Da “Le
oligarchie e il suicidio delle vecchie sinistre” di Barbara Spinelli, su “il
Fatto Quotidiano” del 12 di novembre 2016: Analizzando la socialdemocrazia nel 1911,
Robert Michels parlò di legge ferrea dell’oligarchia: per come si organizzano,
e per come tendono a occuparsi della sopravvivenza degli apparati, i partiti
diventano pian piano gruppi chiusi, corrompendosi. l loro scopo diventa quello
di conservare il proprio potere, di estenderlo e di respingere ogni visione del
mondo che lo insidi. Si fanno difensori dei vecchi ordini che Machiavelli
considerava micidiali ostacoli al cambiamento e al buon governo delle
Repubbliche. Anche le menti si chiudono, e la capacità di riconoscere e capire
quel che accade nel proprio Paese e nel mondo circostante si riduce a zero. Una
risposta popolare a questa legge ferrea la stiamo osservando con la vittoria di
Trump. Ma ovunque in Europa un numero crescente di elettori boccia i poteri
costituiti, se ha l’opportunità di esprimersi in elezioni o referendum. È un
rigetto diffuso dell’establishment globalizzato, delle politiche neoliberali
che quest’ultimo ha fabbricato per far fronte alla crisi e dei metodi opachi,
concordati e decisi “a porte chiuse”, con cui tali strategie continuano a
essere imposte. A questa politica del disprezzo, i popoli stanno rispondendo in
modi diversi e distinti fra loro: con la rabbia, con il risentimento, o con la
tendenza a cercare capri espiatori. Le tre modalità vengono tutte respinte allo
stesso modo, senza alcuno sforzo di distinguerle,e la risposta viene in blocco
definita populista o estremista. (…). Il Comitato nazionale democratico ha
commesso un suicidio, facendo di tutto per garantire la vittoria alle primarie
del candidato meno competitivo contro Trump, ossia Clinton stessa. Ha sabotato
altre candidature: prima fra tutte quella di Bernie Sanders, dato per vincente
contro Trump da almeno tre sondaggi (in uno di essi con un distacco di 15
punti). Ha trasmesso in anticipo allo staff di Clinton domande essenziali che
sarebbero state poste nel dibattito con Sanders di marzo. Il campo delle
cosiddette sinistre negli Usa avrebbe forse potuto vincere contro Trump. Era
più forte, organizzativamente, di un fronte repubblicano disgregato da un
decennio. Non ha voluto farlo, ha ceduto alla lobby clintoniana, e di fatto ha
preferito perdere, precipitando nel baratro senza nemmeno guardarci dentro. (…).
La democrazia comincia a esser qualcosa che mette paura e lo stesso suffragio
universale viene messo in questione: il comportamento delle vecchie sinistre
europee sdogana un’offensiva che ricorda polemiche ottocentesche e che riappare
nelle strategie di Renzi in Italia (mantenimento delle strutture delle province
senza partecipazione diretta dei cittadini; creazione di un Senato non più
eletto direttamente). Vengono messe in questione perfino le Costituzioni
nazionali, sospettate di ostacolare la “capacità di agire rapidamente”degli
esecutivi: qualsiasi richiamo al rapporto Jp Morgan è divenuto lo zimbello
della rete highbrow, alla stregua delle scie chimiche. Ma contrariamente alle
scie chimiche, quel rapporto esiste davvero. Quanto ai giornali, appaiono elogi
disinibiti dell’oligarchia, presentata come sviluppo naturale e auspicabile
della democrazia: anzi, come la natura stessa della democrazia. (…). Questa
sinistra e il giornalismo mainstream sono ovunque sconfitti e smentiti, ma non
sembrano voler imparare nulla. L’elettore fa loro sempre più paura, e per
questo le sue espressioni di rabbia o risentimento vengono sommariamente
declassate come populiste. Lo stesso accade con i Parlamenti: in vari modi si
tenta di depotenziarli, perché accusati di impedire politiche decise nei piani
alti. Il Partito democratico Usa, i Partiti socialisti in Francia e Spagna, il
Partito democratico guidato da Renzi: tutti sono chiusi in trincea, lavorando a
larghe intese per fronteggiare il populismo che incomberebbe. È un fenomeno che
dura da tempo. Ricordiamo la paura suscitata nelle vecchie sinistre dalle
elezioni e dai referendum in Grecia o dalle elezioni spagnole. Andando più indietro,
fu assordante il silenzio del Pd di fronte all’offensiva di Monti contro il
Parlamento e, indirettamente, contro il suffragio universale. Il 6 agosto 2012,
l’allora presidente del Consiglio rilasciò un’intervista a Der Spiegele senza
remore dichiarò: “Capisco che (i governi) debbano tener conto del loro
Parlamento, ma ogni governo ha anche il dovere di educare le Camere: se io mi
fossi attenuto meccanicamente alle direttive del mio Parlamento non avrei mai
potuto approvare le decisioni dell’ultimo vertice di Bruxelles”. Poco dopo, nel
settembre dello stesso anno, in un incontro a Cernobbio, Monti propose a Herman
Van Rompuy, allora presidente di turno del Consiglio europeo, un vertice
dell’Unione interamente dedicato alla minaccia del populismo: “Per fare il
punto e discutere su come evitare che ci siano fenomeni di rigetto (…) Siamo in
una fase pericolosa (…) In Europa c’è molto populismo che mira a disintegrare
anziché integrare”. Tutte ciò è stato completamente assorbito dalle sinistre,
fin nel linguaggio. In questa maniera esse hanno legittimato il discorso
antidemocratico che serpeggia sempre più insistente nelle élite. Sono entrate
anch’esse, senza complessi, nella postdemocrazia descritta da Colin Crouch
(Postdemocrazia, Laterza 2003). In Europa si mostrano ogni giorno favorevoli a
larghe intese con i Popolari per meglio far quadrato contro i cosiddetti
estremismi. (…). Marco D’Eramo ha ragione, quando scrive sul sito di Micromega:
“Non è per niente certo che si realizzi l’auspicio di Slavoj Zizek, che si
augurava la sconfitta di Clinton e l’elezione di Trump perché, secondo lui,
avrebbe dato una sveglia alla sinistra. Troppo profondo è il sonno della
ragione in cui la sinistra è piombata, da decenni”. Il guaio è che la vecchia
sinistra non crede di vivere il sonno della ragione. Crede d’incarnare la
ragione ed esser più sveglia di tutti gli altri.
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