Da “La
Trumpata” di Marco Travaglio, su “il Fatto Quotidiano” del 10 di novembre
2016: (…). Michael Moore, il regista considerato dai nostri fini dicitori un
mezzo squilibrato, l’aveva previsto a luglio dopo aver girato in Ohio il
documentario Trumpland: “Questo idiota, miserabile, pericoloso pagliaccio
part-time e sociopatico a tempo pieno sarà il nostro presidente”. Gli unici che
lo ritenevano impossibile ancora l’altra notte, mentre Hillary Clinton colava a
picco, sono quelli che sanno sempre tutto e infatti non ne azzeccano mai una.
Dal boom dei 5Stelle alla Brexit. Barricati nei loro salotti, redazioni,
circoli, terrazze, banche d’affari e cancellerie a parlarsi e a riprodursi fra
loro, a dirsi quanto sono educati, democratici e intelligenti, non sanno che
faccia ha il loro vicino di casa, figurarsi il loro paese, l’Europa, il mondo.
(…). Ora, il fatto che Trump abbia vinto significa solo che governerà gli Stati
Uniti per quattro anni, non certo che abbia ragione lui, con tutte le porcate
che ha detto e fatto. Quindi non c’è motivo di saltare sul carro del vincitore
o fingere di non conoscere Hillary, come si usa da noi. Ma ci sono ottimi
motivi per domandarsi perché un tipaccio così impresentabile anche
esteticamente sia il nuovo presidente Usa; perché molti che otto anni fa
elessero Obama hanno votato per lui; e perché da un bel pezzo analisti,
giornalisti e aruspici non ne indovinano una. In democrazia, la maggioranza non
ha sempre ragione: ma ha sempre una spiegazione. 1. Sinistra e destra non sono
affatto superate, ma non trovano più chi ne incarni i valori. Trump, come B.,
non s’è mai posto il problema della destra o della sinistra, tant’è che in
passato sostenne e finanziò i Clinton e ora prende voti dappertutto. Cercava di
parlare al popolo incazzato delle periferie, che in America sono molto più
periferiche delle nostre. E, sia pure a suon di rutti e scoregge, ci è
riuscito. Quanto ai Democratici, se volevano rappresentare una sinistra sia pur
moderata, non avevano che da candidare Bernie Sanders, che magari non parla a
tutti gli incazzati, ma a molti sì. La Clinton, establishment a parte, non
parla a nessuno. 2. Quando entrambi i candidati sono bugiardi, disonesti e
mediocri, il fatto che uno sia donna conta poco, specie se l’esser donna è
sopravanzato dall’esser moglie di uno famoso e se otto anni fa l’America fece
un salto ben più alto eleggendo un nero. Alla fine la maggioranza sceglie
quello che le pare il meno peggio per i propri interessi; il più “nuovo”, cioè
il più estraneo al Sistema che ha creato la crisi; il più vicino al mito del
self made man, contro colei che ha sempre vissuto di politica sulle spalle
della collettività e sul cognome del consorte. 3. Noi italiani dovremmo essere
non gli ultimi, ma i primi a capire, perché abbiamo già visto e digerito tutto.
Secondo voi chi vince tra un Berlusconi con 10 anni di meno e i capelli color
pannocchia, doppiato da Salvini e da Bombolo, e una befana col marito famoso e
i testi scritti dalla Picierno e dalla Bignardi? Dài, su. (…). 5. Siccome non
tutti i mali (e The Donald lo è) vengono per nuocere, può persino darsi che a
noi europei convenga la sua America più isolazionista e meno interventista.
Un’America che non si impiccia continuamente negli affari nostri (fino a
intimarci di votare Sì a una Costi- tuzione che abolisce il Senato elettivo, al
contrario di quella americana) e la pianta di sparacchiare in giro per il mondo
con guerre che dovrebbero combattere il terrorismo e invece lo moltiplicano. Quanto
agli Stati Uniti, il loro sistema è talmente solido che nemmeno un Trump può
devastarlo facilmente: una Costituzione, una Corte Suprema, un Congresso, un
equilibrio di pesi e contrappesi che tutela la democrazia anche da presidenti
avventurieri e avventuristi. (…).
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