Il “mondo nuovo” di Trump s’appressa. Travolgente
come non mai. Almeno stando alla carta stampata del bel paese. I due quotidiani
che abitualmente acquisto portano una sopra-copertina a quattro facciate. Tutte
e due. Si saranno copiata l’idea. La prima sopra-copertina è del quotidiano la
Repubblica: vi campeggia una bellissima foto del Presidente uscente ripreso di
spalle, impeccabilmente assiso sulla poltrona presidenziale. Titolo della
sopra-copertina: “Il mondo è cambiato”. Vacci a credere che appena il giorno
dopo la “notte elettorale” – invenzione di quegli intollerabili eurocentrici - il
mondo sia stato rivoltato come un calzino. Balle! Non ho letto l’editoriale del
Direttore che si accompagna alla foto; mi riservo di scoprirne il sapente (sic)
contenuto per come il mondo nel frattempo sia stato cambiato. In meglio? In peggio?
Boh! E chi lo saprà mai dire. Seconda sopra-copertina de’ “il Fatto Quotidiano”.
Una foto con bandiera americana che ricopre per la metà il volto del
trionfatore. Titolo: “Sorpresa”. Sorpresa un corno! È qui
che casca, come suol dirsi, l’asino. E l’asino di turno chi è? Semplice:
sondaggisti e stampa al seguito. Ci han menato come cani per l’aia per tutto il
tempo che ha preceduto la “notte elettorale”. Hillary vince, Hillary perde! Trump
perde, Trump vince! Ed ora la “sorpresa”. Ma qual è? È certo che uno dei due
avrebbe alla fine vinto. Chi dei due? Avete in mente quello stupendo lavoro
cinematografico che è “Match point”? È in quel film – nelle sue sequenze iniziali
- che il divino Woody Allen fa volteggiate la pallina del tennis prima a destra
e poi a sinistra, per poi d’improvviso rallentare la velocità della sequenza e
lasciarla lì, sospesa, la palla del “match point”. Cadrà? Certo che cadrà. Da quale
parte? A sinistra? A destra? All’inizio non lo si sa. Stupenda intuizione. Ebbene,
i media – carta stampata in testa – sono da paragonarsi alla palla di quel “match
point”. Hanno giocato da furfanti non sapendo quali pesci pigliare. Ed alla
fine hanno l’impudicizia di scrivere: “Sorpresa”! Sorpresa un corno! Ora che
l’ovetto ha partorito la sua “sorpresa” viene spontaneo chiedersi: ma fino a
qual punto sorpresa c’è stata? Due mediocri a contendersi la poltrona più
scottante del pianeta. Due mediocri dai quali è stato impossibile ascoltare o
solamente indovinare un pensiero che fosse compiuto. Sappiamo bene che si
avvalgono di personale che pensa e scrive per loro. Ma anche di quel supporto,
nella loro mediocrità, non hanno saputo beneficiarne. Quella pallina da “match
point” sarebbe caduta irrimediabilmente dalla parte di un mediocre. Ed il mondo
si sarebbe – anzi si è – consegnato, mani e piedi legati, al mediocre vincente.
Brutta aria tira per il mondo intero. Non tanto per la vittoria scontata di un
mediocre che ha saputo sconfiggere in altrettanto mediocre; quanto per l’inanità
della politica nella sua più alta accezione. E qui si chiama in causa quella
che un tempo andato si definiva la “sinistra” della politica. “Sinistra” e “destra”
oggi, per i quali schieramenti affrontare i complessi problemi del mondo
globalizzato ha sì un senso, ma
solamente nel senso di attendere da quale parte la pallina del “match point”,
per cause fortuite ad essi non imputabili, deciderà di cadere. Ed il gioco è
fatto. Ha scritto Paolo Flores d'Arcais il 9 di novembre - appresso alla “notte
elettorale” – in “Hanno scartato Sanders
e ha vinto Trump” sul sito MicroMega.net che:
Il Partito democratico ha
preferito consegnare gli Stati Uniti a un miliardario reazionario e razzista,
amico di Putin e altre genie di dittatori, anziché vincere le elezioni
candidando Sanders. Lungo tutto il corso delle primarie i sondaggi erano stati chiari
e reiterati: tra Sanders e Trump la vittoria di Sanders era strasicura, con
margini al di là di ogni possibile errore di sondaggio, mentre Hillary
risultava sconfitta o al massimo in situazione di grande incertezza. Perché
allora il Partito democratico ha preferito fare harakiri? Perché per
l'apparato, e per i grandi gruppi che finanziano le campagne elettorali, meglio
(o meno peggio) un esponente dell'establishment quale è Trump, anche se
razzista e ultrareazionario, anziché un moderato socialdemocratico intenzionato
ad aumentare un poco il salario minimo. Il Partito democratico è parte
integrante di un establishment per il quale esiste solo il Dio Mammona, e il
profitto è il Sancta Sanctorum di tutti i valori, altro che eguale diritto al
"perseguimento della felicità" come promesso dalla Dichiarazione di
Indipendenza con cui gli Stati Uniti entrano nella storia. Le lezioni da trarre
sono ovvie, ma lo erano anche prima: i democratici coerenti possono vincere
solo se non rinunciano all'abc di "radicalità" che poi significa solo
fedeltà ai valori di "giustizia e libertà" ricamati in tutte le
Costituzioni democratiche e poi calpestati dagli establishment nella politica
di governo di ogni giorno. Solo una politica di costante e asintotica eguaglianza
può salvare le democrazie. Ma questa ovvietà, logica e storica, confligge con
gli interessi di chi nei decenni passati è riuscito a sequestrare in monopolio
gli spazi della sinistra organizzata, rendendola una articolazione della
destra: Blair definitivamente, ma già il secondo Mitterand che tradisce le
promesse (e Carter e Clinton che sopprimono i "lacci e lacciuoli"
rooseveltiani che tenevano un poco a freno gli spiriti animali dei poteri
finanziari: il risultato si è visto e lo si paga ancora oggi in tutto il
mondo). Chiudere definitivamente con ogni "sinistra" ormai divenuta
strutturalmente e inguaribilmente articolazione della destra, è la premessa
ineludibile per salvare le democrazie dall'avvitamento che le sta distruggendo.”Match
point”, allora, per una politica che non ha più un senso, dominata com’è dagli
insaziabili ed incontrollabili altri poteri che stanno fuori dalle sedi
istituzionali. “Il mondo è cambiato”. Come? “Sorpresa”. Quale? Ce lo
dicano lor signori! Siamo tutti ansiosi di sapere.
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