"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 5 giugno 2020

Virusememorie. 25 «Siamo figli delle stelle fatti della stessa materia».


Ha scritto Umberto Galimberti in “Offerta di vita”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 5 di giugno dell’anno 2010: Scrive Nietzsche: - Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra -.
(…). … forse vale la pena di trovare il coraggio di vivere fino in fondo anche l'insignificanza dell'esistenza, che è poi la verità che tutti gli uomini si affannano a non voler vedere, preferendo indossare quelle maschere in cui sono dipinte ovvietà, incrostazioni di felicità o recitate euforie. Fu per evitare questo sguardo tragico sulla condizione umana, che dal nulla nasce e nel nulla si conclude, che il Cristianesimo ha formulato la sua promessa di vita eterna. Ma ora che la fede in questa promessa si è affievolita, l'insignificanza dell'esistenza afferra con più ferocia l'anima dell'uomo contemporaneo, che più non possiede, come invece l'anima greca, quelle disposizioni psichiche che si nutrivano dei concetti di limite e di misura, grazie ai quali era possibile espandere la vita quando questa si concedeva, e di reggere il dolore quando questo si presentava. Il tutto secondo il ritmo implacabile di una natura, che, nella sua indifferenza per la condizione umana, per tutti i viventi prevede un ciclo che non ha altra finalità se non il semplice accadere di una vita. Forse l'uomo contemporaneo (…) più non crede alle parole che alla speranza alludono, alle parole di tutti più o meno sincere, alle parole che non si rassegnano, alle parole che promettono, alle parole che vogliono lenire la condizione tragica dell'esistenza umana, può incominciare a riconciliarsi coi ritmi della natura, che più non conosciamo per averla noi ridotta a semplice materia prima, e resa così muta nella sua offerta: che, pur non essendo un'offerta di "senso", è comunque un'offerta di vita. Scritto ben dieci anni addietro - come oggi - in un sabato 5 di giugno. La Natura, pur “nella sua indifferenza per la condizione umana”, è stata pur sempre spettatrice silenziosa della prima delle rivoluzioni compiute dall’uomo. Fu quella del carbone. Rivoluzione non indolore, come tutte le rivoluzioni che si rispettino. Non sarebbero rivoluzioni, altrimenti. A farne le spese, se così può dirsi per una aggraziata farfalletta, a farne le spese dicevo fu la variante chiara della “Biston betularia”. Aveva il vezzo di posarsi - la “Biston betularia” - per come indica la sua classificazione scientifica, aveva il vezzo per riposare e per amare e farsi amare di posarsi sui fusti chiari delle betulle nel paradiso della prima delle rivoluzioni industriali. Imprudente farfalletta. Ché il chiaro dei fusti delle betulle del tempo virò lestamente verso un grigio e poi verso un colore sempre più tendente alla pece. Il fatto rivoluzionario ne segnò il destino, come in tutte le rivoluzioni che si rispettino. Amaro destino. Se la selezione per millenni l’aveva favorita, il carbone, l’uomo e la sua rivoluzione industriale ne segnarono la fine. Sul nero dei fusti delle betulle il suo candore non ci stava proprio, risaltava troppo. Buon pasto per i suoi predatori. Alla faccia della selezione naturale. L’aggraziata farfalletta chiara scomparve per lasciare il posto ad una sua variante scura. Di essa, della variante scura, la selezione naturale ne aveva fatto un caso marginale, minoritario. Ma la rivoluzione del carbone cambiò le carte in tavola. Niente più varianti chiare. Solo varianti scure. E che la natura impari. Finisce così la triste storia della farfalletta chiara. E si era solo alla prima delle rivoluzioni. Che la seconda ci scorre ancora sulla pelle. Quella del petrolio per l’appunto. Non più farfallette aggraziate a lasciarci le ali, ma esseri umani a lasciarci la vita. Per via delle guerre che il controllo del petrolio ha scatenato e che continua a scatenare. Fino a quando? Aspettando la terza delle rivoluzioni industriali. Indolore? Non più di tanto, come tutte le rivoluzioni che si rispettino. Ne è stato profeta – al momento mancato - e guru della terza rivoluzione industriale Jeremy Rifkin economista e filosofo, guida “spirituale” - si fa per dire - della “Foundation on economic trends” di Washington, ascoltatissimo consulente di enti e governi, esperto dello studio degli impatti ambientali, sociali e culturali delle tecnologie introdotte dall'economia globale. Chi racconterà un giorno delle vittime future dovute all’imprevidenza degli umani? Ci sarà l’uomo a darne testimonianza? Di seguito una geniale corrispondenza (2007?) di Jeremy Rifkin, profeta della terza rivoluzione, la rivoluzione dell’idrogeno, tuttora attesa: Siamo figli delle stelle fatti della stessa materia. Sarà questo a salvarci. La nuova rivoluzione energetica avrà l'aspetto di una rete. Una potente connessione tra fonti di emissione di energie alternative al petrolio. Sistemi di stoccaggio capillari e strumenti informatici. È tutto nella sostanza di cui sono fatte le stelle, perché sarà l'idrogeno la chiave di volta dell'imminente rivoluzione economica, sociale e culturale che cambierà il nostro modo di vivere. Ci porterà fuori dal ciclo del carbonio, verso un cambiamento epocale. Sarà una rete intelligente, basata su milioni di celle combustibili (ciascuna con una potenza pari a 5 batterie al litio) che permetteranno di immagazzinare l'energia prodotta da fonti rinnovabili (sole, vento, maree, biomasse). Sarà una rete senza un centro. Come Internet. Alimentata da una moltitudine di microgeneratori d'energia. L'impatto della rivoluzione rete+idrogeno sarà analogo a quello che si è prodotto più di un secolo fa con il connubio elettricità+petrolio. Le tecnologie ci sono già, tutto è pronto, a portata di mano. Attualmente ben sette gruppi giapponesi sono impegnati nella realizzazione di queste celle combustibili. La General Motors dedica enormi risorse allo sviluppo del settore. Sta sorgendo un grande parco tecnologico a idrogeno sui Pirenei, voluto dalla Regione basca. In Europa, gruppi industriali come Electrolux hanno le carte in regola per portare questa rivoluzione nelle case di milioni di famiglie. Se ne stanno già sperimentando le applicazioni pratiche nelle abitazioni, a partire dall'uso di semplici elettrodomestici, negli uffici, per l'uso di telefoni e computer, nelle strade, per automobili e bus. Per creare valore non solo con prodotti che usano l'energia nel modo migliore, ma per realizzare un'enorme rete integrata di produzione-distribuzione-utilizzo. Il regime energetico non sarà più governato dall'alto verso il basso (come succede ora, con il controllo delle società petrolifere e delle aziende di servizio pubblico) ma distribuito in modo democratico. Condiviso. In futuro ognuno potrà diventare produttore e consumatore della propria energia. Di recente il Parlamento di Bruxelles ha approvato, con il consenso di tutti i grandi leader continentali, una dichiarazione secondo la quale l'Europa sarà la prima economia all'idrogeno del pianeta. Sono opportunità da cogliere per intraprendere la terza rivoluzione industriale. Dopo la pandemia, quale destino sarà riservato alla “profezia” Jeremy Rifkin? Ci sarà il tempo per pensarci e svilupparla? Poiché anche la pandemia è avvenuta “nella indifferenza” della Natura “per la condizione umana”.

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