"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 10 aprile 2024

Uominiedio. 46 Enzo Bianchi: «Scrissi che con Papa Giovanni un cristiano diventava Papa, scrivo oggi che con Francesco un uomo è il nostro Papa, con limiti umani precisi, ma con una radicale obbedienza al Vangelo».

 

Sopra. Alessandro Casolani "La consegna delle chiavi a san Pietro" (olio su tela, 1605) custodito in Siena.

Fin dal nome, la chiesa delle Sperandie è una letizia: tipicamente senese, e dunque nascosta e riservata, tutta succo e niente apparenze esteriori.  Una delizia barocca nella città del gotico. Tra le sue pale d'altare ce n'è una che mi è particolarmente cara. Non tanto per la sua qualità artistica, no: è una onesta cosa dell'estrema maturità di Alessandro Casolani, (…). Mi è cara perché è uno dei pochi quadri che conosco in cui il pittore non rappresenta solo il succo dottrinale del brano evangelico chiestogli dai committenti, ma ci mette anche un dettaglio che fa intendere da una parte che il Vangelo se lo era letto davvero, e dall'altra che lo sentiva attraverso quella stessa creatura, cioè la percezione delle cose concrete per cui aveva scelto d'essere pittore, e non teologo. La storia è quella della consegna delle chiavi a San Pietro, secondo il titolo clericale e papista che segna il brano su cui si chiude il vertiginoso Vangelo di Giovanni. Nel quale in effetti non si parla di chiavi, ma di pascere le pecorelle del Cristo con amore: ecco il ministero petrino, fondato su una triplice e meravigliosa richiesta di amore. Sì, come un fidanzato adolescente, il Gesù risorto, trionfatore sulla morte e signore degli elementi chiede a Pietro tre volte di fila: «mi ami tu?». Tre volte: come tre volte Pietro l'aveva rinnegato, tradito, abbandonato nell'ora più nera. Ecco l'unica cosa davvero necessaria per esercitare il servizio della guida, nella prospettiva cristiana: amare. Non si capisce tutto questo, però, se non si legge anche il resto. Gesù aspetta i discepoli sulla spiaggia: essi erano a pesca, ma non prendevano nulla. Appare il Risorto, e le reti si tirano su a fatica, da quanto pesce hanno preso. Poi sparisce di nuovo, e li aspetta a terra: «Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane... Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti». Quanto era lontano questo Dio, dagli idoli degli altri popoli! Un dio che appena risorto dai morti cucina pesce arrosto per i suoi amici: in una celebrazione piena, felicemente corporale, della vita, e della vita insieme. Ecco, Alessandro Casolani i pesci sulla brace non se li è scordati: anzi, li ha messi in primo piano. Capendo bene dov'era davvero, il succo della storia. (Da “Pesci sulla brace per tutti” di Tomaso Montanari, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 5 di aprile 2024).

“Un Papa umano”, testo di Enzo Bianchi pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” dell’otto di aprile 2024: In una delle ultime conversazioni con il teologo Joseph Moingt, uno dei maggiori esperti di cristologia della Chiesa cattolica, osservavamo che i cristiani faticano nel credere e nell’accettare la piena umanità di Gesù. Per questo, quasi come testamento, ha lasciato scritto che “ciò che era straordinario in Gesù era il suo essere umanissimo”. Infatti certi comportamenti di Gesù li dimentichiamo perché troppo umani, rivelatori di un carattere particolare, non sempre dolce e solenne come noi desidereremmo dal Figlio di Dio. Succede così anche nella vita della Chiesa: prima che si formi la leggenda devota e pia di un cristiano si osservano il carattere, il temperamento e si formula un giudizio di approvazione, diffidenza o rifiuto.  Questo si ripete anche per ogni Papa (…). I cristiani sono innamorati di Papi ieratici come bassorilievi assiri, che fanno “epifanie” quando si fanno vedere, stanno in cattedra quando parlano e nascondono la loro umanità ai mortali: anche il loro corpo nella vita quotidiana non apparterrebbe più a loro ma alla Chiesa, perché ciò che conta è la modalità di presenza, non la loro persona. Queste sono ottiche docetiche che negano come sia proprio il nostro corpo e la sua vita a rendere testimonianza a Cristo. Nei giorni scorsi alcune interviste e un libro intervista di Papa Francesco hanno acceso un dibattito, suscitando critiche: scrive troppo, parla troppo, non ha il senso della diplomazia e non disdegna di farsi vedere nella sua fragilità e nella sua malattia. Recentemente è riuscito a sorprendere tutti facendo silenzio invece di pronunciare l’omelia o farla leggere: segno profetico che rivela che quando le parole non sono ascoltate il silenzio del profeta grida la verità sulla pace e sulla follia della guerra. Non sono un adulatore di Papi e so porre interrogativi critici quando la mia coscienza cristiana mi spinge a farlo, ma certo so distinguere il carattere di un Papa, che può piacermi o no, dal suo carisma e dal suo servizio alla comunione delle Chiese. Non si può chiedere a un Papa di non essere umanamente sé stesso: a lui si deve chiedere di confermare i fratelli nella fede, di non contraddire il Vangelo e di ricordarlo sine glossa, nella sua radicalità, a coloro che lo ascoltano, di usare sempre misericordia.  Questo Francesco lo fa e nessuno, salvo i folli che lo giudicano eretico, lo nega. Sì, i cattolici devono smettere l’idolatria del Papa e ricomprenderlo come successore di Pietro: quest’ultimo aveva un carattere poco amabile secondo il Nuovo Testamento, ma è stato scelto come pastore del piccolo gregge che resta gregge di Cristo. Scrissi a suo tempo che con Papa Giovanni un cristiano diventava Papa, scrivo oggi che con Francesco un uomo è il nostro Papa, con limiti umani precisi, ma con una radicale obbedienza al Vangelo.

 

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