"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 31 ottobre 2025

CosedalMondo. 74 "Senza titolo".

                  Sopra. "Donna di Salvador", acquerello (2025) di Anna Fiore. 

Col cuore palpitante presi subito in mano l’Ariosto e trovai che il primo verso della settima strofa del nono canto era:

Tra il fin d’ottobre e il capo di novembre.

La precisione di quel verso, e il fatto di vederlo così appropriato al mio caso, mi sem­brarono tanto mirabili che, senza dire di aver­vi prestato fede, il lettore mi vorrà perdonare se gli dichiarerò che mi disposi a fare tutto quello che dipendeva da me per favorire il veri­ficarsi dell'oracolo. Lo strano è che «tra il fin d'ottobre e il capo di novembre» non v'è che mezzanotte, e fu precisamente al suono della campana di mezzanotte del 31 ottobre che io uscii dai Piombi, come il lettore vedrà. (Tratto da “Fuga dai piombi” – 1787 – di Giacomo Casanova).

UnaVita”. 1“Perché nessuno è al sicuro”: E allora: chi controlla i controllori?  Avrete già sentito questa domanda. Se la fece per primo Giovenale nella Satira. Se ne occupò il sociologo americano Mills, criticando la struttura di potere negli Stati Uniti (pensa se se ne occupasse oggi). (…). E soprattutto, che cosa c'entra questo con i padri e il coraggio di cui hanno bisogno? Prendete quest'uomo di 50 anni e rotti, sposato da venti, con un figlio adolescente. Preoccupato, come molti e come logico. Ci vuole niente, dice. Il sabato sera. Un bicchiere di troppo, un incidente. Oppure si trova con gli amici, fanno tardi, incontrano una ragazza, hai presente il figlio di quello famoso e di quell'altro? Poi sono grane per tutta la vita. E hai voglia a dirgli: non bere, attento a con chi stai e a quel che fai, un no è no. Può bastare? Figurarsi. E allora meglio controllare. Il geo-localizzatore sul telefono cellulare, l'orologio al polso, collegato con una centrale a casa che misura i livelli di stanchezza, di stress, il presunto tasso alcolemico perfino. Ogni padre ha un secondo lavoro: guardiano notturno. Tutta questa azione di spionaggio, che poi segreta non è perché, come una telecamera finta all'ingresso, è il potere deterrente che conta, tutto questo apparato di controllo servirà a qualcosa? Scuote la testa. Dice: il punto non è lo spionaggio, ma il controspionaggio. Perché in questo tempo strumenti del genere li sanno usare molto meglio i figli adolescenti dei padri cinquantenni. E così: i controllati possono controllare i controllori. Dice: è andato tutto bene fino al suo primo sgarro e alla conseguente minaccia di punizione. A quel punto il figlio 17enne, con una media scolastica appena sufficiente, allegro proprietario di una macchinetta, assiduo giocatore di padel e ancor più assiduo smanettatore di cellulari ha abbassato gli occhi sullo schermo del suo telefonino e li ha rialzati per mostrare una schermata, poi un'altra, un'altra ancora. In rapida sequenza il padre 50enne ha ripercorso la propria vita prima di una morte metaforica. Ha visto scorrere la cronologia del computer con evidenziati siti porno e forum dei frequentatori di escort, la multa per eccesso di velocità mai comunicata in famiglia perché presa in una località inopportuna, con conseguente geo-localizzazione in un albergo-ristorante della zona. Due fotografie. Un messaggio. Uno solo, ma terminale come una lapide. Ha guardato suo figlio come il presidente degli States dovrebbe guardare la Corte Suprema se ancora lo controllasse, come il potere esecutivo dovrebbe guardare quello giudiziario se non lo spennasse ogni giorno. Non come un padre dovrebbe guardare un figlio. Ma queste minacce, queste trappole della modernità in cui si teme possano cadere i ragazzi, non avranno già preso (anche) gli uomini? Come nell'ultimo romanzo di Ian McEwan un narratore onnisciente perché scrivente da un futuro in cui tutto potrà essere ricostruito e niente rimarrà segreto (tranne quello che affidiamo alla carta e, poi, all'acqua o al fuoco) dirà che abbiamo vissuto in un'epoca i cui i controllori, a ogni livello, erano al tempo stesso controllati, e viceversa, ma nessuno, né padri né figli, né uomini né ragazzi era al sicuro.

UnaVita”. 2 “Gli immortali”: Nell'ormai famosa conversazione informale tra dittatori, trasmessa il 3 settembre dalla tv cinese, il 72enne Putin diceva al suo coetaneo Xi Jinping: "Con lo sviluppo delle biotecnologie, gli organi umani possono essere trapiantati più volte e le persone possono vivere più a lungo e persino raggiungere l'immortalità". E Xi Jinping, che vedeva il suo adorato collega (…), malinconico e malandato – (…) - lo confortava così: "Una volta la gente raramente viveva oltre i 70 anni. Adesso a quest'età lei è un bambino". Con modestia, si accontentava, intanto, di 150 anni di vita: "Secondo le previsioni - gli diceva - già nel corso di questo secolo gli esseri umani potranno vivere fino a 150 anni". E infatti ci sono rimedi, non estetici, che Putin sta facendo studiare ai suoi medici di fiducia, finanziando, (…), con 172 milioni di rubli un serissimo programma sulla longevità dell'endocrinologa Maria Vorontsova, che non porta il suo nome, ma è sua figlia. Perfezionando l'antica idea di protesi, che ancora comincia con il bastone ma già arriva alle coscienze di intelligenza artificiale, Putin e Xi Jinping si sono messi a sognare, non una doppia vita, ma una vita che duri il doppio e poi triplo, il quadruplo e insomma si misuri in secoli, grazie ai pezzi di ricambio, ai trapianti, al fegato usa e getta, al cuore che si autorigenera, alla prostata che si sgonfia con una pillola e poi ricomincia a gonfiare come si deve. E finalmente il Superuomo avrà un secondo corpo nell'armadio e poi un terzo e pure un quarto, ben oltre quell'ingenuotto di Dorian Gray e del suo decrepito quadretto. Senza fare patti col diavolo, anzi basta con la letteratura, non ci sarà più bisogno della fantasia di Kundera e neppure degli avatar e della second Jife virtuale, niente più Aldilà, l'altro mondo sarà sulla terra e più precisamente a Mosca e a Pechino: "Eternità, spalanca le tue braccia", cantavano i Camaleonti nel 1970. E speriamo che nei libri di storia, anzi di preistoria, venga ricordato Silvio Berlusconi, il quale fu il vero ponte tra l'uomo e il superuomo, visto che ben prima di Putin e Xi Jinping pensava che la chirurgia avrebbe trovato pezzi di ricambio e rimedi a tutto, al corpo troppo vissuto, alla pancia a pera, alla statura, alla calvizie, alla gastroenterite, alle borse sotto gli occhi, e poi reni, fegato, budella, la famosa prostata che guarì dal cancro. Maestri antesignani della protesi furono Rasputin, Frankenstein e il dottore che aveva promesso l'immortalità appunto a Berlusconi e si chiamava Scapagnini, simpatico ribaldo che dichiarò in tv: "Tecnicamente è immortale". Gli feci notare che l'idea di tenere in borsa organi di pronto ricambio ricordava l'ironia di Giorgio Gaber che, in una delle sue ballate, immaginava di lasciare le chiappe sul divano o di perdere un braccio salutando dal finestrino del treno, "mi dispiace che c'avevo l'orologio". Scapagnini si mise a ridere e si corresse così: "Quasi immortale, comunque vi seppellirà tutti. Io e lui batteremo Matusalemme". Berlusconi in quel momento aveva 67 anni. Morì a 87, nel 2023. Scapagnini, che era più giovane, era morto nel 2013. "Morire è un dovere", diceva Umberto Veronesi che evocava quel paese, immaginato da Saramago, dove nessuno più muore perché, semplicemente, la morte ha smesso di fare il suo lavoro. Dopo la prima reazione di festa, tutti si accorgono che è un disastro. Le persone, in condizioni terribili, non possono né guarire né morire. Vuol dire che muori oggi e muori domani, ma non muori mai. Ecco: morire è un dovere. Anche per i dittatori che non solo non riescono a sconfiggere la morte, ma finiscono tutti male, da Attilla a Hitler, da Ceausescu a Gheddafi, da Pol Pot a Saddam. E se avessero corpi di ricambio verrebbero linciati pure quelli.

N.d.r. I testi sopra riportati sono a firma di Gabriele Romagnoli e di Francesco Merlo e sono stati pubblicati sul periodico “U” del quotidiano “la Repubblica” del 30 di ottobre 2025.

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