Si continui oggi a parlare degli
uomini. Ché ad essi, per come fu portato a scrivere il sommo poeta, fu dato e
detto: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma
per seguir virtute e canoscenza" – Inferno, canto XXVI, (vv.
112-120) -. Ma non nell’oggi che ci è toccato di vivere. Allora, considerati i
tempi bui. Oggigiorno il pensiero ha da essere “scarnificato”, ridotto
ai brandelli più minuscoli tali che di essi, i pensieri, non si rinvenga
storia. È così che l’”intelligentsia” dei media riduce “virtute
e canoscenza" degli umani del secolo ventunesimo. Laddove ci
soccorre il pensiero del grande di Ales per il quale la conquista della
marxiana “sovrastruttura” avrebbe consentito la conquista del potere
solamente al costo di strappare alla borghesia del tempo l’egemonia culturale.
Per quel grande dai pensieri profondi l'incontrastata preponderanza della
cultura borghese sul resto della società del tempo avrebbe impedito
qualsivoglia cambiamento e rinnovamento. Ed è così da sempre. A maggior ragione
al tempo nostro nel quale la preponderanza dei mezzi di comunicazione di massa fa
poltiglia e “scarnifica” il poco di pensiero che con difficoltà cerca di
farsi strada. Turiboli e turiferari sono sempre pronti all’azione, alla
dispersione dell’incenso nell’”aria fritta”. Per essi un’elezione
diviene “rivoluzionaria”. Tutto viene rapportato all’istante, durante
il quale il piccolo mostro costruisce la notizia e le dà forma e sostanza,
forma e sostanza che perdureranno nel tempo. Non si concede tregua e pacatezza
di pensiero. Tutto è ridotto ad interpretazione e proclami. Scriveva
l’indimenticato Norberto Bobbio, in una lettera Sua a Giulio Einaudi dell’anno 1968:
“Cultura
è equilibrio intellettuale, riflessione critica, senso di discernimento,
aborrimento di ogni semplificazione, di ogni manicheismo, di ogni parzialità”. Ciò
dovrebbe fare la cultura. Ciò dovrebbero fare gli intellettuali. Dare pacatezza
ai pensieri, favorire la riflessione sui fatti, sulle persone, non lasciarsi
andare ad improvvisazioni, soprattutto quando essi comunicano con il pubblico
più vasto. Ed in un’altra occasione ebbe a scrivere – nel Suo splendido saggio “Invito al colloquio” dell’anno 1951 -:
Il
compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei
dubbi, non già di raccogliere certezze. Di certezze – rivestite della
fastosità del mito o edificate con la pietra dura del dogma – sono piene,
rigurgitanti, le cronache della pseudocultura, degli improvvisatori, dei
dilettanti, dei protagonisti interessati. Cultura significa misura,
ponderatezza, circospezione: valutare tutti gli argomenti prima di
pronunciarsi, controllare tutte le testimonianze prima di decidere, e non
pronunciarsi e non decidere mai a guisa di oracolo dal quale dipenda, in modo
irrevocabile, una scelta perentoria e definitiva. Nulla di tutto ciò
che spetterebbe alla cultura ed agli intellettuali può essere rintracciato nei
fatti di questi giorni. Ciò comporta la “scarnificazione” di ogni pensiero,
l’accostamento al pensiero sempre più debole per simboli semplificati e di
dubbia consistenza. È questo il tempo che ci è dato da vivere. Povero nelle
cose. Povero nelle idee. Dichiara Horacio Verbitsky a “il Fatto Quotidiano” del
15 di marzo – intervistato da Giampiero Calapà, “Documenti e testimoni: collaborò con i dittatori” – dopo
l’elezione del subentrante vescovo di Roma: “Una disgrazia, per l’Argentina e
per il Sudamerica”. Una scossa la sua, che segue alla mancata pausa di
riflessione, alla mancata pacatezza nelle notizie, alla mancata cura della
comunicazione che si richiederebbe alla cultura ed agli uomini della cultura
allorquando essi hanno a che fare, hanno da comunicare i fatti nuovi della Storia,
quando hanno da parlare dei protagonisti non conosciuti della Storia. Urge la
notizia, purché ci sia. È tutto ciò che massimamente danneggia l’uomo
dell’oggi. Di seguito trascrivo, in parte, l’intervista a Horacio Verbitsky.
(…). Verbitsky, Bergoglio papa è
“una disgrazia per l’Argentina e il Sudamerica”. Perché? - Perché il suo
populismo di destra è l’unico che può competere con il populismo di sinistra.
Immagino che il suo ruolo nei confronti del nostro continente sarà simile a
quello di Wojtyla verso il blocco sovietico del suo tempo, sebbene ci siano
differenze fra le due epoche e i due uomini. Bergoglio combina il tocco
populista di Giovanni Paolo II con la sottigliezza intellettuale di Ratzinger.
Ed è più politico di entrambi -.
Che cosa facevano i due gesuiti
Yorio e Jalics nella baraccopoli di Bajo Flores? - I gesuiti vivevano in
comunità ed evangelizzavano gli abitanti dei quartieri marginali, come parte
dell’impegno “terzomondista” della Compagnia di Gesù -.
Per quale motivo Bergoglio
avrebbe dovuto denunciarli? - Con l’avvicinarsi del golpe, Bergoglio chiese
loro di andarsene, a quanto racconta lui allo scopo di proteggerli. Secondo
loro, per smantellare quell’impegno sociale che disapprovava. Venne nominato
superiore provinciale della Compagnia all’inusuale età di 36 anni e da quando
arrivò, iniziò a svolgere un compito di sottomissione alla disciplina, a uno
spiritualismo astratto. Un documento di un servizio di intelligence che ho
trovato nell’archivio della Cancelleria si intitola “Nuovo esproprio dei
gesuiti argentini” e afferma che, “nonostante la buona volontà di padre
Bergoglio, la compagnia in Argentina non si è ripulita. I gesuiti di sinistra,
dopo un breve periodo, con grande appoggio dell’estero e di certi vescovi
terzomondisti, hanno intrapreso subito una nuova fase”. Si tratta della
Nota-Culto, cassa 9, bibliorato b2b, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9
-.
I documenti che ha trovato, nella
sua lunga indagine, negli archivi del ministero degli Esteri di Buenos Aires,
per lei sono la prova definitiva del collaborazionismo di Bergoglio con il
regime di Videla? - Sì. Ho trovato una serie di documenti che non lasciano
dubbi . In uno, Bergoglio firma la richiesta di rinnovo del passaporto di
Jalics senza necessità che venisse dalla Germania. In un altro, il funzionario che
riceve la richiesta consiglia al ministro di rifiutarla. In un altro ancora, lo
stesso funzionario spiega e firma che Jalics, sospettato di contatti con i
guerriglieri, ebbe conflitti con la gerarchia, problemi con le congregazioni
femminili (…), che fu detenuto nella Esma, la Escuela de Mecánica de la Armada
(non dice sequestrato ma detenuto) e che si rifiutò di obbedire agli ordini.
Finisce dicendo che queste informazioni gli vennero fornite proprio da
Bergoglio, oggi papa Francesco -.
Da Bergoglio arrivarono le scuse
per gli anni della dittatura, nel 2000, quando la chiesa argentina “indossò” le
vesti della pubblica penitenza. Crede che non basti? - Non c’è mai stata una
vera richiesta di perdono, sempre ambiguità. Non è la Chiesa, ma sono alcuni dei
suoi figli ad aver peccato e per loro chiedono il perdono -.
Personaggi molto popolari come
Maradona o Messi hanno espresso felicità per l’elezione di Bergoglio al
Pontificato. La cosa le ha dato fastidio? - No. (…). È ovvio che c’è un
trionfalismo generalizzato: il papa è argentino, la regina d’Olanda è
argentina, Maradona e Messi sono argentini. Ma questo non dice nulla su
Bergoglio e sui suoi meriti. La Kirchner non lo ama, ha avuto degli scontri su
temi come le nozze gay con Bergoglio -.
Crede che ci sarà mai un incontro
tra la presidenta e il papa argentino? - Suppongo di sì, lei è molto
conciliante con la Chiesa. Non nasconde mai quello che pensa, ma cerca di
mantenere buoni rapporti ed è contraria all’aborto. Il matrimonio omosessuale
fu un’iniziativa di Néstor Kirchner, il marito, ex presidente -.
Bergoglio ha scelto il nome di
Francesco. Molti lo apprezzano per uno stile di vita umile. - Naturalmente, è
uno tra mille simboli. Il papa austero, come il poverello di Assisi, che
viaggia in bus e metropolitana, che usa scarpe consunte, che celebra messa
nella stazione ferroviaria per i più poveri, dei quali ha pietà tra
l’indifferenza dei soddisfatti e dei corrotti. Populismo conservatore,
imprescindibile per sbiancare i sepolcri vaticani, aperti per il riciclaggio
del denaro, la pedofilia e la lotta tra fazioni. Sarà semplice come Giovanni,
severo come Paolo, sorridente come Giovanni Paolo I, iperattivo e populista
come Giovanni Paolo II e sottile come Benedetto -.
Bergoglio disse di aver molta
stima di lei, ma che il suo libro è “un’infamia”. Non ha mai avuto modo di
incontrarlo? Lo farebbe adesso che è papa? - Quando pubblicai L’isola del
silenzio inviò un sacerdote a chiedermi perché lo avessi fatto, nonostante
avessimo un bel rapporto e amici in comune che ci presentarono. Replicai con
un’altra domanda: che avrei dovuto fare con i documenti che avevo trovato?
Bruciarli? Fingere di non averli visti? Questa sì che sarebbe stata un’infamia
-.
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