Ed “adesso povero uomo”? Finirà di esibirsi come un
oracolo – fortunatamente - inascoltato dopo che i “19.417.671” di italiani hanno
detto alto e forte il loro “No”? È comprensibile che, considerata la sua veneranda
età, il trascendente occupi stabilmente i suoi pensieri. Ben gli venga. È che
un tempo i venerandi saggi svolgevano la missione loro affidata di guide per il
resto degli umani. Ma tant’è; i tempi offrono anche di questo. Ma i “19.417.671
No” non stanno a dare la misura esatta solamente dell’Eugenio nazionale. E no! Egli
è stato in buona compagnia. E come. Quei “19.417.671 No” stanno lì a dire che
la memoria collettiva non dimenticherà tanto facilmente donde venisse il
sostegno all’uomo venuto da Rignano sull’Arno. Orbene, “19.417.671 No” all’Eugenio
nazionale accodatosi all’ultimo minuto senza fare una piega, come dianzi detto;
ma anche “19.417.671 No” a quel Cacciari lì che pur dicendo peste e corna ne approvava
la “riforma” scellerata; “19.417.671 No” a quel Prodi lì, trombato dai 101 dei
suoi ma mai domo, fino a giocarsi l’ultima carta rimastagli per un insperato
rientro sul palcoscenico agognato della politica del bel paese; “19.417.671 No”
alla J. P. Morgan banca (come dire?) che stimava essere le Costituzioni europee
in stile eccessivamente “socialisteggiante”, da smantellare al più presto per
il trionfo definitivo del capitalismo rampante della finanza internazionale; “19.417.671
No” ai giornaloni d’oltralpe, estimatori di un disegno che valorizzasse la
stabilizzazione – questa sì – di ineguaglianze ed esclusioni sociali -; “19.417.671
No” alle tante, tantissime aziende (Ferrarini docet) che hanno, nei giorni precedenti
il referendum, chiesto (o imposto) un voto per la stabilità – la loro stabilità
– al caro prezzo pagato dai loro sottoposti in termini di diritti e conquiste
sociali nel mondo del lavoro; “19.417.671 No” alle varie screditatissime “confindustrie”
che han ben gradito che le loro aspettative siano nel tempo divenute
disposizioni legislative. Non erano questi i “temi” referendari. È vero. Erano tutt’altro
e di enorme spessore. Ma il gioco forzato imposto dagli imbelli ha prodotto l’incredibile,
ovvero questa gioiosa sorpresa dell’oggi destatasi con forza contro quel coro
unanime di cantori stonati, coro che, come d’incanto, ha avuto il grande merito
di risvegliare coscienze che si riteneva disperatamente assopite. Donde quei
fantastici “19.417.671” di “No” che seppelliscono definitivamente l’arroganza
dell’uomo venuto da Rignano sull’Arno e della sua schiatta di temerari, narcisi
improvvisatori. È tutto da leggere l’editoriale “Un No per Scalfari” di Marco Travaglio e Silvia Truzzi, pubblicato
su “il Fatto Quotidiano” del 3 di dicembre 2016, che trascrivo nella quasi sua
interezza, un inno alla insensatezza ed alla spregiudicatezza:
“Il
Senato delle autonomie non ha senso alcuno, c’è già la conferenza
Stato-Regioni, che comprende anche i Comuni… Non costa un centesimo se non il
viaggio a Roma… Il Senato delle autonomie sarebbe un inutile doppione” (Eugenio
Scalfari, Repubblica, 6.4.2014). “Renzi non ha alcuna intenzione di cambiare il
bicameralismo eliminando utilmente la sua ‘perfezione’… Voi avete in mente di
far mangiare la minestra o far saltare dalla finestra chi non la mangia. Ma
questo può concepirlo un Berlusconi o un Grillo, ma non il Partito democratico.
Perciò pensate bene a quel che fate… Un Senato delle autonomie non può essere
eletto dalle medesime autonomie se deve… vigilare sul loro operato legislativo
e finanziario. Per la contraddizione che non lo consente. A me sembra
elementare, e a lei, onorevole Renzi?” (11.5.2014). “Le leggi di riforma
costituzionale dovrebbero essere presentate dal Parlamento e non dal governo
perché la competenza in questo caso spetta al potere legislativo e non
all’esecutivo il quale, appunto, esegue e non può cambiare le regole… Il
Senato, secondo gli accordi tra Renzi, Berlusconi, Alfano e Lega, si dovrebbe
comporre di 74 membri eletti dai Consigli regionali, 21 assegnati ai Comuni… e
5 nominati dal presidente della Repubblica… Caro Matteo, tu sei bravo e
seducente… Ma un governo autoritario francamente non lo voglio. Non lo
vogliamo. Quanto al fatto che un Senato vero farebbe perdere tempo prezioso, si
tratta d’una totale bugia. Dai dati ufficiali dell’Ufficio del Senato risulta
che l’approvazione d’una legge ordinaria avviene mediatamente in 53 giorni, la
decretazione d’urgenza è convertita in legge in 46 giorni e le finanziarie in
88 giorni. Non sono colpe del bicameralismo ma della burocrazia ministeriale i
ritardi… Il bicameralismo funziona a dovere e i ritardi non provengono da lì”
(22.6.2014). “Attenti perché con tutti questi divieti, a volte chiamati
ghigliottina e altre volte tagliola…, l’autoritarismo rispunta inevitabilmente…
Se parla e decide solo il capo, la democrazia dov’è? Dice Renzi: ne parliamo da
tre anni di queste riforme. Ma chi ne ha parlato? E di quali riforme? I tre
governi ‘presidenziali’ di Monti, Letta, Renzi, alcune riforme le hanno fatte…:
800 leggi, approvate da entrambe le Camere non sono ancora entrate in vigore…
Perché? Mancano i regolamenti attuativi… E poi si parla di balletto tra le due
Camere, magari, ma il balletto non è quello: riguarda la burocrazia
ministeriale” (27.7.2014). “Renzi vuole mettere il Senato nelle mani dei
Consigli regionali. Sarebbe molto meglio abolirlo che affidarne il simulacro
alla classe politica più mediocre e più corrotta che vi sia nel nostro Paese.
Personalmente vorrei che il Senato rinunciasse al potere di dare o negare la
fiducia al governo ma conservasse tutti gli altri poteri inerenti al
Legislativo e i suoi membri, ridotti di numero come possibilmente dovrebbe
farsi anche per la Camera, continuassero a essere eletti dal popolo sovrano. Ma
se questi obiettivi sono impediti dall’alleanza Renzi-Berlusconi, allora
aboliamolo e basta… Il Monocamerale rafforza notevolmente il potere Esecutivo,
quindi ci vogliono contrappesi numerosi altrimenti il pericolo d’un governo
autoritario si profila inevitabilmente… Qualcuno lo chiama dispotismo
democratico. Altri autoritarismo o centralismo democratico o… egemonia
individuale. Ma la sostanza è la stessa, i pessimisti ad oltranza rievocano
addirittura i rapporti tra il Direttorio e Napoleone Bonaparte” (3.8.2014). “Che
Renzi, riducendo il Senato a poco più d’una scarpa vecchia, coltivi un
rafforzamento del potere esecutivo non c’è dubbio alcuno; del resto è lui
stesso che lo dice presentandolo come una svolta democratica che allinea
l’Italia a tutti gli altri paesi d’Europa… Diamanti la chiama democrazia
personale e, cercando un paragone col passato, fa il nome di Bettino Craxi. La
pensiamo allo stesso modo…: un’egemonia individuale o una democrazia personale
è quanto merita il nostro Paese? Somiglia a quanto avviene negli altri Stati
membri dell’Ue?” (10.8.2014). “L’abolizione del Senato comporta un
indebolimento del potere Legislativo e un rafforzamento dell’Esecutivo che può
indurre a imboccare la strada d’un governo autoritario” (15.2.2015). “L’effetto
è la costruzione d’un sistema monocamerale con una Camera in gran parte
‘nominata’ dal segretario del partito di maggioranza… e il governo ha la Camera
a propria disposizione e non viceversa come in teoria la democrazia
parlamentare prevede… L’effetto di tutto il sistema è evidentemente quello di
evocare la tentazione dell’autoritarismo“ (29.3.2015). “Renzi, adottando lo
slogan del cambiamento, sta cambiando la democrazia italiana non rafforzandola
ma rendendola ancora più fragile sì da consentirgli di decidere e comandare da
solo. Renzi sta smontando la democrazia parlamentare col rischio di
trasformarla in democrazia autoritaria” (26.4.2015). “Il potere Esecutivo
stabilisce i fini e appronta i mezzi. E in quella (democrazia, ndr)
parlamentare i fini li stabilivano il Parlamento e il governo possedeva gli
strumenti per realizzarli. Ebbene, questa trasformazione a me non piace affatto
e debbo dire che non è neppure più una democrazia, a rifletterci bene. Una
democrazia esecutiva è un gioco di parole perché demos significa popolo sovrano
e come si esprime il popolo sovrano se non con una rappresentanza proporzionale
in un Parlamento che non sia una dépendance del potere Esecutivo?” (10.5.2015).
“Si passa da una democrazia parlamentare ad una democrazia esecutiva, che è
cosa del tutto diversa e sommamente pericolosa in un paese come il nostro.
Mazzini avrebbe deprecato. Garibaldi si sarebbe ribellato. Machiavelli ne
avrebbe avuto il cuore infranto. Guicciardini avrebbe avuto ragione. Il paese è
fatto così. Un governo autoritario gli piace. Renzi dovrà dunque combattere
contro questo paese che lo vuole al potere da solo purché si ricordi di chi
gliel’ha regalato. Ce la farà a tenersi alla larga da questa po’ po’ di
tentazione? (…). È uno scout e Crozza lo descrive meglio di tutti” (17.5.2015).
“Sono rimasto alquanto stupito da un editoriale sul Corriere di Sabino Cassese…
Ma questo, caro Sabino, è un regime potenzialmente autoritario. Oggi è
impersonato da Renzi, ma in un domani potrebbe essere impersonato da Salvini o
da Grillo e allora sarebbero guai molto seri per la democrazia italiana. Oppure
pensi che Renzi governerà per i prossimi vent’anni? E che la visione
autoritaria non si manifesterà anche in lui? Demos e kratos – lo sai bene anche
tu – hanno significati assai contrastanti e quando prevale kratos, demos fa
quasi sempre le valigie” (5.7.2015). “Se vogliamo entrare nel contesto della
legge in questione per il poco che conta dichiaro che io voterò no”
(17.4.2016). “Poi c’è il referendum. L’appuntamento è decisivo. Se Renzi vince
sarà padrone, se perde si apre uno scenario nuovo sul quale è molto difficile
fare previsioni. Personalmente – l’ho già detto e scritto – voterò no, ma non
tanto per le domande del referendum quanto per la legge elettorale che gli è
strettissimamente connessa. Se Renzi cambia quella legge (personalmente ho
suggerito quella di De Gasperi del 1953) voterò sì, altrimenti no. E immagino
che siano molti a votare in questo modo. Pensaci bene, caro Matteo; se anche
vincessi per il rotto della cuffia sarai, come ho già detto, un padrone. Ma i
padroni corrono rischi politici tremendi e farai una vita d’inferno, tu e il
nostro Paese” (22.5.2016). Per tutti questi gravissimi motivi, l’altro giorno
Scalfari ha annunciato il suo Sì perché “il referendum è cambiato”. No, caro
Eugenio, sei tu che hai cambiato idea. Comunque domani noi voteremo No anche
per te. Tu non puoi, noi possiamo.
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