"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 4 giugno 2020

Strettamentepersonale. 29 «Agnosco stylum romanae curiae».


Esiste un “affaire Enzo Bianchi”. È inutile che lo si nasconda. Lontano, anzi lontanissimo dalla “sensibilità” propria di chi “crede”, non tantomeno ne sono rimasto colpito io che mi arrovello nella “sensibilità” propria di chi “non crede”. Ho letto il pezzo di Enzo Bianchi "Essere umili aumenta la libertà" pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” dell’1 di giugno e non trovo – anche a volerla disperatamente cercare - la “certezza” con la quale quell’”affaire” lo si presenta. Ne dubito molto, conoscendo come quel seggio temporale issato in Roma abbia nei secoli assurto a schiatta non proprio in sintonia con l’insegnamento dell’Uomo di Nazareth. Scriveva il priore di Bose in quel Suo pezzo: “Se vogliamo vivere una vita umana degna di questo nome, ogni giorno dobbiamo trovare tempo per riflettere, per assumere interiormente le esperienze che viviamo”. Come sta quell’”affaire” con un pronunciamento di sì enorme spessore? Può sussistere semmai una ambiguità tra il proprio “professato” e la vita del quotidiano? Mi soccorre alla bisogna una citazione che traggo dall’autobiografia di quel grande del cinema che ha per nome Woody Allen.
In “A proposito di niente” – edito da “La nave di Teseo” (2020), pagg. 398, euro 22 – e precisamente alla pagina 83 del bel tomo l’illustre, sarcasticamente come nel Suo stile, scrive a proposito degli uomini come esseri viventi: “Dopo tutto, siamo solo un incidente nell’universo. E neanche il prodotto di un’intelligenza benevola, ma solo l’opera di un imbranato”. Facciamo rientrare anche Enzo Bianchi in quella “opera”? Con la “sensibilità” propria di un “non credente” stento a crederci avendo l’Uomo Enzo Bianchi conquistato le menti ed i cuori di una infinità di esseri umani seppur distanti dal Suo “credo”. E me tra i tanti. Che quell’”incidente” – detto con Woody Allen – abbia prodotto un essere umano così ambiguo tanto da poterlo a questo punto assimilare alla mitica figura del “dottor Jekyll e del signor Hyde” del crepuscolare racconto scozzese di Robert Louis? Ha scritto ancora Enzo Bianchi in quel Suo “pezzo”: In questo cammino alla scoperta di ciò che abita il nostro cuore, non si deve avere paura di scoprire in sé lati enigmatici, limiti e fragilità sul piano affettivo, morale, psicologico… Tutto questo, insieme alle ricchezze e ai doni che ci sono propri, fa parte dell’eredità umana ricevuta da ciascuno di noi. Le debolezze, gli enigmi, le ferite che ci abitano, non sono ostacoli a un’esistenza felice, ma spesso nel corso degli anni si rivelano una grande ricchezza. Ci aiutano a entrare in relazione con gli altri e a conoscerli; ci aiutano a essere umili, cioè ad aderire all’humus, alla terra, assumendo con realismo la nostra verità intima e la nostra povertà fondamentale. Questo sforzo di consapevolezza ha uno scopo: l’acquisizione della libertà. E l’esercizio della libertà implica la capacità di assumere scelte che siano pienamente nostre, al momento opportuno. Occorre però sgomberare il campo da un equivoco: nel processo di scelta la nostra libertà non è mai totale. Su ognuno di noi, infatti, influiscono forze complesse e diverse: la famiglia, l’ambiente, la cultura, ecc. Possiamo però parlare di una libertà di azione, di scelta, che compete a ciascuno e che esprime il suo grado di soggettività. E la libertà non coincide sempre con ciò che sembra più facile o immediato: l’animale è sé stesso seguendo l’istinto; l’essere umano, invece, è chiamato a un compito di umanizzazione. Ancora, le scelte non si possono lasciare ad altri, ma non possono nemmeno essere prese sotto l’impulso emotivo passeggero. Esse richiedono l’esercizio della riflessione e del discernimento, plasmati dalla libertà: solo così possiamo evitare il rischio di restare eterni indecisi, in balia degli eventi. Certo, scegliere è doloroso: de-cidere (alla lettera, "tagliare") presuppone dei "no", richiede di lasciare da parte alcune possibilità, di riconoscere che non "tutto" è alla nostra portata. Quando però si prende una decisione per la propria vita, non lo si fa pensando ai tanti "no" che essa comporta, ma al "sì" che ci spinge a privilegiare una cosa rispetto ad altre. In ogni caso, giunge sempre un’ora in cui si deve scegliere, e le spinte della vita sono tali che non ci si può sottrarre: anche non scegliere e accettare passivamente una situazione è di fatto una scelta. Ma se la scelta è fatta con intelligenza e amore, allora è molto più ciò che si guadagna rispetto a ciò cui si rinuncia. Fatta la scelta, infine, occorre assumerla e perseguirla con lucidità e fedeltà. In qualche misura, occorre rinnovare la scelta di fronte alle difficoltà e alle tentazioni di lasciar perdere o smentire la scelta stessa. Bisogna avere il coraggio di dire: «Ho scelto di conseguire questa priorità, e a ciò dedico tutto me stesso». Solo così nascono responsabilità e capacità di costruire una vita come storia d’amore e opera d’arte. L’”affaire Enzo Bianchi” mi puzza. Preso come lo sono stato – se non rapito – dal “magistero” senza limiti, coloriture o frontiere di Enzo Bianchi ho cercato il conforto di un opinionista che ha la “sensibilità” propria” di chi “crede”. Il “soccorso” al mio sconcerto è venuto da Alberto Melloni con il Suo «Dietro il "mistero" di Bose» pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 28 di maggio 2020. Molto accortamente – ma “molto accortamente” - Alberto Melloni parla di “mistero”. Alberto Melloni è uno storico delle religioni e professore ordinario di “Storia del cristianesimo”. Lo si incontra sul piccolo schermo nelle trasmissioni culturali della terza rete o di “Rai-Storia”. Da ascoltare sempre con attenzione per il Suo argomentare sempre pacato e ben circostanziato. Ha scritto per “la Repubblica”: Per la chiesa italiana e per l'ecumenismo quella uscita la sera del 26 maggio non è una notizia: è una bomba - contenuta in un atto che ordina a Enzo Bianchi, di "separarsi" dal monastero di Bose di cui è fondatore. Il decreto è ad oggi ignoto, così come gli atti della visita apostolica da cui discende, le denunce che l'hanno preceduta. Si conosce solo un comunicato apparso sul sito di Bose (ma scritto in vaticanese) che dice poco e pone domande inquietanti. Ne cito quattro. I) Nella prassi della Santa Sede si caccia da una casa religiosa chi si è macchiato di delitti turpi sostenuti da accuse e prove che oggi nessuno può o vuole più coprire. Enzo Bianchi viene invece punito con l'esilio da Bose senza alcuna accusa infamante. Gli si imputa invece di aver esercitato "l'autorità del fondatore" in modo nocivo al "clima fraterno": un "reato di caratteraccio" - definizione di un cardinale romano - che viene punito con una pena capitale e l'ordine di trasferirsi entro il 1° giugno a Praglia o a Bardolino o a Chevetogne. Ammesso che il clima fraterno fosse il punto, era col parricidio che Roma pensava di alleviare le tensioni a Bose? II) Il provvedimento notificato all'ex priore è contenuto in un "decreto singolare" firmato dal cardinale Parolin il 13 maggio e approvato personalmente dal Papa "in forma specifica": dunque un atto amministrativo mediante il quale vengono presi provvedimenti che "per loro natura non suppongono una petizione fatta da qualcuno" (can. 48). Eppure lo stesso comunicato del monastero allude a "serie preoccupazioni pervenute da più parti alla Santa Sede" relative a una "situazione tesa e problematica" a Bose. È dunque stato un pezzo di quella che un saggio vescovo italiano chiama la "faida vaticana contro Francesco" aver saputo usare la litigiosità monastica, la Segreteria di Stato e il Papa stesso per togliere di mezzo - come fu per l'allontanamento di don Dario Viganò dalla congregazione delle comunicazioni o del comandante Domenico Giani dalla Gendarmeria - persone vicine al pontefice? III) La "visita apostolica" compiuta a Bose nell'inverno era ovvio che avrebbe portato a galla problemi e incertezze. Ma chi l'ha invocata o permessa ha capito che sarebbe stata usata per risucchiare Bose nella ordinarietà degli ordini e castrarne l'identità ecumenica? E si è chiesto quando padre Cencini, uno dei tre visitatori, è tornato a Bose per portare la sentenza è venuto come "delegato Pontificio ad nutum Sanctae Sedis, con pieni poteri" e dunque con la forza del successore di Pietro, laddove bastava il vescovo di Biella? IV) Del provvedimento contro Enzo Bianchi nessuno ha prevenuto l'episcopato italiano e nessuno si è sentito in dovere di informare né il patriarca ecumenico né il patriarca di Mosca né le chiese con cui Bose aveva legami fraterni: ai primi questo dice che "nessuno è al sicuro", come racconta qualche vescovo, e ai secondi si è offerta la versione più manesca del primato papale. C'è qualcuno che ha dimenticato di dire al Papa che Bose fa parte della storia di tutta della chiesa italiana ed è stato l'unico antidoto allo spiritualismo svenevole dell'ecumenismo italiano, si ami o detesti il profilo pubblico del suo ex priore? Questa tragedia, che fa stappare champagne agli integristi, va dunque catalogata insieme alle operazioni ecclesiastiche più sofisticate e tragiche del Novecento: perché con un solo spiedo (agnosco stylum romanae curiae) (frase attribuita (?) a “fratel” Paolo Sarpi in occasione della malavitosa azione subita nel 1607 ed attribuita alla Curia romana (?) per mano di prezzolati sicari n.d.r.) infilza l'anomalia di Bose, il priore, l'ex priore, il mancato priore, l'ecumenismo, la terza loggia vaticana, i vescovi italiani, un lembo della tonaca del Papa e - per finire con una tocco di crudeltà - propone a Enzo Bianchi di andare in esilio nel monastero di Chevetogne, da cui il fondatore dom Lambert Beauduin, venne esiliato dal 1931 al 1951... Qualunque cosa accada di questa vicenda dolorosa bisogna dire che se qualcuno l'ha pensata, l'ha pensata bene. E se non l'ha pensata vien da chiedersi come diavolo ha fatto a riuscirci. L’”affaire Enzo Bianchi” sta tutto lì. Anzi qui, in mezzo a noi tutti. Amen.

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