"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 1 novembre 2025

CosedalMondo. 75 Angelo Flaccavento: «Sono un pubblicitario, vivo di mistificazioni e delle pappe in cui riduco i cervelli. Ma le ricordo che incantare con le parole, mitizzare, affabulare è una delle più sincere esigenze umane, da sempre. È dalle caverne che l'uomo racconta balle».


La scuola e gli insegnanti hanno il dovere di ridare ai giovani la speranza mostrando la seduzione della cultura e delle idee, fuori dalla vita virtuale. (…). Dove (…) porterà questa scissione in un'epoca come la nostra dove sono crollate non solo le regole della morale, ma anche quelle del decoro. Come (…) distinguere il bene dal male, il giusto dall'ingiusto, il vero dal falso se il tempo (…) nel mondo virtuale supera di gran lunga il tempo trascorso nel mondo reale, decisamente meno allettante di quello virtuale? Oggi la scuola ha un compito decisamente più importante e impegnativo di un tempo. Deve far apparire il mondo reale più affascinante di quello virtuale. Impresa ciclopica, che può avvenire solo a scuola, con professori carismatici che sappiano catturare gli studenti in quella terra di emozioni dove di fatto si trovano, e da lì far nascere il gusto per le idee che sono l'unico argine alla dispersione incontrollata dell'energia giovanile. La famiglia è impotente perché, dopo i 12 anni, le parole dei genitori appaiono parole vane che non incidono più. E se anche quelle degli insegnanti sono appassite e spente, speranze non se ne danno più. Se l'istruzione è l'unica diga alla dispersione, allora la scuola va sostenuta non solo economicamente, ma anche con un'adeguata selezione degli insegnanti, misurata non solo sulla loro cultura, ma sulla loro capacità di dire parole che i ragazzi sentono come vere e, a partire da quelle, incominciano a pensare e a bilanciare la seduzione del virtuale con la seduzione delle idee che hanno interiorizzato e che fanno il controcanto al canto delle sirene del mondo virtuale. Altra via non c'è. E, smarrita questa, altre non se ne danno. (…). (Tratto da “Il mondo reale deve apparire più affascinante” di Umberto Galimberti pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 3 di maggio dell’anno 2014).

“Storytelling, dica lei…”, testo di Angelo Flaccavento pubblicato sul periodico “U” del quotidiano “la Repubblica” del 30 di ottobre 2025: Signore, per piacere, si fermi.  Ci racconti la sua storia, lei che di tutte le storie è il re, la voce cui tutti ricorrono per vendere prodotti inani o raccontare il proprio insulso quotidiano, lei che è lo strumento imprescindibile per la trasmissione di sé, oggi che l'esistenza stessa è una sorta di infinita televendita. Si fermi, signor Storytelling, e confabuli con noi. «Pur volendo, non potrei, mio caro interlocutore: sono poco interessato, e per nulla incline, al conversare. Tutto quel che so fare è confondere, irretire, intortare, in prima persona. Della gente mi cale il minimo indispensabile, solo e sempre come spettatori imbambolati; il dialogo non mi stimola nemmeno un po'. Mi basto. Quel che mi piace e appaga è il bagliore che emano, calamitare tutte le attenzioni. Sono così convincente in questa attività egotica e prodiga di emozioni a buon mercato, che ipnotizzo un po' tutti».

Impossibile darle torto. A causa sua è tutto un fiorir di storie e storielle, di apologhi e raccontini, banali assai però, addirittura triviali, eppure capaci di muovere le masse. Come ci riesce? «Suppuro gli ego, con la promessa del "puoi farlo anche tu": è questo il senso delle mie attività, la ragione del mio dilagare. Influencer, tiktoker, bricoleur del self-streaming che ritengono degna di una immortalità di pochi secondi la loro trita esistenza, le loro più banali attività e il loro stile prezzolato sono i miei ambasciatori. È grazie a loro che sono diventato chi sono».

Questo è chiaro. Meno, invece, a che pro avvenga tutto ciò. «Per puro godimento personale, per sopperire alla noia, per guadagnare un sentimento di importanza. Tocco nervi così scoperti da unire in un solo affiato esibizionisti e voyeur, aspiranti guru e follower. Ho imposto una trasmissione a reti unificate a uso, consumo e stordimento generali, convincendo che si viva veramente solo se le esperienze passano dallo schermo e, truccate a dovere, le si schiaffa in faccia a tutti con prove tangibili e riproducibili. Digito ergo sum, e addio ricordi che nutrono memorie incancellabili perché sempre lì in bilico sul crinale dell'oblio. Non si coglie l'attimo, ma lo si registra e distorce per farlo vedere agli altri. Splendido, no?»,

Tutto questo non sottrae dal presente, non distrae dalla vita? «Si, ma ne giova il marketing, di persone e prodotto. C'è sempre qualcosa da vendere a qualcuno che guarda».

Da strumento di comunicazione lei sembra però essere diventato centro di gravità permanente. Dei fatti e forse anche dei prodotti non frega più niente a nessuno: si racconta per raccontare, si parla per parlare, e lei stesso da strumento si è fatto merce, in un cannibalismo feroce di chi la spara più grossa e sorprende con la storia più inaudita. «Sono un pubblicitario, vivo di mistificazioni e delle pappe in cui riduco i cervelli. Ma le ricordo che incantare con le parole, mitizzare, affabulare è una delle più sincere esigenze umane, da sempre. È dalle caverne che l'uomo racconta balle. Io ho solo portato questa attività a nuove vette, a nuovi livelli di eccitante stordimento, facendo a meno della verità. Vedere le cose come stanno non piace a nessuno. Io offro filtri, chiavi di lettura, punti di vista e punti di fuga. Almeno, questo è lo storytelling di me Storytelling».

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