Il 26 di marzo dell’anno 2011,
imperversando il signor B., Giacomo Papi scriveva una “cronaca ingenua” che ha
per titolo “Il corredo”. La
pubblicava sul settimanale “D” nella rubrica “Cose che non vanno più di
moda”. Scriveva G. P. nell’occasione: Da
almeno cinque anni, l'Italia vive un boom del credito su pegno, il numero di
oggetti impegnati cresce, ma le tipologie di beni impegnabili diminuiscono. I
pegni si rimpiccioliscono e appesantiscono. Oggi si fa credito soltanto a
gioielli, pietre e metalli preziosi, oggetti senza valore d'uso ma con un alto
valore di scambio, oggetti, cioè, che assomigliano al denaro, l'unico possesso
che quando ti scivola dalle mani ti fa possedere altre cose, che serve perché
si usa, non se sta fermo. Eppure in quel tempo, che sembra essersi
perso nelle profondità oscure della Storia, qualcuno aveva l’ardire di negare
l’innegabile, di sproloquiare di “ristoranti pieni” e di “voli
vacanzieri” sempre al completo. E sì che da quella data, a pochi mesi
dopo, quel bontempone sarebbe stato sollevato e mandato via non da un risultato
elettorale ma da un “diktat” dei liberi mercati. Oggi, 26 di marzo di appena
due anni dopo quella cronaca, ricompare baldanzoso e pronto a bruciare,
sull’altare del suo personale tornaconto, le residue speranze di salvezza del
bel paese. A quel tempo, annota Giacomo Papi, le famiglie che avessero avuto
bisogno i dare in pegno altro che non fossero monili e preziosità varie avrebbero
incontrato grandi difficoltà sul “mercato amaro del bisogno”; la Sua memoria di
quel tempo rimanda alla pratica diffusa, in ben altre epoche storiche, di
portare ai cosiddetti “pegni” la ricchezza della famiglia, ovvero il “corredo”
ricevuto al momento del matrimonio o preparato per le figlie da maritare. “Care”
ricchezze familiari che non trovano più, nei cosiddetti mercati globalizzati,
un apprezzamento di valore. Facevano capolino a quel tempo le nuove attività
del “compro
oro”. Dalle cronache più recenti ho appreso che in quel mercato selvaggio
– e reso tale dal bisono degli individui e delle famiglie - del “compro
oro” qualcuno, sprofondato in disagiate condizioni economiche, ha
pensato d’impegnare l’oro contenuto nelle protesi dentarie. Una cronaca da
brivido! I nuovi “compro oro” si saranno attrezzati alla bisogna ricorrendo alla
pratiche dei “cava-denti” di un tempo andato? Di seguito il resto della “memoria”
di Giacomo Papi.
Il tramonto del corredo si
declina ovunque. Nelle migliaia di negozi "Compro oro" che, innaffiati
dalla crisi, spuntano in ogni città d'Italia e nei Monte di pietà ufficiali,
controllati dalla Banca d'Italia e gestiti dalle banche. Non esiste un
regolamento che lo vieti espressamente, ma è dagli anni 80 che biancheria e
filati, per quanto preziosi, vengono rifiutati. Per questo, pullulano nei
mercatini dove si può comprare anche il passato degli altri. La domanda è: per
quale ragione una forma di finanziamento così antica (…) ha ristretto in modo
così radicale l'ambito degli oggetti in cambio dei quali si può prestare
denaro? Esiste una ragione merceologica o è il sintomo di una trasformazione
profonda della nostra attitudine verso le cose? Forse, ho pensato, le ragazze
hanno perso interesse per asciugamani ricamati e lenzuola preziose. E certo, in
effetti, i corredi tramandati dalle bisnonne si sono dispersi o consumati, e
oggi appaiono incomparabilmente meno indispensabili. Poi ho fatto ricerche e ho
capito che il corredo si eredita o compra ancora, ma ha cambiato completamente
il suo modo d'essere. Non è più necessario che duri tutta la vita e che si
possa lasciare alle figlie perché, alla peggio, si ricompra più bello. A
eccitare le future spose è l'idea di ereditarlo o farselo per negozi con la
mamma. Esattamente come per il matrimonio, l'attitudine è quella di chi vuole
provare un'esperienza perché una volta nella vita va provata, anche se non
durerà per sempre, anzi, forse proprio perché non durerà per sempre, perché
forse niente dura per sempre tranne il presente, tranne quello che provi. Va in
scena una progressiva e silenziosa translazione dal capitale al consumo, dal
possedere all'acquistare, dall'avere al prendere. Il tempo lungo della
proprietà lascia spazio al brivido breve dell'acquisto. La rassicurazione
dell'avere cede il passo all'ebbrezza del comprare. Durare non è più un
attributo delle cose che hanno valore. La permanenza svanisce in un presente
assoluto. Scrisse Junichiro Kawasaki, il poeta: "D'inverno è nudo il ramo
dei mandorli in fiore". Perché nelle cose rimane incastrata la presenza.
(…). Resta l'assenza di cui è impregnata ogni cosa che esiste.
P.s. Le cronache di stamane, 26
di marzo dell’anno 2013 – Francesco papa -, informano dell’avvenuta conferma
della condanna, in appello, per il sodale del signor B.: 7 anni di galera!
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