(…). Il presidente si servì due
volte senza risparmiare lodi, e andò in sollucchero per le fette di banana
matura fritta e per l’insalata di avocado, anche se non spartì le nostalgie. Làzara
si rassegnò ad ascoltare fino al dolce, quando Homero si infilò senza che
venisse a proposito nel vicolo cieco dell’esistenza di Dio. - Io ci credo che
esiste - disse il presidente, - ma non ha nulla a che vedere con gli esseri
umani. È preso da cose molto più importanti -. - Io credo solo negli astri - disse
Làzara, e scrutò la reazione del presidente. - Lei in che giorno è nato? . - Undici
marzo -. - Così doveva essere - disse Làzara con un sussulto trionfale, e
domandò con garbo: - Non saranno troppi due Pesci alla stessa tavola? -. (…). Il
brano che avete appena finito di leggere è tratto da “Buon viaggio, signor presidente” di Gabriel Garcìa Marquez. E così il nostro “egoarca” – copyright di
Stefano Benni coniato al tempo dell’uomo venuto da Arcore e che ben si sostanzia
oggigiorno nell’uomo venuto da Rignano sull’Arno - divora ciò che resta dei
suoi potenziali avversari politici e pure ciò che resta dei residui spazi di
dialettica democratica, improntata allo scontro anche, al confronto politico
aspro delle opposte convinzioni. È una strategia che in un Paese
maturo avrebbe un corto respiro, laddove la democrazia si fosse nel tempo
sostanziata con le idee e non tanto con i tornaconti dei gruppi, dei ceti, della
diverse fratellanze; in questo derelitto Paese invece la sua democrazia
incompiuta non è detto che non continui a creare i miracoli elettorali già
visti e con tutti i disastri sempre annunciati, ma mai ritenuti
incombenti, inferti all’intero tessuto
sociale. Torna allora sempre opportuno non abbandonare quella che
definirei la “pedagogia sociale”, con la lettura e la divulgazione del pensiero
dei maestri del nostro tempo che riescono a vedere e riflettere anche sotto la
superficie opaca dei fatti e degli avvenimenti, che spesso ci colgono come
distratti o superficiali osservatori. Sulla realtà dei moderni mezzi di
comunicazione e del loro intrecciarsi con altri interessi e poteri riprendo un
interessante lavoro del professor Luigi Cancrini pubblicato sul quotidiano l’Unità
del 23 di febbraio dell’anno 2004 – tempi non sospetti -, con un titolo quanto
mai illuminante ed allarmante al contempo: “Che
significa avere diritti se mancano le informazioni”. Di quel lavoro riporto
di seguito le parti da me ritenute le più pregnanti, stante un quasi completo
restringimento degli spazi della dialettica politica nel Paese e la completa
occupazione dei media asserviti, negli uomini e nei mezzi, alla crociata referendaria
del 4 di dicembre prossimo da parte del nostro bulimico “egoarca”.
(…).
…i grandi colossi che hanno in mano le televisioni, le radio e i giornali
vivono sempre di più una vita propria, (…), cercando e trovando sinergie forti
con i poteri della finanza, della politica e (…) del potere militare di cui
garantiscono alternativamente la visibilità e la riservatezza. Costruendo,
nell’immaginario collettivo di un pubblico che ha sempre più difficoltà a
utilizzare l’osservazione diretta, una rappresentazione del mondo che deve
servire soprattutto a mantenere lo status quo, la distribuzione ineguale del
potere e della ricchezza, l’ingiustizia profonda di una organizzazione sociale
in cui i grandi principi della libertà, della fraternità, dell’uguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge debbono restare solo nella carta per non mettere
in crisi i privilegi dei pochi che comandano e decidono. Costruendo mondi
virtuali, cioè, decisamente più reali, oggi, di quelli in cui crediamo di
vivere. Con conseguenze importanti e ancora sottovalutate. (…). …l’appartenenza
al grande mondo autoreferenziale dell’informazione è diventata fondamentale
oggi soprattutto per chi fa politica: persone e gruppi che hanno bisogno della
possibilità di farsi vedere e sentire molto più dei contenuti su cui
teoricamente dovrebbero fondare la propria attività. Osservato da questo punto
di vista, il comportamento concreto di Silvio Berlusconi (“comportamento
concreto” sostanziatosi nel suo alter ego al momento al potere n.d.r.) è un
comportamento indubbiamente assai più abile di quello di molti dei suoi
avversari nella misura in cui Berlusconi non è uno che chiede al sistema
radiotelevisivo di sostenerlo e si presenta, invece, come una emanazione
diretta di tale sistema. Basando la sua popolarità e il suo successo sulla
proprietà o sul controllo delle strutture ma accettandone in pieno, poi, le
logiche e i condizionamenti: dimostrandosi capace, cioè, di sorvolare sugli
aspetti di contenuto dei discorsi, delle promesse, dei patti e mantenendosi
terribilmente attento, sempre, al numero e alla durata delle presenze
radiofoniche e televisive, all’assenza del contraddittorio, alla precisione
emotiva degli slogans su cui si fonda. Dire e far ripetere da tutti i media
mentre è presidente del Consiglio che tutti i politici rubano non è soltanto un
paradosso, è un modo estremamente abile di cercare complicità a buon mercato
nel qualunquismo di chi invidia e disprezza la gente che fa politica. È un modo
(…) di mettere al proprio servizio la tecnica del pubblicitario che lavora per
la Tv entrando in sintonia proprio su questa strada con le aspettative
messianiche del grande pubblico cui sta “vendendo” se stesso. Utilizzando le
risorse particolari della comunicazione radiotelevisiva, dunque, con una
naturalezza che manca a molti altri politici: quelli che continuano a chiedere
spazio per i loro contenuti, per le cose in cui credono ad una informazione che
dei contenuti, tendenzialmente, ha sempre meno bisogno. (…).Un “alter
ego” da manuale. Scriveva Silvia Truzzi su “il Fatto Quotidiano” del 24 di luglio
dell’anno 2015 in una intervista a Diego Della Valle - “Renzi bulimico di potere, Mattarella lo mandi a casa” -: (…). Cosa
la preoccupa di più? - La qualità e l’esperienza di questo governo mediamente
scarsa, ad eccezione di alcuni ministri e di qualche altro che avrebbe potuto,
con più tempo, essere all’altezza. Mi preoccupa l’approssimazione con cui un
presidente del Consiglio, che non ha l’esperienza necessaria, guida un Paese
con problemi molto più grandi di lui. (…). Avrebbe fatto meglio a seguire il
mio consiglio: prendersi qualche anno e prepararsi al ruolo -. Nessun problema
tra di voi, quindi? - Mi spiace dover dire queste cose, ma qui non contano i
rapporti tra noi. Conta fare un punto vero su cosa questo governo sta facendo:
i risultati purtroppo sono molto pochi, le promesse sono state troppe. Ci siamo
trovati dentro una specie di Truman show, spettatori della vita, principalmente
mediatica, di un premier che racconta che le cose vanno bene e andranno ancora
meglio. La realtà è ben diversa, piena di problemi, spesso anche di sofferenze,
soprattutto per le persone più semplici: nessuno se ne occupa. Per guidare il
nostro Paese c’è bisogno di qualcuno che abbia esperienza, autorevolezza e
soprattutto che sia sostenuto dai cittadini -. (…). Il Jobs Act l’hanno fatto. –
(…). …il punto è che il Jobs Act serve più regolamentare il lavoro che a
crearlo. Sul lavoro l’elenco delle cose che si potrebbero fare è lunghissimo.
Per il resto, su sanità e sicurezza per esempio, basta entrare negli ospedali,
basta girare per le periferie e nelle province per capire com’è a rischio la
sicurezza, come sia gestito, senza strategia, il problema immigrazione -. (…). Il
mantra è che non c’è alternativa. - In un sistema sano l’alternativa esiste
sempre. Dobbiamo fare in modo che ci sia davvero, fermando chi abusa e
incentivando tutte le persone che hanno voglia di occuparsi seriamente
dell’Italia. (…). -. (…). I cittadini contano sempre meno? - Lo dimostrano la
riforma del Senato e l’Italicum, che ancora non ci farà scegliere buona parte
dei nostri rappresentanti. E poi la Rai, la vera battaglia del premier: proverà
a chiuderla in fretta. Il tentativo è quello di far passare la tv di Stato non
più sotto il controllo del mondo politico allargato, ma sotto il suo controllo.
Il governo Renzi è straordinariamente debole: non ha il consenso della gente,
non può imporsi agli alleati perché ne ha bisogno. L’idea di prendere in mano
definitivamente anche la Rai è fondamentale. Ma non basterà comunque. Renzi
dovrebbe prendere atto che deve studiare seriamente per qualche anno, farsi una
squadra all’altezza. Allora potrà presentarsi al giudizio del popolo. Se verrà
votato da molti avrà anche la legittimità per governare -. (…).
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