Tratto da “Possiamo
permetterci ancora il lusso della democrazia?” del sempre compianto
Oliviero Beha, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 29 di giugno dell’anno
2016:
Identificato finalmente l’assassino della democrazia: è il popolo bue. Nel caso, i britannici che hanno votato “leave” facendo vincere il Brexit indetto dall’autolesionista di turno, il vacuo Cameron. Ma prima di questi votanti da strapazzo, che naturalmente non hanno capito niente, sono vecchi, sporchi e magari cattivi e non hanno pietà per gli eurointegrati giovani, puliti e di sicuro buoni, c’erano stati altri indizi anche in Italia sui colpevoli di questo sfinimento della democrazia attraverso un suffragio “sbagliato”: si va, seguendo una linea che è più simile di quel che possa onomasticamente sembrare, dal Berlusconi del 2007 per il quale “chi non vota per me è un coglione” all’epopea della sinistra di segugi che invitavano al “voto utile” come tattica elettorale. Il nocciolo, allora come oggi, secondo gli eccellenti democratici è che non ci si può affidare al voto del popolino impreparato e facilmente suggestionabile, a meno che non voti per la parte conveniente: non per caso sull’impresentabilità degli altri più o meno dimostrata la sinistra ha storicamente costruito un’egemonia che è finita male perché edificata male. Non regge che gli altri siano per forza peggio di noi, la destra non è meno legittima della sinistra a cui dà un senso allo specchio. E se non esistesse (discorso ovviamente reversibile), la sinistra ha già evidenziato la sua vocazione a spaccarsi in destra-sinistra, centro-sinistra e sinistra-sinistra, per dire. La questione è la qualità delle persone e dei programmi, di qualunque schieramento specie oggi che le coperture ideologiche sono andate in frantumi da un pezzo. E in assenza di programmi e di visioni le persone sono scadenti come classe dirigente politica, e non sembrano avere alcun interesse reale per le “altre” persone, quelli che li votano, per la loro vita quotidiana, i loro problemi, i loro desideri. Le persone che dovrebbero essere al centro di ogni politica, e ne sono invece sempre più disperatamente fuori. Si metaforizza molto chiaramente il processo parlando di periferie trascurate e in rivolta. Ma le periferie non sono solo un soggetto politico che vota, sono il risultato di una politica che le ha volute così o comunque non è stata in grado di farle crescere altrimenti. Si dice: ma come fai ad affidarti al voto di chi non sa nulla, dove è finito l’einaudiano (e gomeziano) “conoscere per deliberare”, che nessun diciottenne avrà sentito nominare? Proviamo piuttosto a rovesciare la clessidra motivazionale. Nel Regno Unito Farage & “zozzoni” hanno mentito, l’informazione è stata insufficiente e impostora, molti, i più, hanno votato ignoranti contro i loro interessi. Invece che dar loro addosso, perché non si dà addosso a un sistema che non prevede, né sull’Isola né qui da noi e molto poco ormai dappertutto, un’informazione vera, libera, che ti permetta di farti un’idea giusta o sbagliata ma tua, e di votare di conseguenza? Conoscere è indispensabile alla democrazia, senza è un’altra cosa, è un gregge usato dal nomadismo politico e portato da qualche parte, secondo il vantaggio del momento. Guardiamoci intorno, pensando ai nostri eroi: invece di battersi per la migliore o meno inadeguata informazione possibile, eccoli pronti a sfruttare la situazione, pro o contro il premier, mentre i politologi si sforzano di suggerire a Renzi come usare a suo vantaggio il Brexit, non diversamente da come i calciologi che pronosticavano un’Italia di cacca adesso consigliano Conte sui cambi da effettuare… Senza un voto informato e libero (e se non lo è non dipende dai votanti) che ce ne facciamo della democrazia? Forse è un lusso che non ci possiamo (più) permettere, forse è roba superata, ormai da rottamare…
Identificato finalmente l’assassino della democrazia: è il popolo bue. Nel caso, i britannici che hanno votato “leave” facendo vincere il Brexit indetto dall’autolesionista di turno, il vacuo Cameron. Ma prima di questi votanti da strapazzo, che naturalmente non hanno capito niente, sono vecchi, sporchi e magari cattivi e non hanno pietà per gli eurointegrati giovani, puliti e di sicuro buoni, c’erano stati altri indizi anche in Italia sui colpevoli di questo sfinimento della democrazia attraverso un suffragio “sbagliato”: si va, seguendo una linea che è più simile di quel che possa onomasticamente sembrare, dal Berlusconi del 2007 per il quale “chi non vota per me è un coglione” all’epopea della sinistra di segugi che invitavano al “voto utile” come tattica elettorale. Il nocciolo, allora come oggi, secondo gli eccellenti democratici è che non ci si può affidare al voto del popolino impreparato e facilmente suggestionabile, a meno che non voti per la parte conveniente: non per caso sull’impresentabilità degli altri più o meno dimostrata la sinistra ha storicamente costruito un’egemonia che è finita male perché edificata male. Non regge che gli altri siano per forza peggio di noi, la destra non è meno legittima della sinistra a cui dà un senso allo specchio. E se non esistesse (discorso ovviamente reversibile), la sinistra ha già evidenziato la sua vocazione a spaccarsi in destra-sinistra, centro-sinistra e sinistra-sinistra, per dire. La questione è la qualità delle persone e dei programmi, di qualunque schieramento specie oggi che le coperture ideologiche sono andate in frantumi da un pezzo. E in assenza di programmi e di visioni le persone sono scadenti come classe dirigente politica, e non sembrano avere alcun interesse reale per le “altre” persone, quelli che li votano, per la loro vita quotidiana, i loro problemi, i loro desideri. Le persone che dovrebbero essere al centro di ogni politica, e ne sono invece sempre più disperatamente fuori. Si metaforizza molto chiaramente il processo parlando di periferie trascurate e in rivolta. Ma le periferie non sono solo un soggetto politico che vota, sono il risultato di una politica che le ha volute così o comunque non è stata in grado di farle crescere altrimenti. Si dice: ma come fai ad affidarti al voto di chi non sa nulla, dove è finito l’einaudiano (e gomeziano) “conoscere per deliberare”, che nessun diciottenne avrà sentito nominare? Proviamo piuttosto a rovesciare la clessidra motivazionale. Nel Regno Unito Farage & “zozzoni” hanno mentito, l’informazione è stata insufficiente e impostora, molti, i più, hanno votato ignoranti contro i loro interessi. Invece che dar loro addosso, perché non si dà addosso a un sistema che non prevede, né sull’Isola né qui da noi e molto poco ormai dappertutto, un’informazione vera, libera, che ti permetta di farti un’idea giusta o sbagliata ma tua, e di votare di conseguenza? Conoscere è indispensabile alla democrazia, senza è un’altra cosa, è un gregge usato dal nomadismo politico e portato da qualche parte, secondo il vantaggio del momento. Guardiamoci intorno, pensando ai nostri eroi: invece di battersi per la migliore o meno inadeguata informazione possibile, eccoli pronti a sfruttare la situazione, pro o contro il premier, mentre i politologi si sforzano di suggerire a Renzi come usare a suo vantaggio il Brexit, non diversamente da come i calciologi che pronosticavano un’Italia di cacca adesso consigliano Conte sui cambi da effettuare… Senza un voto informato e libero (e se non lo è non dipende dai votanti) che ce ne facciamo della democrazia? Forse è un lusso che non ci possiamo (più) permettere, forse è roba superata, ormai da rottamare…
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