Da “Soltanto
i libri insegnano a leggere il mondo” di Umberto Galimberti, pubblicato sul
settimanale “D” del 12 di dicembre dell’anno 2015: Frequentare la pagina scritta è necessario
per non fossilizzare le nostre idee, costruire i sentimenti e diventare capaci
di decidere quando la vita ce lo chiede. (…). …, una strategia per indurre alla
lettura non l'ho. Posso solo illustrare le ragioni per cui oggi si legge
pochissimo, e d'altro canto che cosa si perde a non leggere. Lo sviluppo dei
mezzi di comunicazione, dalla radio alla televisione, al cinema, allo schermo
di un computer, ha fatto sì che le cose che sappiamo, dalle più elementari alle
più complesse, le conosciamo non per averle lette, ma per averle sentite o
viste. Ciò ha comportato, come scrive Raffele Simone in “La terza fase. Forme
di sapere che stiamo perdendo” (Laterza), un passaggio da un'intelligenza
"sequenziale" a una "simultanea". (…). …queste parole (…)
possono sembrare difficili. Simultanea è l'intelligenza che usiamo quando
guardiamo un quadro, dove è impossibile dire cosa guardiamo prima e cosa dopo.
Sequenziale è l'intelligenza che usiamo per leggere, dovendo seguire una
successione rigorosa per analizzare i codici grafici disposti in linea. Se non
so analizzare i segni grafici che compongono la parola "tavolo" non
riesco a farmi un idea di che cos'è un tavolo. Se perdiamo questo esercizio
della mente, che non è richiesto dalla visione simultanea che si affida alle
immagini, non sappiamo più tradurre i segni grafici in significati, a stabilire
la loro successione, la loro gerarchia, la loro connessione, e soprattutto non
siamo più in grado di pervenire ai concetti astratti. La nostra intelligenza
regredisce da una forma evoluta a una più elementare, come quella dei bambini
che, all'asilo e alle scuole elementari, per capire le cose hanno bisogno di
libri pieni di immagini. Senza lettura non solo si fossilizzano le nostre idee,
ma finiamo per non conoscere neppure i nostri sentimenti, perché ci mancano i
nomi per chiamarli e richiamarli, per dialogare con loro, per non esserne
fagocitati a nostra insaputa, senza alcuna capacità di governarli. Se non
leggiamo, come facciamo a conoscere il dolore in tutte le forme che assume,
l'amore in tutte le sue sfumature, la disperazione nelle sue espressioni più
atroci, la noia nella pesantezza della sua atmosfera, la gioia nei suoi momenti
esaltanti ed euforici, l'angoscia che, quando ci assale, ci sembra di aver
davanti solo il nulla a cui aggrapparci? La via d'uscita ce la offre la
letteratura, perché i sentimenti non ci sono dati per natura, ma si imparano
attraverso la cultura, come da sempre gli uomini hanno saputo quando hanno
inventato i miti per dare un nome e una traccia al linguaggio del cuore.
Accanto alla letteratura c'è poi la saggistica utile per correggere le nostre
idee che altrimenti si fossilizzano, impoverendo la nostra capacità di scegliere
e decidere quando la vita ci pone davanti a problemi che chiedono una
soluzione. Lo scorso anno l'OCSE (l'Organizzazione per la Cooperazione e lo
Sviluppo Economico) con sede a Parigi ha stilato una classifica che vede noi
italiani all'ultimo posto per la comprensione di un testo scritto. Con questo
dato di ignoranza, pensiamo davvero che sia possibile uscire dalla crisi? (…).
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