“UominicheUccidonoDonne”. 1 “L'onore è cieco. Ma uccide” di Carlo Lucarelli, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 17 di dicembre dell’anno 2021: Da una parte c’è lei, Caterina, giovane, bellissima e inquieta, che vive con la famiglia nel vicolo di un quartiere popolare del centro di Palermo. La madre, e soprattutto Santo, il fratello, sono preoccupati, e molto, perché sanno bene – è ovvio – che le ragazze belle e inquiete come lei, soprattutto se di basso ceto, finiscono sempre male. Donne perdute. Male femmine. Ovvio. Dall’altra parte c’è Ugo, che si era arruolato in marina, poi era scoppiata la guerra, poi era finita, ma lui era rimasto a lavorare su una nave, però non gli piaceva, odiava quella vita, così aveva fatto un voto, se il Signore gli avesse fatto la grazia di liberarlo da quella condizione avrebbe sposato una ragazza perduta, per ricondurla sulla buona strada. Così, quando Ugo aveva trovato lavoro sulla terraferma come autista di macchine e non più di navi, la famiglia di Caterina aveva colto la palla al balzo e li aveva fatti sposare. Perché è solo in questo modo, solo trasformandosi in moglie sottomessa e devota e madre amorosa, che una ragazza bella e inquieta proveniente dai quartieri popolari può salvarsi dal diventare una mala femmina. Ovvio. Il matrimonio però non funziona, i due finiscono per odiarsi, Ugo si fa gli affari suoi con altre donne, Caterina va pure lei per conto suo, le chiacchiere girano, ed è a questo punto che torna in scena Santo. Che un giorno chiama la sorella con la scusa di consegnarle dei documenti, poi la afferra per i capelli e le taglia la gola. Nel raccontare il caso, i giornali di allora insistono sul fatto che Santo sia un non vedente. “Il Delitto del Cieco” titolano, e spiegano che l’insano proposito deve essere maturato lì, nell’oscurità della sua mente, mentre se ne stava immobile come in una stanza buia a pensare e ripensare a quella mala femmina di sua sorella. Soltanto a lei, ovvio, e non al cognato, che non ha colpa perché si sa, l’uomo è cacciatore. Ecco, anche questo della cecità tenebrosa è soltanto uno dei molti inossidabili e assurdi luoghi comuni che affollano questa bruttissima storia accaduta a Palermo nel dicembre del 1947. Non l’ultimo, però. Dopo aver ucciso la sorella Santo si consegna spontaneamente in Questura e confessa tutto. Viene processato e condannato per omicidio, ma scarcerato prestissimo per i benefici e le attenuanti dell’articolo 587. Quello del delitto d’onore. Insomma, ha ucciso quella mala femmina di Caterina perché era l’unico modo per lavare l’onta dalla famiglia. Ovvio, no?
“UominicheUccidonoDonne”. 2 “Una tranquilla cena di paura” di Carlo Lucarelli pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 14 di gennaio dell’anno 2022: La realtà, a volte, è più immaginifica, creativa e spaventosa della fantasia dei più spaventosi, creativi e immaginifici registi di film non dico gialli o noir, ma anche del terrore, davvero. Prendiamo un caso che mi ha ossessionato da sempre, i cosiddetti “delitti di Alleghe”, quattro omicidi che avvengono tra il 1933 e il 1946 in un piccolo paese sulle montagne in provincia di Belluno, tutti commessi da membri della famiglia Da Tos, detentrice di una forte posizione economica e politica. Fin qui la realtà, certificata da condanne passate in giudicato, e va bene. Però, la sera del 4 dicembre del 1933, Carolina, che ha appena sposato uno dei fratelli Da Tos, il più semplice e il più sprovveduto, si trova a tavola con la sua nuova famiglia. È terrorizzata, perché durante il viaggio di nozze il maritino le ha confidato che la sorella e il cognato hanno ammazzato Emma De Ventura, la cameriera dell’albergo di famiglia: gelosia, probabilmente. E così, appena sono tornati ad Alleghe dalla luna di miele, Carolina ha chiamato i fratelli dal telefono dell’ufficio postale, che la venissero a prendere appena possibile, ma presto, per carità, presto. Domani mattina. Adesso è a tavola, a cena con tutti i Da Tos, e a un certo punto la sorella assassina la guarda e le dice: lo sappiamo che lui te l’ha detto. E io me la immagino, la scena, l’espressione terrorizzata dell’attrice, i volti degli altri, anche le luci, belle tenebrose, piazzate dal direttore della fotografia. E invece è accaduto davvero. E non finisce lì, perché la sorella le dice tranquilla, ormai sei di famiglia, vai pure a dormire nella tua camera. Di sopra. Da sola. Tranquilla. Tranquilla? Insomma, perché dopo poco arriva la sorella col cognato, ammazzano Carolina e la storia va avanti da sé, nella realtà. La famiglia uccide un altro paio di testimoni, la fa franca per un po’, poi arrivano le indagini di un brillante brigadiere dei carabinieri, di un giornalista intraprendente, arriva il processo e finiscono tutti dentro. Però quella scena, Carolina seduta in fondo al tavolo, sola, isolata nel grande albergo di quel paesino, tutti che la guardano muti e la sorella che sorride, tranquilla, ecco, quella è una grande scena da film. Roba che neanche Hitchcock, neanche Dario Argento, neanche Kubrick, davvero.
Nessun commento:
Posta un commento