"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 17 novembre 2025

MadeinItaly. 67 “Cose dal bel Paese”.


La nostra premier, sempre in bilico tra la rappresentante di una istituzione e l'infervorato capo ultrà di una qualche curva, giorni fa ha brandito la tabella di "Reporter senza Frontiere" per dimostrare come durante il suo governo la libertà di stampa sia aumentata. Peccato però che, a leggerla bene (anzi, a leggerla e basta), quella classifica sancisse esattamente il contrario. Così, se Giorgia volesse dare un altro "contributo silenzioso", come sulla tregua in Palestina... il tema della libertà dell'informazione in Italia sarebbe l'occasione perfetta per tacere. Per dire: Ranucci, quello curiosamente sanzionato dal Garante (un nome, una garanzia), ha dichiarato di aver ricevuto 176 querele o richieste di risarcimento danni nella sua carriera, nessuna delle quali sfociata in condanna. I casi sono due: o è davvero molto fortunato, oppure lo citano in giudizio solo per rompergli la minchia. Non sottovalutiamo certi segnali: perché si inizia con il tritolo sotto casa e si finisce, in una tragica escalation, con le scritte "infame" in un ascensore. (Tratto da “Se il garante non è una garanzia” di Dario Vergassola pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 14 di novembre 2025).

CoseDalBelPaese”. 1 “Gli sbraccialettati”: Siete ancora e oggi come sempre dei poveri comunisti», disse un giorno Berlusconi, là dove la gloriosa efficacia dell'invettiva, ormai da anni riprodotta su magliette e altri prodotti della nostalgia, stava tutta in quel sonante roteare di avverbi di tempo - "ancora", "oggi", "sempre" - così come nell'ambiguo uso dell'aggettivo "poveri". Ma quando (…) l'ex ministro Sangiuliano ha mostrato civettuolo (…) il suo braccialetto parlante, ecco che la rampogna del Cavaliere si era dolosamente e dolorosamente rattrappita, «Siete dei poveri comunisti», perché intorno al polso non entrava. E come sempre si potrà storcere il naso per l'eccesso interpretativo, ma quella contrazione di parole dice qualcosina sull'ennesimo e generale scivolamento del discorso pubblico, sempre più esteriorizzato e superficiale. Anche perché il braccialetto, vezzoso palinsesto visivo, inconfessabile amuleto e muto segnalatore identitario, risulta ormai abbondantemente trasversale, vedi Salvini a destra e Decaro a sinistra, entrambi gravati ai polsi da lacci, laccetti, cordicelle e perline che richiamano impegni sociali o patriottici, traguardi personali, ricordi di famiglia, madonnine, squadre di calcio e campagne politiche in forma intrecciata, colorata e plastificata. L'anziano tenutario di questa stravagante rubrichetta può garantire che non è stato sempre così. La moda dei braccialetti maschili e di potere si affacciò, ancora in via ornamentale, alla metà degli anni 90 del secolo scorso, fra i primi indossatori si ricordano Fini, Maroni e Alemanno. Circa dieci anni dopo, magari e anche con l'intento di apparire più giovani di quello che erano, fu la volta - fra gli altri - di Casini, Letta, Totò Cuffaro, Formigoni, addirittura Prodi, certo ignaro delle coeve ostensioni filantropiche di Briatore, in argento e caucciù, pro-bambini poveri di Arzachena. Prima che si arrivasse alla mini croce da dandy cristianista dell'ex onorevole Pillon o all'aquila gladiatoria sfoggiata al polso dell'ex falconiere della Lazio Juan Bernabè, era partita la stagione tematica: tricolore, ambiente, padre Pio, omofobia, atleti italiani alle Olimpiadi e - perché no? - anche il braccialetto del bunga bunga, in vendita per sette euro e spacciato quale "afrodisiaco e profumato". Nel frattempo al Meeting dell'Amicizia di Rimini, luogo di astruse ma eloquenti sperimentazioni, comparve pure il cordino brandizzato dell'Eni con su scritto "L'energia è una bella storia". Ora, non s'intende qui stabilire una correlazione tra la proliferazione dei braccialetti e l'astensionismo elettorale. Ma almeno riparare il torto fatto a Berlusconi per avergli accorciato la frase sui «poveri comunisti» - fermo restando che poveri, in fondo, restiamo tutti.

CoseDalBelPaese”. 2 “Con i ragazzi parliamoci. Ma alla pari”Nel liceo di mio figlio avevano avuto una buona idea: organizzare una conferenza per parlare di Gaza, invitando storici, ong, intellettuali, per uscire dagli slogan e cercare di capire davvero quel che sta accadendo in Medio Oriente. Mi è sembrata subito un’iniziativa intelligente perché era un modo per parlare con i ragazzi di un tema che sta loro a cuore, cercando di allargarne lo sguardo. Non lasciandoli da soli o preda delle derive più estreme, ma interloquendo con la loro sete di giustizia. Nella preparazione dell’incontro erano stati coinvolti insegnanti, studenti, genitori. Era stato fatto quindi un piccolo miracolo: far incontrare generazioni diverse che avrebbero tutte portato il loro contributo. Poi, si è messa di mezzo la politica. Qualcuno ha sollevato dubbi sugli invitati, giudicandoli troppo di parte. La scuola è stata presa di mira dal deputato della Lega Rossano Sasso, in passato sottosegretario all’Istruzione. La conferenza è stata rinviata per evitare tensioni e il liceo è stato occupato Mi è sembrata un’occasione sprecata: la dimostrazione che una delle cose che ci riesce più difficile, oggi, è parlare con i ragazzi. Invece di giudicarli, accusarli, rimproverarli, rimetterli in riga. Basta poco, e la possibilità del dialogo salta perché è come se non lo volessimo davvero: vorremmo che ragionassero come noi, che fossero meno estremi, che usassero parole d’ordine meno scorrette. Vorremo che le loro ribellioni fossero contenute, rassicuranti. Sono circondata da amiche secondo cui i genitori degli adolescenti di oggi sono troppo morbidi. Pensano che facciano troppo i confidenti e poco gli adulti. Che siano troppo attenti a non farli soffrire, troppo preoccupati dei loro dolori. Non so se sia vero, sono sempre molto restia a trasformare quel che vedo intorno a me in statistica, ma non mi ha mai convinta l’idea che quel che si sia perso, nel rapporto genitori figli, sia la durezza, il principio di autorità. O meglio, non mi ha mai convinta l’idea che questo possa essere un male. Quel che invece credo possa esserlo, è star loro troppo addosso. Invadere la loro vita scolastica intromettendosi nei rapporti con i docenti (succede fin troppo spesso); aumentare la loro ansia da prestazione con aspettative eccessive; pretendere che realizzino i sogni che noi abbiamo per loro, invece di lasciare che trovino i propri; esaudirne i desideri prima ancora che li esprimano, come fossimo perennemente dentro a una gara per il miglior genitore dell’anno. Fare tutto questo e poi, paradossalmente, perdere l’occasione di parlare con loro di temi che ritengono importanti, per cui scendono in piazza, per cui riscoprono una cosa che pensavamo dimenticata: la mobilitazione. Perdere l’occasione di un incontro alla pari in cui non siamo noi a spiegare loro come va il mondo, ma in cui tutti sono liberi di portare un punto di vista. E magari, per una volta, invece di sbattersi porte in faccia, incontrarsi a metà strada.

N.d.r. I testi sopra riportati sono a firma, rispettivamente, di Filippo Ceccarelli e di Annalisa Cuzzocrea e sono stati riportati sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 14 di novembre 2025.

StorieDalBelPaese”. Alla mattina del 16 di novembre, Useppe ebbe il primo, grave accesso della malattia che lo minava. Dopo il suo piccolo dialogo rassicurante con la madre (era circa l'una e mezza) il bambino, ripreso sonno, aveva dormito tranquillo il resto della notte. E dormiva ancora quando, di mattina presto, Ida si alzò e passò a preparare il caffè in cucina. Fu qui, mentre accendeva i fornelli, che essa inaspettatamente se lo vide comparire davanti, nel suo pigiamino da notte di fustagno, a piedi nudi e con una espressione attonita; le gettò appena un'occhiata interrogativa (o così le parve) ma subito di corsa tornò indietro. E lei stava per richiamarlo, quando le arrivò, dalla stanza da letto, un urlo di orrore e devastazione inaudita, che non assomigliava a nessuna voce umana: tale da lasciarla paralizzata per qualche istante, a chiedersi da dove uscisse quella voce. (Tratto da “La Storia” – 1974 – di Elsa Morante).

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