Da “Noi di
sinistra dobbiamo chiedere scusa per l’euro” di Alfredo D'Attorre –
deputato della “Sinistra italiana” -, su “il Fatto Quotidiano” del 26 di
ottobre 2016: (…). Il punto è semplice: può un qualsiasi schieramento progressista
riproporsi credibilmente alla guida del Paese senza fare un bilancio onesto
degli effetti sulla società italiana della scelta più importante che il
centrosinistra ha compiuto nell’ultimo ventennio, ossia l’adesione
incondizionata al vincolo esterno europeo e al progetto dell’euro? Se gli
economisti discutono sulla praticabilità di un’uscita dalla moneta unica, su
altri due punti la discussione scientifica è chiusa, nel senso che le evidenze
empiriche conducono univocamente nella stessa direzione: Primo: l’euro è stato
costruito in una maniera radicalmente sbagliata, funzionale solo agli interessi
della Germania e dei suoi satelliti, ha enormemente accresciuto la divergenza e
l’ostilità tra i popoli europei e si è rivelato incompatibile con una logica di
sana cooperazione politica ed economica su base paritaria fra i diversi Stati.
Secondo: l’Italia è uno dei Paesi per i quali la scelta dell’euro ha prodotto
gli effetti più negativi. Basta prendere in considerazione un qualsiasi grafico
che illustri comparativamente l’andamento della produttività, della bilancia
commerciale, del reddito pro capite o del PIL fra Italia e Germania prima e
dopo l’introduzione della moneta unica per aver un quadro impressionante. Si
pensi solo al fatto che ancora nel 2015 l’Italia era l’unico Paese
dell’eurozona, Grecia compresa, in cui il livello del PIL pro capite rimaneva
inferiore a quello del 1999, l’anno in cui siamo stati ammessi nella moneta
unica e sono stati fissati i cambi tra le diverse valute nazionali. Di fronte
all’evidenza di tale disastro economico e sociale, a cui vanno aggiunti gli
effetti sulla qualità della nostra democrazia, le forze progressiste dovrebbero
riconoscere apertamente l’errore storico compiuto nell’appoggiare un progetto
fallimentare e, ciascuna per la propria parte di responsabilità, chiedere scusa
agli italiani. Si tratterebbe, a mio avviso, di un atto politico in grado di
riaprire un rapporto con settori della società italiana un tempo vicini alla
sinistra e che oggi rischiano di essere consegnati irreversibilmente alla
destra xenofoba o all’avventurismo del M5S. L’altra riflessione che si dovrebbe
aprire fra gli intellettuali e i politici progressisti, (…), riguarda il
rapporto fra euro e Costituzione repubblicana. (…). …è arrivato il tempo di
interrogarsi sulla compatibilità fra il progetto di società tracciato dalla
Carta costituzionale e quello contenuto nei Trattati europei, su cui il
funzionamento della moneta unica si regge. Le famigerate ‘riforme strutturali’
richieste dall’Europa in materia di lavoro, pensioni, sanità, istruzione,
risparmio non sono un accidente della storia, ma la diretta conseguenza di un
modello economico chiaramente alternativo a quello disegnato nella prima parte
della nostra Costituzione e strettamente funzionale al mantenimento della
moneta unica.Decine di studi hanno ormai chiarito che per le economie della
periferia dell’eurozona l’austerità, gli alti livelli di disoccupazione e la
conseguente deflazione salariale non sono una condizione transitoria legata a
una fase di crisi, ma il presupposto per mantenere le economie di quei Paesi su
una linea di galleggiamento dentro la moneta unica, in una situazione in cui
essi hanno rinunciato al controllo della leva fiscale e di quella monetaria.
Se
non si riconoscono questi dati di realtà, protestare contro la svalutazione del
lavoro o invocare il ritorno a un livello di investimenti pubblici
incompatibili con i vincoli finanziari della moneta unica significa
semplicemente abbaiare alla luna. Per quanto possa considerare difficile e
rischiosa l’uscita dalla moneta unica, la sinistra non può più permettersi considerare
l’euro un Moloch sovraordinato rispetto ai principi costituzionali. Se la
vittoria del No al referendum (del 4 di dicembre, vittoria
provvidenzialmente avvenuta n.d.r.) impedirà un ulteriore svuotamento della
sovranità democratica nazionale a vantaggio dei poteri tecnocratici europei e
rimetterà al centro della politica italiana la Costituzione a tutto tondo,
bisognerà mettere in atto una strategia di resistenza costituzionale rispetto a
ogni ulteriore trasformazione economica, sociale e democratica imposta dalla
logica di funzionamento della moneta unica. Prendere di nuovo sul serio la
Costituzione potrà difendere gli italiani dalle conseguenze dell’euro molto più
di quanto abbia fatto la classe politica di destra o di sinistra nell’ultimo
ventennio.
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