bambino come l’unico possibile detentore della potenza sessuale. Capovolgendo quindi nell’opposto la propria immagine svalutata, frutto di un’impossibile identificazione con il padre, e seguendo le illusorie aspettative della madre, l’impostore avrebbe concepito un ideale dell’Io troppo elevato per lui (Aarons 1970, 1990) e troppo sproporzionato alle sue capacità reali. (…). L’impostore cerca con tutte le forze di convincere se stesso e gli altri che sia vera la personalità che egli esibisce e che indossa come un costume mascherato per nascondere la propria debolezza. Se gli altri non accettano le sue falsificazioni; si sente una vittima (Deutsch 1955) e sente come un attacco il rifiuto degli altri a trattarlo come lui vuole apparire; a tale attacco è capace di reagire in modi aggressivi e arroganti, diversi dal tono seducente e sorridente che egli di solito usa per ingraziarsi gli altri. Secondo Helen Deutsch (1955), la personalità dell’impostore ha una basso livello di organizzazione dell’Io ed è costituita da identificazioni multiple non sintetizzate. (…). Secondo la Greenacre (1958), l’impostore avrebbe un narcisismo patologico, un senso disturbato della realtà e della propria identità, la sindrome del piccolo pene, e una ammirazione esagerata per la madre. (…). La Argentieri (2000), che ha affrontato il problema della malafede, molto affine all’impostura, ritiene che in tale patologia vi sia un difetto nella organizzazione mentale di base descritta da Gaddini (1981), con una angoscia di integrazione che si oppone difensivamente all’integrazione del Sé e che congela grosse quote di aggressività. L’impostore, infatti, che di solito si presenta con modi affabili, ha in realtà dentro di sé una grande aggressività, di solito ben dissimulata, che scarica quando riesce a sedurre gli altri e che si manifesta, come ho detto sopra, anche violentemente, quando un critico non accetta le sue simulazioni, facendogli sentire smascherata la sua impotenza. Un’altra delle caratteristiche dell’impostore, legata alla sua difettosa gestione della aggressività è la sua incapacità di tollerare i conflitti. (…). L’impostore ha una prodigiosa capacità di sedurre (Finkelstein 1974), di affascinare, di stregare, di illudere, di rassicurare; di scoprire quello che il suo pubblico è pronto a credere ed è avido di sentirsi dire. (…). Così sembra che stiano le cose secondo la dottrina. E nel reale vissuto? Come riconoscere simile inquietante figura aggirantesi tra di noi? Un “rosicone” la vede così: “Renzi è solo un insicuro e non ci rottamerà” che è il titolo dell’intervista di Silvia Truzzi a Stefano Rodotà, intervista pubblicata su “il Fatto Quotidiano” dell’1 di aprile ultimo: - Sono un vecchio signore che qualche libro l’ha letto e un po’ conosce la storia . Questi modi hanno un retrogusto amaro. (…). C’è, dietro l’atteggiamento sprezzante di Renzi, una profonda insicurezza. Altrimenti il confronto non gli farebbe paura. Potrebbe parlare con dei buoni consiglieri e poi argomentare: il confronto andrebbe a beneficio di tutti. (…). -.
La discussione non può ridursi al “prendere o lasciare”. - Matteo Renzi usa toni ultimativi, non gli piace la critica perché si disturba il manovratore. Non è la prima volta: quando c’era stata una presa di posizione, molto moderata, sulla legge elettorale aveva parlato di “un manipolo di studiosi” con un tono di sostanziale disprezzo. Però non gli riesce di rottamare la cultura critica: è un pezzo della democrazia. (…). -.
“Ho giurato sulla Carta, non su Zagrebelsky e Rodotà”: significa “non mi curo di loro” oppure “non sono i depositari della verità costituzionale”? - Che Renzi pensi che noi non siamo i depositari della verità è assolutamente legittimo. Però non può nemmeno dire: “Ho giurato sulla Costituzione e dunque sono io il depositario della verità”. La storia è piena di spergiuri. Se ritiene che il terreno proprio sia la Carta, allora discuta -.
Ci vuol tempo a fare discussioni. E ora è in voga il mito della velocità, la politica futurista. - I tempi della democrazia sono anche quelli della discussione. Proprio perché la democrazia è in grande sofferenza, si dovrebbero costruire ponti verso i cittadini. Non si è sentita una parola, in questo senso. Ho avuto la fortuna di essere amico di Lelio Basso, cui si deve anche l’articolo 49 della Costituzione sui partiti politici: Basso ha sempre detto “dobbiamo discutere”. E su quel tema una discussione ci fu, eccome. Non a caso c’è, in quell’articolo, la mano di un grande giurista, che non aveva paura né del confronto né di avere con sé il meglio della cultura giuridica. Questo c’è dietro un’impresa costituzionale, non la fretta, non i consiglieri interessati o i saggi improvvisati.
“Non ci sto a fare le riforme a metà. O si fanno le riforme, o me ne vado”. - Il premier dimostra di non avere orizzonti ampi. Alza i toni, urla e dice “me ne vado”. Ma chi si alza e se ne va, svela insicurezza -.
Un aut aut minaccioso. - Mettiamo insieme la debolezza di Renzi e la scelta di Berlusconi come suo alleato, con cui pensa di potere fare questo tratto di strada. Il Pd può accettare a capo chino questa strada? Nessuno si pone il problema. (…). -.
Ci mette la faccia, ripete spesso. - Può voler dire “mi assumo la responsabilità”. Ma non può significare “da questo momento in poi detto le regole, i tempi, i modi e poiché la faccia ce la metto io mi dovete seguire”. La democrazia non funziona così. (…). -.
Non è il primo politico che usa toni da uomo della provvidenza. - Sono sempre molto diffidente, quando si afferma “dopo di me il diluvio”. In questi anni la politica italiana, ancor prima di Renzi, è stata condotta all’insegna dell’emergenza. Non si va alle elezioni, c’è bisogno del governo Monti e via dicendo: i progetti che c’erano dietro questa logica sono falliti -. (…). L’Eugenio dei dirompenti “ditirambo” pro-magicopifferaio ha scritto ieri sul quotidiano la Repubblica – “Rompere il cerchio magico per salvare il governo”: Non mi sembra che per il governo italiano le cose vadano così bene come ci si aspettava e come Renzi e la banda di musicanti che accompagnano il suo piffero ci avevano fatto intendere. Non sembra a Bruxelles e neppure a Roma, tanto che lo stesso nostro presidente del Consiglio ha detto: “Attenzione. O le riforme andranno a buon fine nel tempo e nei modi giusti oppure io me ne andrò”. Non è un bel modo di ragionare perché potrebbe darsi che sia la tempistica che le riforme volute da Renzi siano sbagliate e in quel caso sarebbe positivo avere qualcuno che le corregga nel modo più appropriato. Dopodiché Renzi può ringraziare e restare dov’è oppure ringraziare e andarsene; un sostituto si trova sempre e non è una catastrofe. Che sia un improvviso, provvidenziale ravvedimento del grande columnist? Si direbbe che non è mai troppo presto!

Nessun commento:

Posta un commento