Da “Quel
debito egoista che fa fare meno figli” di Alessandro Rosina – professore ordinario
di demografia e statistica sociale nella Università Cattolica di Milano -,
pubblicato sul settimanale A&F del 19 di settembre 2016: Un
paese in cui si fanno sempre meno figli e li si grava di crescenti costi, a
quale futuro va incontro? Purtroppo l'Italia è una delle economie avanzate più
vicine a questa situazione. Una rappresentazione chiara di come non riusciamo a
trovare, oramai da troppi decenni, la strada di uno sviluppo virtuoso può
essere fornita dall'andamento straordinariamente speculare di due indicatori
apparentemente molto diversi: il debito pubblico e la fecondità. Ancora a metà
degli anni Settanta il numero medio di figli per donna si trovava attorno
all'equilibrio generazionale, ovvero pari a due, e il debito pubblico sotto il
60% del Pil, livello considerato generalmente accettabile per un'economia sana
e un corretto rapporto tra generazioni di oggi e di domani. Alla fine degli
anni Ottanta eravamo già diventati uno dei paesi al mondo con peggior
combinazione di invecchiamento e indebitamento. Il punto più problematico viene
toccato nella prima metà degli anni Novanta, quando il debito supera nettamente
il livello del prodotto interno lordo e le nascite italiane scendono su un
livello praticamente dimezzato rispetto ai livelli del baby boom. La fase
successiva mostra come riforme e interventi non siano pienamente riusciti nell'obiettivo
di invertire la rotta. La fecondità a stento si riavvicina a un figlio e mezzo
e il debito alla soglia psicologica del 100% del Pil. Questa parentesi debole e
incerta di risanamento e sviluppo viene però, di fatto, annullata dalla crisi. Ci
troviamo ora in una condizione di problematicità analoga a quella di metà anni
Novanta. L'evoluzione così straordinariamente speculare di questi due
indicatori non è, verosimilmente, né causale né casuale. Sulle dinamiche
osservate pesano i fattori che hanno compresso le nostre possibilità di
crescita e allargato il gap, sia in ambito produttivo che riproduttivo, tra
obiettivi desiderati e realizzazione effettiva. Durante i "Trenta
gloriosi" - il periodo tra la fine del secondo conflitto mondiale e i
primi anni Settanta - l'Italia si era rivelata capace, anche meglio di molti
altri paesi, di mettere in mutua relazione positiva crescita economica, welfare
e demografia. Alla fine di tale periodo non è stata però in grado di rimettersi
in discussione, in un mondo che cambiava, ripensando il proprio modello
economico e sociale. Questo ha frenato il potenziale contributo alla crescita
delle due componenti più investite dai cambiamenti degli anni Settanta e
successivi, ovvero i giovani e le donne.
Siamo così diventati un paese sempre più ostinato nel preservare diritti e benessere acquisito anziché metterci nelle condizioni di allargare opportunità e produrre nuovo benessere futuro, con la conseguenza di trovarci con sempre più debito oggi e sempre meno crescita domani. In questo contesto anche le famiglie si sono trovate schiacciate in difesa, rivedendo al ribasso il numero di figli anziché allineare al rialzo l'occupazione femminile, come invece fatto nei paesi che hanno investito in politiche di conciliazione. Indebitamento e invecchiamento hanno poi eroso ulteriormente la possibilità di investimento in nuovo welfare e nuovo lavoro, producendo così un circolo vizioso dal quale è diventato sempre più difficile uscire. L'andamento speculare tra debito pubblico e fecondità non spiega certamente tutto quello che è avvenuto negli ultimi quarant'anni ma descrive con efficacia un percorso che ci ha condotti, per molti versi, lontani dal futuro desiderato. Tantomeno ci dice cosa oggi dobbiamo fare, ma ci mette in guardia sull'importanza di aver ben presente cosa vogliamo diventare domani nelle scelte da fare oggi.
Siamo così diventati un paese sempre più ostinato nel preservare diritti e benessere acquisito anziché metterci nelle condizioni di allargare opportunità e produrre nuovo benessere futuro, con la conseguenza di trovarci con sempre più debito oggi e sempre meno crescita domani. In questo contesto anche le famiglie si sono trovate schiacciate in difesa, rivedendo al ribasso il numero di figli anziché allineare al rialzo l'occupazione femminile, come invece fatto nei paesi che hanno investito in politiche di conciliazione. Indebitamento e invecchiamento hanno poi eroso ulteriormente la possibilità di investimento in nuovo welfare e nuovo lavoro, producendo così un circolo vizioso dal quale è diventato sempre più difficile uscire. L'andamento speculare tra debito pubblico e fecondità non spiega certamente tutto quello che è avvenuto negli ultimi quarant'anni ma descrive con efficacia un percorso che ci ha condotti, per molti versi, lontani dal futuro desiderato. Tantomeno ci dice cosa oggi dobbiamo fare, ma ci mette in guardia sull'importanza di aver ben presente cosa vogliamo diventare domani nelle scelte da fare oggi.
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