Da “Come è
local la nuova corruzione italiana” di Gianluca Di Feo, sul quotidiano la
Repubblica del 16 di dicembre 2016: (…). Oggi l’identikit del politico corrotto
segnala gusti diversi, con una preferenza per nuovi territori di caccia: i
Comuni e le Regioni, dove le bustarelle sono a portata di mano e si possono
costruire camarille fidate che ignorano le logiche di partito. È la metamorfosi
della razza ladrona che si è imposta dopo Mani Pulite, la selezione della
specie più collusa ritratta in un’analisi sociologica realizzata studiando le
condanne di 541 politici in tutta Italia. L'habitat dell'homo corruptus è
cambiato. Il territorio di caccia prediletto del politico disonesto non sono
più ministeri e Parlamento, ma assessorati comunali e consigli regionali. Non
razzia per finanziare le segreterie nazionali, ma afferra bustarelle per
arricchire il suo branco: quattro-cinque compagni fidatissimi, funzionari
pubblici o professionisti ben introdotti, che lo aiutano a banchettare
nell'ombra. (…). La base statistica è rigorosa: 541 politici sezionati
attraverso le sentenze della Cassazione, casi definitivi di malaffare che
riguardano la corruzione in ogni sua declinazioni. Dati che sono stati poi
integrati con centinaia di fascicoli delle autorizzazioni a procedere del
Parlamento, approfondendo il profilo di ogni imputato, il tutto elaborato
secondo i criteri della sociologia per comporre la storia dei corrotti d'Italia
prima e dopo Tangentopoli. Una razza ladrona che nell'ultimo decennio è tornata
a proliferare nel Meridione e in parte nel Nord Ovest mentre sembra decrescere
nelle "vecchie regioni rosse e bianche". (…). Già, ma chi ruba di
più? L'analisi non è semplice e deve fare i conti con il trasformismo e le
liste civiche dai confini mutevoli. In più ci sono i "surfer", quei
politici che soprattutto al Nord hanno esordito nella Prima Repubblica e hanno
cavalcato l'onda del rinnovamento per finire alla sbarra nella Seconda.
L'appartenenza a uno schieramento inoltre rischia di trarre in inganno, perché
prima del 1992 il 42 per cento intascava i soldi per il partito mentre ora lo
fa solo il 7 per cento. Quelli che invece delinquono per profitto personale
sono schizzati dal 35 al 60 per cento: sono la maggioranza silenziosa del
ladrocinio. E veniamo alla classifica generale dell'ultimo trentennio. Gli
esponenti dei partiti dissolti all'epoca di Mani Pulite - Dc, Psi, Pri, Pci,
Psdi, Pli - sfiorano il 40 per cento dei mariuoli. Quanto alle nuove compagini,
vince il centrodestra con il 32 per cento. Lo segue il centrosinistra con il 17
per cento (ma se limitiamo lo sguardo al Sud si arriva al 25) e il centro
"puro" con circa il 4. C'è poi un 11 per cento di personaggi che
hanno cambiato casacca e un 5 di "non classificabili". Nell'hit
parade delle nuove leve, ossia quelle entrate in politica dopo il 1992, la
distanza tra i due poli aumenta: il centrodestra conta un 52 per cento mentre
il centrosinistra è al 29. Ma la questione morale resta un problema di tutti.
(…). In compenso la minaccia si evolve.
(…): "Nella fase successiva a
Tangentopoli giocano un ruolo significativo figure di nuovi
"notabili", provenienti dal mondo delle libere professioni (26% dei
politici) che si collocano più nel centrodestra ma anche nel centrosinistra. Si
muovono per finalità di arricchimento privato piuttosto che di sostegno ai
partiti, ma non agiscono in modo isolato. Si pongono piuttosto al centro di
reti ampie e strutturate che a volte vedono coinvolta direttamente la
criminalità organizzata". Infatti dopo il 1995 i mafiosi implicati nelle
collusioni politiche aumentano e compaiono nel 18 per cento dei casi. Ogni
tangente nasce da un triangolo: l'imprenditore che paga, il politico che
decide, il funzionario che concretizza l'atto illecito. Ebbene, sempre più
spesso impresari e industriali lasciano il posto ai boss. Il segnale di quella
strategia dei clan che predilige le mazzette alla lupara. (…). Il tariffario si
gonfia con il blasone del politico. Così il 40 per cento dei parlamentari viene
accusato di tangenti con importi superiori a mezzo milione di euro, mentre solo
il 13 per cento dei ranghi inferiori incassa cifre simili. Ma tanti adesso si
vendono non per denaro ma per favori d'altro genere: case, auto, assunzioni o
promozioni di parenti, pacchetti di voti. Un baratto molto più in voga al Sud
perché il Nord predilige ancora il cash. D'altronde anche il mercato della
corruzione si è sbriciolato. Ormai i piatti più ghiotti si trovano nei Comuni e
nelle Regioni, che hanno ereditato fette di potere e di spesa pubblica sempre
più ricche a danno del governo centrale: un assessore ha più occasioni di
allungare le mani rispetto a un sottosegretario. (…). Una nota positiva. Su 541
lazzaroni, solo 14 sono donne. (…). …questo lasci(a)
intuire l'esistenza di un "effetto di genere specifico delle reti
corruttive riconducibile a meccanismi di costruzione della reputazione
criminale": una doppia selezione che tiene fuori le quote rosa, prima
dalla sfera politica e poi da quella dell'intrallazzo. L'affacciarsi delle
signore nel business è recente e quindi in futuro potremmo avere sorprese ma al
momento le tangenti sono una prerogativa del maschio italiano. L'età media è di
48 anni, perché in questo campo serve "un percorso lungo, attraverso
l'accumulo di esperienze e di relazioni". Prima di Tangentopoli, i
mazzettari erano più giovani di tre anni; dopo il 2005 invece sono invecchiati
di cinque: "Dato che suggerisce con le dovute cautele una certa continuità
nella classe politica coinvolta in fatti di corruzione negli ultimi venti
anni". È una diagnosi chiara: le amputazioni della magistratura sono
riuscite solo a rallentare il male, che in poco tempo ha ripreso a crescere.
Diffuso spesso dagli stessi untori. La metà opera a Sud, però a livello di
regioni, dopo la Campania (17%) c'è la Lombardia (11,5%). La corruzione è
specchio della società e lo dimostrano le differenze di stile dei malandrini.
Nella pianura padana c'è un'impronta imprenditoriale, nel meridione avvocati e
medici seguono la tradizione dei notabili e delle clientele. Ma il risultato è
identico: la devastazione delle risorse pubbliche, l'azzeramento della
competitività, la negazione del merito a vantaggio dei raccomandati. E il
prezzo di questo sistema lo pagano tutti i cittadini.
Nessun commento:
Posta un commento