"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 26 marzo 2013

Lamemoriadeigiornipassati.3 “Il 26 di marzo dell’anno 2011”.



Il 26 di marzo dell’anno 2011, imperversando il signor B., Giacomo Papi scriveva una “cronaca ingenua” che ha per titolo “Il corredo”. La pubblicava sul settimanale “D” nella rubrica “Cose che non vanno più di moda”.  Scriveva G. P. nell’occasione: Da almeno cinque anni, l'Italia vive un boom del credito su pegno, il numero di oggetti impegnati cresce, ma le tipologie di beni impegnabili diminuiscono. I pegni si rimpiccioliscono e appesantiscono. Oggi si fa credito soltanto a gioielli, pietre e metalli preziosi, oggetti senza valore d'uso ma con un alto valore di scambio, oggetti, cioè, che assomigliano al denaro, l'unico possesso che quando ti scivola dalle mani ti fa possedere altre cose, che serve perché si usa, non se sta fermo. Eppure in quel tempo, che sembra essersi perso nelle profondità oscure della Storia, qualcuno aveva l’ardire di negare l’innegabile, di sproloquiare di “ristoranti pieni” e di “voli vacanzieri” sempre al completo. E sì che da quella data, a pochi mesi dopo, quel bontempone sarebbe stato sollevato e mandato via non da un risultato elettorale ma da un “diktat” dei liberi mercati. Oggi, 26 di marzo di appena due anni dopo quella cronaca, ricompare baldanzoso e pronto a bruciare, sull’altare del suo personale tornaconto, le residue speranze di salvezza del bel paese. A quel tempo, annota Giacomo Papi, le famiglie che avessero avuto bisogno i dare in pegno altro che non fossero monili e preziosità varie avrebbero incontrato grandi difficoltà sul “mercato amaro del bisogno”; la Sua memoria di quel tempo rimanda alla pratica diffusa, in ben altre epoche storiche, di portare ai cosiddetti “pegni” la ricchezza della famiglia, ovvero il “corredo” ricevuto al momento del matrimonio o preparato per le figlie da maritare. “Care” ricchezze familiari che non trovano più, nei cosiddetti mercati globalizzati, un apprezzamento di valore. Facevano capolino a quel tempo le nuove attività del “compro oro”. Dalle cronache più recenti ho appreso che in quel mercato selvaggio – e reso tale dal bisono degli individui e delle famiglie - del “compro oro” qualcuno, sprofondato in disagiate condizioni economiche, ha pensato d’impegnare l’oro contenuto nelle protesi dentarie. Una cronaca da brivido! I nuovi “compro oro” si saranno attrezzati alla bisogna ricorrendo alla pratiche dei “cava-denti” di un tempo andato? Di seguito il resto della “memoria” di Giacomo Papi.

Il tramonto del corredo si declina ovunque. Nelle migliaia di negozi "Compro oro" che, innaffiati dalla crisi, spuntano in ogni città d'Italia e nei Monte di pietà ufficiali, controllati dalla Banca d'Italia e gestiti dalle banche. Non esiste un regolamento che lo vieti espressamente, ma è dagli anni 80 che biancheria e filati, per quanto preziosi, vengono rifiutati. Per questo, pullulano nei mercatini dove si può comprare anche il passato degli altri. La domanda è: per quale ragione una forma di finanziamento così antica (…) ha ristretto in modo così radicale l'ambito degli oggetti in cambio dei quali si può prestare denaro? Esiste una ragione merceologica o è il sintomo di una trasformazione profonda della nostra attitudine verso le cose? Forse, ho pensato, le ragazze hanno perso interesse per asciugamani ricamati e lenzuola preziose. E certo, in effetti, i corredi tramandati dalle bisnonne si sono dispersi o consumati, e oggi appaiono incomparabilmente meno indispensabili. Poi ho fatto ricerche e ho capito che il corredo si eredita o compra ancora, ma ha cambiato completamente il suo modo d'essere. Non è più necessario che duri tutta la vita e che si possa lasciare alle figlie perché, alla peggio, si ricompra più bello. A eccitare le future spose è l'idea di ereditarlo o farselo per negozi con la mamma. Esattamente come per il matrimonio, l'attitudine è quella di chi vuole provare un'esperienza perché una volta nella vita va provata, anche se non durerà per sempre, anzi, forse proprio perché non durerà per sempre, perché forse niente dura per sempre tranne il presente, tranne quello che provi. Va in scena una progressiva e silenziosa translazione dal capitale al consumo, dal possedere all'acquistare, dall'avere al prendere. Il tempo lungo della proprietà lascia spazio al brivido breve dell'acquisto. La rassicurazione dell'avere cede il passo all'ebbrezza del comprare. Durare non è più un attributo delle cose che hanno valore. La permanenza svanisce in un presente assoluto. Scrisse Junichiro Kawasaki, il poeta: "D'inverno è nudo il ramo dei mandorli in fiore". Perché nelle cose rimane incastrata la presenza. (…). Resta l'assenza di cui è impregnata ogni cosa che esiste.

P.s. Le cronache di stamane, 26 di marzo dell’anno 2013 – Francesco papa -, informano dell’avvenuta conferma della condanna, in appello, per il sodale del signor B.: 7 anni di galera!

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