Ho scritto l’ultimo post della
sezione ben otto mesi addietro. Andavo ricercando con essa – allora come oggi -
il nesso inscindibile tra l’ampliarsi delle disuguaglianze e la decadenza per
la salute e la natura della democrazia che ne sarebbe sopravvissuta. Lo
scenario cambia, aggrovigliandosi sempre di più. Le prospettive permangono fortemente
negative. Eppure qualche buontempone, nel corso della ultima campagna
elettorale nel bel paese, ha invitato a non drammatizzarne i toni. Cose da
clown. I clowns: figure che dominano la scena attuale. Mi dice M.A.M., al
telefono, di una sua cara conoscenza affetta da un morbo gravissimo. All’ultima
seduta della chemio – in una struttura pubblica - le hanno suggerito di
procacciarsi il farmaco necessario a sue spese, ricorrendo al mercato
sovrabbondante della vicina Svizzera. Quel tipo di farmaco, per la chemio
iniziata, scarseggia nel bel paese e la cara amica di M.A.M. correrebbe il
rischio di dover interrompere il ciclo di cura. Ho risposto, interloquendo con
M.A.M., di avere letto nei decorsi mesi di tante altre situazioni simili a
quella da lei descritta nella vicina Grecia. In Grecia si muore poiché le
multinazionali si rifiutano di fare le consegne - a quel servizio sanitario - dei
costosissimi farmaci per la cura dei terribili mali. Mi rendo conto come la
situazione della Grecia stia divenendo la condizione che si estenderà all’intero
continente europeo nel quale lo smantellamento dello stato sociale è da tempo
ben avviato. La notizia allarmante datami da M.A.M. è una misura reale del
dramma sociale che potrebbe investire milioni e milioni di cittadini europei.
Anche la salute diviene, gioco-forza, un problema di “classe”. Raggiungere il
ricco mercato svizzero non rappresenterà problema alcuno per coloro i quali si
pongono nei più alti strati sociali. Per tutti gli altri la conservazione della
salute diverrà un azzardo. Ha scritto il sociologo tedesco Zygmunt Bauman
nell’ultimo Suo lavoro editoriale “La ricchezza
di pochi avvantaggia tutti. Falso!” – Laterza editore (2013) pagg. 112 € 9,
anticipato sul quotidiano la Repubblica del 25 di febbraio col titolo “Il pianeta delle disuguaglianze” -: Uno
studio recente dell’Istituto mondiale per la ricerca sull’economia dello
sviluppo (…) dell’Università delle Nazioni Unite riferisce che nel 2000 l’1 per
cento delle persone adulte più ricche possedeva da solo il 40 per cento delle
risorse globali, e che il 10 per cento più ricco deteneva l’85 per cento della
ricchezza mondiale totale. La metà inferiore della popolazione adulta del mondo
possedeva l’1 per cento della ricchezza globale. Ma questa è solo l’istantanea
di un processo in corso… Notizie sempre più negative e sempre peggiori per
l’uguaglianza degli esseri umani, e quindi anche per la qualità della vita di
tutti noi, si susseguono di giorno in giorno. (…). Oggi, il paese più ricco, il
Qatar, vanta un reddito pro capite di ben 428 volte più alto del paese più
povero, lo Zimbabwe. E questi, non dimentichiamolo, sono confronti fra medie,
che ricadono quindi nella storiella del pollo di Trilussa… Diventa
evidente come una persistente “lotta di classe” all’incontrario sia
sopravvissuta e sia stata portata avanti nel mentre si sosteneva la morte delle
ideologie e della contrapposizione tra le storiche categorie sociali. Tutti
sempre più disuguali. Non potrebbe essere diversamente nella storia ultima nel
mondo occidentale. Scrivono Adriano Bonafede e Massimiliano Di Pace sul numero del
4 di marzo del settimanale “Affari&Finanza” – “La classe operaia è andata all'inferno in dieci anni redditi crollati
del 10%” - a commento di una indagine condotta dalla Banca d’Italia: Per i
lavoratori manuali, il reddito netto è cresciuto non soltanto meno di quello di
tutti gli altri gruppi sociali, ma anche molto meno dell'inflazione. I numeri
parlano chiaro: le famiglie della classe che un tempo Marx indicò come l'attore
principale che avrebbe dovuto scardinare il sistema capitalistico hanno vissuto
durante il "decennio berlusconiano" un vero e proprio tracollo. Di
fronte a un aumento complessivo del reddito netto familiare del 12,8 per cento,
ovvero dell'1,3 medio annuo, hanno dovuto subire un incremento dell'inflazione,
nello stesso periodo, molto più elevato, con il 2,2 per cento medio annuo. Alla
fine del decennio i redditi netti reali sono scesi del 9,5 per cento. Ma i dati
della Banca d'Italia dicono molto di più. Dicono che c'è stato un gigantesco
trasferimento di risorse - quelle scarse risorse che in un magro decennio l'Italia
ha saputo creare - dai lavoratori dipendenti nel loro complesso (compresi
dunque gli operai) a quelli autonomi (imprenditori, liberi professionisti,
commercianti). I primi, infatti, hanno perso il 3,1 per cento di reddito
rispetto all'inflazione (più 19,2 per cento la crescita del reddito contro
un'inflazione del 22,3), mentre i secondi hanno visto crescere le loro entrate
del 10,3 per cento in più rispetto alla marcia del carovita. Entrando
all'interno delle varie categorie, troviamo che, tra i lavoratori dipendenti,
sono stati i dirigenti a vincere, con un aumento dei redditi superiore di ben
14,1 punti percentuali rispetto all'inflazione. Gli impiegati sono riusciti a
malapena a tenere il passo del costo della vita, con una crescita di 1 solo
punto percentuale rispetto all'aumento dei prezzi. Imprenditori e liberi
professionisti, invece, hanno preso un 10,1 per cento in più. (…). Nel decennio
d'oro di Berlusconi è stata l'upper class ad avvantaggiarsi nettamente. La
maggior parte dei lavoratori dipendenti (ad esclusione dei dirigenti) sono
invece diventati relativamente più poveri. È l’amara realtà che la storia raccontatami da M.A.M. mi ha fatto
toccare con mano nella sua durezza. Riprendo di seguito l’interessante scritto
di Zigmund Bauman: L’ostinata persistenza della povertà su un pianeta alle prese col
fondamentalismo della crescita economica è già abbastanza per indurre le
persone pensanti a fermarsi un momento e a riflettere sulle vittime dirette e
indirette di una così ineguale distribuzione della ricchezza. L’abisso sempre
più profondo che separa i poveri e privi di prospettiva dai benestanti ottimistici,
fiduciosi e chiassosi - (…) - è una
ragione evidente per essere gravemente preoccupati. (…) …la principale vittima
della disuguaglianza che si approfondisce sarà la democrazia, in quanto i mezzi
di sopravvivenza e di vita dignitosa, sempre più scarsi, ricercati e
inaccessibili, diventano oggetto di una rivalità brutale e forse di guerra fra
i privilegiati e i bisognosi lasciati senza aiuto. Una delle fondamentali
giustificazioni morali addotte a favore dell’economia di libero mercato, e cioè
che il perseguimento del profitto individuale fornisce anche il meccanismo
migliore per il perseguimento del bene comune, risulta indebolita. Nei due
decenni che hanno preceduto l’accendersi dell’ultima crisi finanziaria, nella
grande maggioranza dei paesi dell’OCSE il reddito interno reale per il 10 per
cento delle persone al vertice della piramide sociale è aumentato con una
velocità del 10 per cento superiore rispetto a quello dei più poveri. In alcuni
paesi, il reddito reale della fascia al fondo della piramide è in realtà
diminuito. Le disparità di reddito si sono quindi notevolmente ampliate. «Negli
Stati Uniti, il reddito medio del 10 per cento al vertice è attualmente 14
volte quello del 10 percento al fondo», si vede costretto ad ammettere Jeremy
Warner, caporedattore di The Daily Telegraph, uno dei quotidiani più entusiasti
nell’esaltare la «mano invisibile» dei mercati che sarebbe capace, agli occhi tanto
dei redattori quanto dei lettori, di risolvere tutti i problemi da essi creati
(e magari qualcuno in più). Warner aggiunge: «La crescente disuguaglianza del
reddito, benché ovviamente indesiderabile dal punto di vista sociale, non ha
necessariamente grande rilevanza se tutti diventano contemporaneamente più
ricchi. Ma se la maggior parte dei vantaggi del progresso economico vanno a un
numero relativamente ristretto di persone che guadagnano già un reddito elevato
— che è quanto sta accadendo nella realtà di oggi — si avvia evidentemente a
diventare un problema». (…). In stridente contraddizione con le dichiarazioni
dei politici, che pretendono di essere riciclate come credenza popolare non più
soggetta a riflessione né controllata né messa in discussione, la ricchezza
accumulata al vertice della società ha mancato clamorosamente di «filtrare
verso il basso» così da rendere un po’ più ricchi tutti quanti noi o farci
sentire più sicuri, più ottimisti circa il futuro nostro e dei nostri figli, o
più felici… Nella storia umana la disuguaglianza, con tutta la sua fin troppo
evidente tendenza ad autoriprodursi in maniera sempre più estesa e accelerata,
non è certo una notizia. Scrivono ancora Bonafede e Di Pace: …per
gli operai, è sorprendente scoprire che nel primo decennio del XXI secolo
questa categoria non si è soltanto depauperata più di tutte ma è diventata
anche più numerosa, arrivando a rappresentare il 23,1 per cento delle famiglie
invece che il 20,8 per cento d'inizio secolo. Si direbbe che la “mobilità
sociale” l’è bella e morta.
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