Da “I paletti della Costituzione e la libertà di decidere sulla vita”
di Stefano Rodotà, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 28 di marzo
dell’anno 2014: (…). …se la morte appartiene alla natura, il morire appartiene alla sua
vita, (…) divenuto sempre più governabile e dunque rientra nell'autonomia delle
scelte di ciascuno. Proprio seguendo gli itinerari del diritto, è agevole
accorgersi di questo radicale mutamento di prospettiva, con l'attribuzione a
ciascuno del pieno governo del sé soprattutto per quanto riguarda il destino
del proprio corpo, per il quale il principio è ormai quello del consenso libero
e informato dell'interessato. La rivendicazione del diritto di morire diviene
così parte del più complesso movimento di riappropriazione del corpo. Tutto
questo ha chiari e forti riferimenti nella Costituzione. Nell'articolo 32, dove
la salute è definita diritto «fondamentale», si afferma che «nessuno può essere
obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di
legge»: questo intervento, tuttavia, è ammissibile solo nei casi in cui vi sia
una ragione sociale rilevante. Non a caso quell'articolo si conclude con parole
molto nette: «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana». In nessun'altra costituzione si trova una norma
così impegnativa. Si individua così un'area dell'"indecidibile",
preclusa a qualsiasi intervento legislativo e che viene identificata
riferendosi al rispetto assoluto della dignità e della persona nella sua
integralità. Quest'area, (…), è quindi attribuita alla libertà di scelta della
persona. Un passaggio essenziale, chiarito in modo inequivocabile dalla
sentenza n. 438 del 2008 della Corte costituzionale: «La circostanza che il
consenso informato trova il suo fondamento negli articoli 2, 13 e 32 della
Costituzione pone in risalto la sua funzione di sintesi di due diritti
fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla
salute». (…). L'abbandono di ogni pretesa di invadere lo spazio della persona,
che la Costituzione vuole tenere al riparo dagli interventi del legislatore,
non risponde soltanto all'esigenza di affrontare in modo più adeguato, e
liberato da ambiguità paternalistiche e pietistiche, la condizione reale di
molte migliaia di sofferenti. Chiarisce come il diritto all'autodeterminazione,
fondato com'è sulla libertà di governare liberamente la propria vita, mette in
evidenza la necessità di tener conto dei diritti di chi intende proseguire la
propria esistenza con tutta l'assistenza necessaria. Emerge così il diritto
d'ogni cittadino di accedere alle cure palliative ed alle terapie del dolore.
Solo tenendo insieme le due possibili scelte della persona, si può uscire dalla
schizofrenia istituzionale e dalle ipocrisie di chi invoca l'intervento del
legislatore in aree precluse dalla Costituzione, mentre ignora i doveri delle
istituzioni pubbliche. (…).
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