Ove si parla dell’inferno e
dell’orribile belzebù, incubi entrambi del nostro immaginario collettivo da
medioevo. Ha scritto Paolo Flores d’Arcais – in “Papa Francesco, una partita ad alto rischio” su “il Fatto
quotidiano” del 15 di marzo -: Un ateo “auspica” secondo i propri valori,
nella convinzione (…) che tutto si giochi nella breve durata dell’esistenza,
perché con la morte tutto si conclude e ogni aldilà di riscatto, premio,
punizione, è pura illusione, pura superstizione. È questa una visione
della vita e della morte assieme. Visione che nulla vuole togliere a chi vive
per una vita futura durante la quale potrà godere della visione del supremo e
delle beatitudini del cielo. Una visione, quest’ultima, tra le tante. Una
visione che si fa forza di quelle “certezze” che afferiscono alla
sfera dell’individuo, del privato, e che abbisognano d’essere condivise con
altri che di simili “certezze” si nutrono nel periglioso cammino della vita. È che
con queste “certezze”, diffuse quali “verità”, si ha l’ardire di plasmare
il vivere civile per sé e per gli altri. Ciechi e sordi al mondo in cui si
vive. Ha scritto Giacomo Papi ne’ “L'inferno”
– sul settimanale “D” del 17 di luglio dell’anno 2010 -: (…). In pochi hanno preso alla
lettera Ratzinger quando ha affermato che all'inferno i pedofili bruceranno a
velocità doppia rispetto a ladri e assassini. Nessuno ha più la pazienza di
aspettare le felicità o di temere le dannazioni future. Nessuno ha più voglia
di attendere le conseguenze della vita. Tutto deve avvenire subito,
all'istante, ora, qui, in questa esistenza che quell'altra chissà se c'è
davvero e se mai arriverà. È in questa vita che bonus e malus vanno incassati e
liquidati, in contanti. Non esiste più una vita di prova, la vita è in diretta,
anche se il materialismo non ha trionfato. La modernità non ha affatto ucciso
il senso del sacro che sopravvive, sotto forma di caricatura, nei giornali,
nelle pubblicità, nei negozi. Scrisse Gafyn Llawloch, il grande anarchico
gallese, in Beauty is Beauty: "Ecco s'avanza la schiera delle nuove
reliquie. Sono le merci. Ecco s'avanza la schiera dei santi moderni. Sono le
star del cinematografo". Oggi, questi santi sono i vip. Non è esaltante,
ma ho qualche dubbio che le immaginette classiche, piene di frecce, piaghe e
sanguinamenti, siano meno grottesche e pagane delle foto di Corona e Belen che
limonano al mare. Il sacro, quando è rappresentato, ha sempre un che di comico
e kitsch. E non so se sia più sana un'epoca che, come la nostra, cerca la felicità
e il dolore nella vita che vive e il bene e il male nel mondo, o una che
rimanda ogni senso a una vita ulteriore. (…). Emerge, dallo scritto di
Giacomo Papi, il dramma dell’uomo in ogni tempo, allorché il suo sentire va a
cozzare con visioni statiche, artificiosamente costruite dell’umana esistenza e
che “rompe” con quelle indicazioni “pastorali” di vita sempre in
ritardo coi tempi e che non reggono alle mutazioni incessanti dell’umano
sentire. A proposito dei pedofili il nuovo vescovo di Roma ebbe a dire, nello
stesso anno 2010: “Se c’è un prete pedofilo è perché porta in sé la perversione prima di
essere ordinato. E sopprimere il celibato non curerebbe tale perversione. O la
si ha o non la si ha”. Caritatevolmente parlando. E sui matrimoni
omosessuali nel 2005 affermava: “I matrimoni gay sono un segno del diavolo e
un attacco devastante ai piani di Dio”. Ma quali sono questi piani di
dio? Non si è sempre detto come essi siano imperscrutabili? Altrimenti la
domanda: per quale motivo tollera il male, se quei piani si possano appalesare?
O si appalesano solamente per i matrimoni gay? Del pensiero che egli porta per
le donne si è già trascritta la lettera di Lidia Ravera. Conclude, senza
speranza alcuna, il Suo scritto Paolo Flores d’Arcais: (…). …Francesco continuerà a
confondere peccato e reato, e a opporsi con ferocia, come ha fatto anche
recentissimamente da primate dell’Argentina, a una legislazione liberale e
democratica in fatto di matrimonio egualitario (cioè anche tra omosessuali), di
pro choice della donna rispetto alla propria gravidanza, di libertà di decidere
sul proprio fine vita. Per il matrimonio omosessuale ha tirato in ballo Satana
che aggredisce Dio, e sarebbe ancora il meno, se avesse con ciò voluto
ricordare al gregge che un omosessuale finisce all’inferno (…). Un Papa che osa
scegliere il nome del poverello di Assisi, violando un timore e tremore di
secoli, pronuncia con questo gesto un giuramento solenne al miliardo e duecento
milioni di credenti, e a tutti “gli uomini di buona volontà” a cui fin dalla
sua apparizione al balcone di san Pietro ha voluto rivolgersi. Testimonia e
promette di voler prendere sul serio il vangelo, quando dice che non si può
servire a due padroni, a Dio e a Mammona (Matteo, 6,24), cioè oggi allo Ior e
alle “opere di religione”. Aut, aut: o le speculazioni dei banchieri e la
copertura a corruzione e riciclaggio, o l’elemosina ai poveri, la metà del
proprio mantello agli ultimi. Ci si augura, da “uomini di buona volontà”,
che la titanica lotta che il vescovo di Roma dovrà necessariamente ingaggiare
con la “struttura” millenaria per ridare dignità alla sua chiesa lo
veda vincente contro i demoni asserragliati nel suo marmoreo, fastoso palazzo. Scriveva
Giacomo Papi nel sottotitolo al Suo pregevole pezzo: “Il diavolo non sta più al centro
della terra, seduto tra le fiamme”. È il caso di dire che i “demoni”
sono tra di noi. Riconosciamoli e scacciamoli dal tempio e dalle nostre vite.
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