È pur vero che gli sarebbe richiesto
un linguaggio diverso e, si sarebbe detto appena quindici mesi addietro, più “sobrio”.
Ma abbiamo visto la tristissima fine della “sobrietà”. Si è come volatilizzata,
disciolta ai primi raggi di sole. Il contagio del potere non risparmia nessuno.
Diciamoci però la verità: ma “sobrio” perché? La signora Boldrini
ha avuto modo di dire essersi trattato di offesa alle istituzioni. Ma quali
istituzioni? È che quelle istituzioni, alle quali la signora Boldrini allude,
hanno da tempo perso la rispettabilità loro dovuta. E non per colpa di un dio
cattivo, quanto per il loro essere e fare. Ed allora non scandalizziamoci più
di tanto, sfuggiamo se è possibile alla più perversa delle ipocrisie. È questa,
anzi, un’ottima occasione per dire come il distacco tra il popolo e la “casta”
possa ritenersi annullato: infatti, milioni e milioni di italiani, ovvero
rappresentanti del cosiddetto popolo sovrano, avranno connotato e denominato i
tanti comportamenti di alcuni rappresentanti di quella “casta” proprio con il
termine usato da B.; altro che storie di rispettabilità delle istituzioni! Per
non dire poi della grave colpa nella quale è incorsa negli anni la “casta”,
ovvero a quella sua opera nefasta che ha generato la “scarnificazione”, come
vado ripetendo da tempo, del pensiero complesso ed anche di quello meno
complesso nella società del bel paese. Cosa ci si doveva aspettare da una tale
mortifera pratica dell’antipolitica che è al potere? L’antipolitica è lì,
seduta, incollata su quegli scranni. Ha scritto Nadia Urbinati il 3 di
settembre dell’anno 2012 – sul quotidiano la Repubblica, “Il cortocircuito dell’insulto” -: (…). Odio e violenza verbali
hanno scandito la nostra storia politica in questi anni di transizione. Anni di
transizione incompiuta dalla democrazia dei partiti di massa a qualcosa di cui
nessuno sa ancora vedere i contorni, da quando odio e violenza erano domati
all’interno di narrative ideologiche che consentivano a chi le condivideva di
imbastire discorsi, nei quali gli avversari non erano le persone ma le idee per
le quali le persone si spendevano. La politica delle idee è una politica di
civiltà perché induce i cittadini a trascendere la dimensione personale - a
comportarsi e sentirsi come rappresentanti delle idee che condividono; ad avere
avversari, mai nemici da distruggere. Dalla fine dei partiti tradizionali
questa civiltà della rappresentanza, della separazione tra dimensione personale
e dimensione politica è decaduta. L’antipolitica è una conseguenza di questa
decadenza, (…). Chiaro? Non si scandalizzino perciò i signori al
potere, espressione dell’antipolitica per l’appunto. Scarnificato ben bene il
pensiero delle masse l’unica mezzo per comunicare con esse è il parlare da bar,
da curva dello stadio, da discoteca assordante. E B., che è uomo dello
spettacolo sino in fondo, capisce e conosce la via per comunicare con un
pensiero scarnificato ma intellegibile dai più, dai tanti. Oggigiorno si sa come
la comunicazione faccia presa solo ricorrendo a quel parlare che ha inorridito
i più (ma solamente a parole, credetemi. Del resto basterebbe leggere le
intercettazioni giudiziarie di lor signori per rimanerne esterrefatti). A meno
che: a meno che tutti gli elettori, ma proprio tutti ed in special modo quelli
di una certa parte politica, non siano di colpo divenuti appassionati lettori
del professor Zagrebelsky, del professor Rodotà, o per dire, del professor
Franco Cordero. Ma via, non burliamoci a vicenda. Di clowns ne abbiamo a iosa.
Chi oggi si scandalizza per la battutaccia di B. dovrebbe assumersene tutta
intera la responsabilità, invece d’apparire stupefatto e contrariato. Sono
sicuro, infatti, che milioni e milioni d’italiani non leggono quanto quegli
esegeti da me citati vanno scrivendo e denunciando, anzi inclinano a pensare ed
a parlare come l’onesto, favoloso signor B. Oggigiorno la riuscita “scarnificazione”
del pensiero avrà, come risultato ultimo, l’indifferenza generale dinnanzi a
quel “troie”
che la dice lunga sullo stato delle cose della politica nel bel paese e che tanto
ha scandalizzato gli occupanti di quel Palazzo. Scriveva ancora Nadia Urbinati
nel Suo pregevolissimo pezzo: I candidati, i leader e i cittadini che con
loro si identificano hanno in questi anni di decadenza della politica dei
partiti cominciato a “metterci la faccia”, come si sente dire spesso, la loro
faccia personale, a parlare in prima persona sfoderando le emozioni più intime
e gusti privatissimi, cose dalle quali non si può né dissentire né convenire,
proprio perché personali e non mediabili. Tutti come sovrani assoluti in un
gioco di parole al massacro che non fa prigionieri. Le trasmissioni di
“approfondimento” hanno fatto la loro fortuna mettendo in scena questo tremendo
circolo vizioso di istigazione alla violenza verbale e denuncia dei suoi
effetti devastanti. La pubblicità è assicurata in entrambi i casi. E allora, i
gusti, le opinioni di pancia, le caricature dell’avversario, la distruzione del
carattere, il dileggio e il disprezzo sono diventati le componenti del
discorso, che discorso ovviamente non è. Questa privatizzazione del linguaggio
politico ha spalancato le porte alla pratica dell’insulto, con l’uso delle
parole brandite come clave e dei decibel usati come strategia per imporre il
silenzio. L’arena politica come un Colosseo. E la società civile stessa, dalla
carta stampata ai blog, come un ring nel quale non si valutano e discutono le
preferenze o le opinioni, ma si manda a ko o si distrugge moralmente chi non la
pensa allo stesso modo. Tutto questo per fare spettacolo, per attirare
l’attenzione, per crescere nei sondaggi. (…). Succede (…) che abitare in una
società democratica allena anche senza premeditazione alla riflessione, al
pensare con la propria testa, al rivendicare i limiti del potere, quale che
esso sia. (…). Con un certo sollievo teorico osserviamo che in democrazia non
c’è proprio modo di ingessare una condizione per sempre, di replicarla senza
rischio di vederla contestare, di accumulare consensi senza pagare il costo del
dissenso, di vincere solo e mai perdere, di crescere e mai calare nei sondaggi.
(…). Fine dell’illuminante citazione. Spero di non avervi tratto in
inganno: il signor B. in questione – che ho asteriscato nel titolo del post – è
il favoloso Franco Battiato.
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