Da “Destra e sinistra sotto il peso di Edipo” di Massimo Recalcati –
psicoterapeuta lacaniano -, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 6 di
marzo dell’anno 2013: (…). Illustrando il complesso di Edipo,
Freud aveva messo in luce come la relazione tra i figli e i padri sia marcata
da una ambivalenza profonda: il padre non è solo la rappresentazione eroica di
un Ideale ineguagliabile, ma è anche un rivale con il quale si combatte un
duello all`ultimo sangue. La dimensione conflittuale dell`Edipo si risolve solo
se le armi vengono deposte e si sancisce un armistizio: il padre deve
riconoscere il suo inevitabile tramonto lasciando il suo posto al figlio,
mentre il figlio deve riconoscere al padre il debito simbolico del dono della
vita. Il padre diventa così una funzione indispensabile nella trasmissione
dell`eredità e il figlio, in quanto erede, avrà il compito di realizzare in una
forma nuova ciò che ha ricevuto. Se il padre o il figlio non riconoscono questa
discendenza simbolica, la dialettica edipica può incancrenirsi in una
rivendicazione sterile: il padre impedisce al figlio di avere un suo posto nel
mondo rifiutando dì tramontare; mentre il figlio esige la morte del padre e il
rinnegamento della sua provenienza e del debito che essa implica. Il conflitto
si imbarbarisce: il nuovo vuole uccidere il vecchio perché il vecchio non
lascia posto al nuovo e il vecchio non lascia posto al nuovo perché il nuovo
non vuole riconoscere il suo debito nei confronti del vecchio. (…). Il padre di
questo movimento non rappresenta per nulla il vecchio, la provenienza, la
radice, la memoria, l`istituzione.
Questo nuovo padre si propone come senza storia, senza memoria, senza provenienza, senza un volto politicamente riconoscibile, mascherato, radicalmente post-ideologico. Non ha mai voluto entrare sulla scena edipica della politica, ma si è sempre mantenuto fuori (Lacan gli direbbe; ma "fuori" da cosa? Tu pensi davvero che esista un "fuori"?). Il rifiuto del confronto con gli altri è una cifra essenziale di questa posizione che si propone come sorretta da un ideale di incontaminazione. La dialettica democratica lascia allora il posto all`insulto dell`Altro che si mescola, come spesso accade in ogni fondamentalismo, con un fantasma di purezza: da una parte i puri, i redentori, dall`altra gli impuri, gli indegni. Di qui la sua forza anarchica e sovversiva e il potere straordinario di aggregazione di fronte ad un mondo politico drammaticamente corrotto e incapace di rinnovarsi dall`interno. (…). Ma che padre è quello che si manifesta attraverso l`insulto? Si tratta di un padre che non ricalca più in alcun modo il modello edipico del Padre come simbolo della Legge. Si tratta di un padre-adolescente, di un padre-ragazzo, che parla, si esprime e si veste come fanno ì suoi figli. Si tratta di un padre che rivela sintomaticamente quella alterazione profonda della differenza generazionale che è una grande tema, anche psicopatologico, del nostro tempo. Nondimeno questo padre che si maschera con gli abiti dei figli è un padre che non vuole rinunciare ad esercitare il suo diritto assoluto di proprietà sui suoi figli. Si provi a mettere questo padre di fronte alla critica o al dissenso e si vedrà in che cosa consiste la sua pasta. Dietro ogni leader totalitario che reclamala democrazia si cela una insofferenza congenita verso il tempo lungo della mediazione che la pratica della democrazia impone. Il problema dell`eredità sembra allora rovesciarsi (…): non è il padre come simbolo del vecchio che non vuole abbandonare il suo posto di fronte alla minaccia edipica della rottamazione, ma saranno probabilmente i figli che dovranno assumersi la responsabilità dì non essere più "fuori" dalle istituzioni essendone diventati invece dei diretti rappresentanti. Saranno allora i figli a esigere il dialogo politico - rifiutato dal loro padre come segno di indegnità- come unica condizione per assicurare ad un paese in gravi difficoltà un governo possibile. A questi nuovi figli dal viso pulito e dagli ideali forti dobbiamo affidare il compito di far ragionare un padre che sembra - almeno sino a questo momento - rifiutare la responsabilità che sempre comporta la sua funzione e a mascherarsi da "anima bella" che per Hegel era quella figura della Fenomenologia dello spirito che pretendeva di giudicare la storia dall`alto della sua beata innocenza senza considerare che nessuno mai può giudicare la storia senza considerare di farne parte.
Questo nuovo padre si propone come senza storia, senza memoria, senza provenienza, senza un volto politicamente riconoscibile, mascherato, radicalmente post-ideologico. Non ha mai voluto entrare sulla scena edipica della politica, ma si è sempre mantenuto fuori (Lacan gli direbbe; ma "fuori" da cosa? Tu pensi davvero che esista un "fuori"?). Il rifiuto del confronto con gli altri è una cifra essenziale di questa posizione che si propone come sorretta da un ideale di incontaminazione. La dialettica democratica lascia allora il posto all`insulto dell`Altro che si mescola, come spesso accade in ogni fondamentalismo, con un fantasma di purezza: da una parte i puri, i redentori, dall`altra gli impuri, gli indegni. Di qui la sua forza anarchica e sovversiva e il potere straordinario di aggregazione di fronte ad un mondo politico drammaticamente corrotto e incapace di rinnovarsi dall`interno. (…). Ma che padre è quello che si manifesta attraverso l`insulto? Si tratta di un padre che non ricalca più in alcun modo il modello edipico del Padre come simbolo della Legge. Si tratta di un padre-adolescente, di un padre-ragazzo, che parla, si esprime e si veste come fanno ì suoi figli. Si tratta di un padre che rivela sintomaticamente quella alterazione profonda della differenza generazionale che è una grande tema, anche psicopatologico, del nostro tempo. Nondimeno questo padre che si maschera con gli abiti dei figli è un padre che non vuole rinunciare ad esercitare il suo diritto assoluto di proprietà sui suoi figli. Si provi a mettere questo padre di fronte alla critica o al dissenso e si vedrà in che cosa consiste la sua pasta. Dietro ogni leader totalitario che reclamala democrazia si cela una insofferenza congenita verso il tempo lungo della mediazione che la pratica della democrazia impone. Il problema dell`eredità sembra allora rovesciarsi (…): non è il padre come simbolo del vecchio che non vuole abbandonare il suo posto di fronte alla minaccia edipica della rottamazione, ma saranno probabilmente i figli che dovranno assumersi la responsabilità dì non essere più "fuori" dalle istituzioni essendone diventati invece dei diretti rappresentanti. Saranno allora i figli a esigere il dialogo politico - rifiutato dal loro padre come segno di indegnità- come unica condizione per assicurare ad un paese in gravi difficoltà un governo possibile. A questi nuovi figli dal viso pulito e dagli ideali forti dobbiamo affidare il compito di far ragionare un padre che sembra - almeno sino a questo momento - rifiutare la responsabilità che sempre comporta la sua funzione e a mascherarsi da "anima bella" che per Hegel era quella figura della Fenomenologia dello spirito che pretendeva di giudicare la storia dall`alto della sua beata innocenza senza considerare che nessuno mai può giudicare la storia senza considerare di farne parte.
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