“UominicheUccidonoDonne”. “Lei rideva, lui l’ha uccisa” di Carlo Lucarelli pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 18 di novembre dell’anno 2022: I fatti, nudi e crudi, sono questi: la sera del 6 agosto 1945, davanti alle giostre del luna park di via Tiburtina, a Roma, il signor Trento uccide sua moglie Valentina con tre coltellate nella pancia. Arrestato dai carabinieri con il coltello insanguinato ancora in mano, il signor Trento confessa di averlo fatto per gelosia e finisce sotto processo. In corte d'Assise, però, nelle parole degli avvocati, e soprattutto sulla stampa, la storia si trasforma, prende un'altra piega e con una curiosa giravolta si ribalta completamente. Il signor Trento era un attrezzista teatrale sposato con la bella Valentina. Felicemente sposato, si fa notare, una bella coppia con una vita meravigliosa modestamente ma onestamente sostenuta dalle 35 lire al giorno del marito. Poi, la guerra. Il signor Trento era partito per la campagna di Russia, si era salvato dalla ritirata, dopo l'8 settembre aveva risalito l'Italia con gli Alleati, e finalmente era tornato a casa. Dove, però, aveva trovato una moglie diversa. Irretita dal senso di libertà dell'immediato dopoguerra che aveva portato a un pericoloso disfacimento morale, piena di grilli per la testa: i giornali fanno notare che fumava sigarette americane e si era trovata un lavoro autonomo, di cui non aveva neppure informato il marito. Il signor Trento, però, non si arrende, come dicono i giornali. Cerca di salvare il matrimonio, ma Valentina non ci sta più e quel giorno, davanti al luna park, gli dice che ha un amante e che vuole farsi una vita da sola. I giornali fanno notare che Valentina rideva, in quel momento, allora il signor Trento non ci ha visto più, ha tirato fuori quel coltello, che chissà perché aveva in tasca, e l'ha uccisa. Il caso è semplice, il processo è facile, finisce tutto sotto l'ombrello del delitto d'onore e il signor Trento se la cava con poco. "La tragedia di un uomo", la definiscono la stampa e i suoi avvocati. Una bellissima storia d'amore, finita purtroppo "in un fascicolo giudiziario" e sotto "una rozza croce in un cimitero". Sotto la quale, però, c'è la povera Valentina. Che sciaguratamente si era trovata un lavoro, fumava sigarette americane, e rideva.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
sabato 25 novembre 2023
ItalianGothic. 82 Carlotta Vagnoli: «L'idea tutta occidentale e patriarcale che la donna sia un oggetto e che il suo corpo sia di proprietà maschile, la retorica è diventata prassi».
Ha scritto Carlotta Vagnoli in “Se parliamo d’amore” pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano
“la Repubblica” del 18 di novembre 2023: (…). …insisto su un punto: più un linguaggio
si tramanda e fortifica e più è facile che questo si tramuti in stereotipo. Con
l'idea tutta occidentale e patriarcale che la donna sia un oggetto e che il suo
corpo sia di proprietà maschile, la retorica che si debba fare qualsiasi cosa
per possederlo è diventata prassi. Prima nel sociale - rinchiudendo,
controllando e perfino violando - e anche sul piano lessicale. Perciò il linguaggio
che si abbina al sesso non è mai neutrale e anzi, porta con sé questo retaggio
machista secondo il quale "sfondare" è equivalente a "penetrare"
e "schiacciare", "scopare". Ma la lingua non è mai neutrale
e ogni termine è permeato da meta-significati che si sono stratificati nel
tempo fino alla loro normalizzazione. In questo caso, con il passaggio dei
secoli, non ci siamo accorti di quanta violenza ci fosse nel dialogo amoroso e
sessuale e di quanto il complemento oggetto di ognuno di questi verbi fosse,
nell'accezione originale, un oggetto e non una persona: si schiacciano pietre e
si sfondano porte. Così come si cacciano animali e le prede sono creature in
stato di apparente inferiorità. Si abbordano le navi, si conquistano territori
e si cacciano animali selvatici. Niente ha a che fare con esseri umani, almeno:
non nel complemento oggetto. Ma il soggetto è sempre umano e tendenzialmente
maschile, poiché abbinato al mondo della guerra e della caccia, ambiti che
hanno da sempre una connotazione stereotipata di genere e hanno molto a che
fare con il campo semantico della virilità. Se dunque il lessico che usiamo per
l'accoppiamento ha già dei grossi bias, possiamo immaginare come possano
nascere gli approcci e i flirt, o secondo quali regole non scritte si pratichi
il sesso, principalmente nel mondo eterosessuale, che di virilità, machismo e
performatività è il paziente zero. I ruoli di genere hanno influenzato il sesso
e il sesso ne risente moltissimo, in qualità, spontaneità e soprattutto rispetto.
Riscrivere un linguaggio amoroso che nasce da territori di pace e non da
ideologie guerrafondaie sarebbe una grande salvezza. Non solo per rapporti più
stimolanti e paritari, ma anche e soprattutto perché pensare al sesso come alla
presa della Bastiglia dovrebbe essere considerato patologico, non erotico. Infatti,
fino a che i corpi saranno ritenuti oggetti e non umani, l'approccio sessuale
sarà per sempre falsato e sbilanciato. A questo proposito, negli ultimi decenni
è stato sdoganato il termine "stupro" proprio nel linguaggio del
corteggiamento e del flirt. Non è raro che un ragazzo, per esprimere apprezzamento
verso una coetanea, le dica «sei così bella/fica (che qui diventa sineddoche) /bona
che ti stuprerei». La normalizzazione del termine belligerante per eccellenza
nei confronti del genere femminile (stupro) è indice di questa radicalizzazione
di un linguaggio che con l'amore e con il sesso non hanno niente a che fare. In
primis perché l'amore prevede parità, e poi perché il sesso prevede il
consenso, che nello stupro è l'elemento assente per antonomasia. Questo caso
estremo è sintomo di una nuova ondata di sessismo: l'estremizzazione del
linguaggio, che dalla guerra arriva alla violenza sessuale - che è proprio il
mezzo per sancire la vittoria di un popolo sull'altro. Riportare la pace nel
linguaggio amoroso è la cura che meritiamo e che potrebbe salvarci da rapporti
sbilanciati, oggettificazione e mancanza di orgasmi. (…).
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