Da “Tutti
cattivi” di Michel Onfray, pubblicato sul settimanale L’Espresso del 16 di aprile
2017: (…). L’ho detto prima delle elezioni, durante le elezioni e dopo le
elezioni, una volta su “Le Point”, un’altra su “L’Obs”, e l’ho ripetuto altrove
in varie televisioni: Trump è la “bambola gonfiabile del capitalismo”. Avevo
annunciato che non avrebbe mantenuto le sue promesse, che non c’era niente da
temere da lui e dai suoi istrionismi, perché sarebbe subito tornato a essere
ciò che non ha mai smesso di essere, ciò che sono tutti i presidenti eletti degli
Stati Uniti: semplici giocattoli nelle mani del Capitale. Non immaginavo che mi
avrebbe dato ragione tanto presto! Subito dopo la sua elezione, in effetti, ha
parlato bene di Hillary Clinton che aveva minacciato di sbattere in prigione
non appena eletto; poi ha rinunciato ad abrogare l’Obamacare, pur avendone
fatto un cavallo di battaglia della sua campagna; e infine eccolo che bombarda
la Siria dopo aver sbraitato da ogni podio possibile e immaginabile che con lui
gli Stati Uniti si sarebbero disimpegnati da tutti i conflitti del pianeta! No,
non siamo stati ancora colti di sorpresa del tutto da quest’uomo che, come
Obama, come gli altri, democratici e repubblicani nello stesso modo, si rivela
per quel che è: una marionetta nelle mani del capitalismo. Gli uomini politici
non applicano un programma, ma ubbidiscono al programma che rende possibile la
loro stessa esistenza. Così, lo Stato Islamico è un mero prodotto della
politica estera che gli americani hanno adottato in Medio Oriente per lo meno
dal 1991. Essa è cominciata con la distruzione dell’Iraq, seguita dalla
distruzione dei regimi - autoritari, certo, ma laici - che arginavano le
prevedibili pressioni del terrorismo islamico, e dunque la Libia e nello stesso
modo la Siria. A ciò ha fatto seguito il caos planetario provocato dalle
decisioni di George Bush, che oggi dipinge quadri orrendi, espone le sue tele
nelle gallerie, raggiunge i primi posti nelle classifica dei libri più venduti
con il catalogo di questa sua produzione pittorica così scadente mentre
dovrebbe rendere conto delle proprie azioni davanti a un Tribunale penale
internazionale, se non marcire a vita in una cella di prigione per crimini di
guerra, ossia crimini contro l’umanità. Con il pretesto fasullo che l’Iraq
minacciava l’Occidente con armi di distruzione di massa che in verità quel
paese non aveva, l’Occidente ha creato un caos nel quale oggi prosperano i
jihadisti che - anche loro al di là del bene e del male -ubbidiscono a un
programma imperialista americano. Questo Iraq che non ci minacciava, perché la
Francia gli forniva le centrali nucleari, aiuto tecnico, armi e aerei da caccia
in cambio dei quali Saddam Hussein finanziava le campagne presidenziali
francesi, questo Iraq distrutto ora costituisce un terreno fertile, ideale per
lo Stato Islamico che, invece, ci minaccia sul serio. Che ne è stato di Colin
Powell, l’uomo che dette quell’informazione al mondo intero e che in seguito ha
convenuto che il 3 marzo 2003 disse una menzogna? Niente…
In tale contesto, si
presentano nuove opportunità: per Erdogan - che a lungo aveva elemosinato di
ammettere il suo Paese nell’Europa liberale per imporre la sua volontà, mentre
gli europeisti pretendevano di imporgli la loro - è arrivata l’ora di lavare
l’affronto di quel rifiuto. Eccolo quindi minacciare apertamente l’Europa, e
comunicare ai turchi che vivono disseminati nel territorio europeo che
farebbero bene a ricorrere all’arma demografica per far pendere l’ago della
bilancia europea a loro favore. Erdogan tratta la Germania di Angela Merkel da
“nazista”, e malgrado ciò la Francia accoglie gli emissari del dittatore turco
sul suo territorio affinché possano fare propaganda a suo favore, nell’ambito
del suo progetto di diventare dittatore legalmente, con tanto di benedizione di
Cohn-Bendit e dei suoi correligionari europeisti, utili idioti dell’islamismo.
Nel frattempo, nella speranza di lavare via anche lui l’umiliazione dell’Impero
sovietico perduto, Putin prende la Russia di petto, sostenendo di volerle
restituire la sua dignità di grande paese temuto da tutti, non dimenticando nel
contempo di fare affari assai redditizi, lui e i suoi amici oligarchi. A suo
tempo aveva proposto un’alleanza all’Europa dell’Ovest, ma quell’alleanza gli
fu rifiutata. Putin ha dunque cercato appigli altrove, ma li troverà senza
l’Europa liberale, e poi contro di essa. Capiamo bene che in tutto ciò non ci
sono né bene né male, ma altri due punti di riferimento, diversi, che non
rinviano più alla morale moralizzatrice, bensì alla fisica delle forze, o alla
meccanica dei fluidi: il Buono e il Cattivo. Secondo questo dinamometro
attivato assai lontano dal confessionale, è Buono tutto ciò che permette la
realizzazione del programma, anche se questo Buono nel linguaggio comune
rientra nella categoria del Male; è Cattivo ciò che intralcia o impedisce la
realizzazione del programma, anche se questo Cattivo nel linguaggio comune
rientra nella categoria del Bene. Un certo Lev Trotskij rifletté a lungo su
questa rozza logica in “La loro morale e la nostra”. Ciò che era male per l’ordine
borghese (deportare, sterminare, rinchiudere, perseguitare, giustiziare,
terrorizzare, e così via) era un bene per l’ordine rivoluzionario. Conosciamo
il seguito e sappiamo come andò a finire, con cento milioni di morti nel nome
del Buono… E così, per Putin devastare la Cecenia è un Bene perché
indispensabile ai fini della realizzazione del suo progetto, che è quello di
sradicare l’islamismo da tutto il territorio russo o dall’ex zona di influenza
sovietica. È tutto qui il senso della questione ucraina e dell’annessione della
Crimea. Tutti sanno che questo Bene è un Male rispetto alla morale cristiana
alla quale, per altro, egli finge di fare riferimento quando bacia le mani alle
autorità ortodosse di più alto grado nel Paese davanti alle cineprese del mondo
intero. Viviamo chiaramente nell’epoca del cinismo: un tempo i politici
nascondevano i loro più rozzi programmi sotto pretesti umanitari. Chi mai
poteva avere la faccia tosta di opporsi ai diritti dell’uomo e allo spirito
umanitaristico, se non addirittura al diritto di ingerenza, se si mostrava
apparentemente generoso davanti ai media di tutto il pianeta che facevano di
Médecins sans frontières degli eroi, o distribuiva sacchi di riso prima di
rientrare in serata a Saint-Germain-des-Prés, dopo aver fatto un salto in
televisione per il telegiornale delle 20, per dichiarare che non stava facendo
politica, ma si occupava di aiuti umanitari? Chi può ancora credere che
Bernard-Henri Lévy sia animato soltanto dai Diritti dell’Uomo, quando si trova
in prima linea tra quanti, col pretesto di evitare un massacro assai ipotetico,
offrono consigli a coloro che scatenano un massacro assai reale in Libia? Chi
immagina ancora che Bernard Kouchner non avesse altro in mente se non l’idea di
rendere onore alla sua etica professionale di medico che ha prestato il
Giuramento di Ippocrate, quando ha avallato le guerre combattute dagli Stati
Uniti ovunque nel mondo? Né posso dimenticare i falsi dibattiti sulla stampa
che discettarono del concetto di “Guerra giusta” (elaborato dai Padri della
Chiesa che auspicarono così facendo di giustificare e di legittimare
l’imperialismo cristiano sulla totalità del pianeta) all’epoca della Prima
guerra del Golfo. Lo dicevo nel 1991, quasi un quarto di secolo fa: “una guerra
giusta è giusto una guerra…”. Non siamo entrati in una nuova era, quindi:
abbiamo semplicemente barattato l’ironia della “Guerra giusta”, la scappatoia
dei “Diritti dell’uomo”, il sarcasmo del “Diritto di ingerenza” con un cinismo
esplicito che mette i politici alleati alle prese con i commercianti di armi, i
dirigenti complici del controllo e del saccheggio del sottosuolo dei paesi
assoggettati in nome della lotta contro il terrorismo, i governanti delle
grandi potenze e i loro complici ultra-miliardari che, oltre alle armi,
possiedono mezzi di informazione, industrie, banche, tengono un piede in
finanza e hanno sul loro libro paga, quando non ai loro stessi piedi, un
politico personale di alto grado. La visibilità di questo cinismo planetario
degli Stati è resa possibile dalla comparsa dei mezzi di informazione
alternativi a internet. Quando un proprietario di giornali è anche un
commerciante di armi, come si può immaginare che il contenuto editoriale del
suo quotidiano sia oggettivo in materia di geopolitica, di geostrategia o di
copertura delle guerre in corso nel pianeta? Ma - ecco ancora l’Astuzia della
Ragione - i popoli che appoggiano Donald Trump, Vladimir Putin, Recep Erdogan,
Abou-Bakr Al- Baghdadi pensando che da loro otterranno onore e risarcimento,
dignità e potenza, si sbagliano. Non riceveranno niente di diverso da ciò che i
popoli ricevono da che mondo è mondo: lacrime, sudore e sangue.
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